Pubblichiamo un estratto del libro del giornalista Alan David Scifo, “Se Colapesce si stancasse“, edito Navarra Editore. Un viaggio-inchiesta lungo le coste e l’entroterra siciliano che svela alcuni dei più gravi e meno noti disastri ambientali d’Italia. Un reportage crudo e dolente che presenta la Sicilia come terra di veleni e che si concentra sulla correlazione (spesso negata) tra danni ambientali e malattie.

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Ma dove si trovano questi rifiuti radioattivi? Nelle miniere di Caltanissetta, nelle cave di Trapani, nella costa del Mediterraneo da Palermo a Trapani, passando per Porto Empedocle. Questa è la prima domanda che coloro che hanno avuto un tumore in famiglia o in prima persona, si pongono.

Colapesce questi rifiuti li ha visti, mentre prendono la via delle acque fino a raggiungere il mare, e forse soltanto lui potrà dare una risposta, perché oggi una risposta su questi rifiuti non è mai stata data da nessuno, per quel che riguarda la Sicilia. Eppure, Leonardo Messina, collaboratore di giustizia oggi libero e irreperibile, lo aveva detto al giudice Paolo Borsellino, qualche giorno prima del suo assassinio in via D’Amelio. Aveva indicato la miniera di Pasquasìa, in cui lavorava lui e la sua impresa edile e in cui la mafia ha messo le mani prima, durante e dopo l’estrazione, ma lì non sembra essere stato trovato nulla. Forse però la sua era una falsa pista; stando a chi ha lavorato con lui, infatti, i rifiuti potrebbero essere nelle miniere di San Cataldo e Serradifalco. Ma anche lì non sono mai stati trovati, o forse non sono mai stati cercati. Allora questi rifiuti potrebbero essere in mare, nelle nostre acque già inquinate da più fattori, da mercurio, carburanti, proprio accanto a quel Colapesce ormai stanco e avvilito, quasi sconfitto. Non lo sappiamo, ma vogliamo saperlo, e in questo strano libro in cui sono più le domande che le risposte, ci facciamo portavoce di Colapesce, che ci chiede aiuto, nella speranza che a questo appello arrivi una risposta. Carta e penna, cerchiamo di risolvere il rebus. Anche in questo caso partiamo dalle certezze, dai dati, da quello che sappiamo: secondo un report stilato da Legambiente negli anni Duemila, sono 88 le navi affondate in circostanze sospette dagli anni ʼ70 fino al 2000. Una trentina di queste, negli anni della mafia imperante, sono (state) affondate misteriosamente tra la Sicilia e la Calabria e nelle coste del Mediterraneo.

Ma torniamo alla Sicilia: se sulla Calabria, seppur tra mille misteri rimasti irrisolti, si è cercato di fare chiarezza, nell’isola di Colapesce non si è mai cercato di capire se questi rifiuti ci siano, dove siano e quanti siano. La mafia non stava mica a guardare, e in Sicilia la rotta tra Trapani, terra di mafia e massoneria, e l’Africa, conta anche diverse navi affondate misteriosamente, ancora più misteriosamente di quelle affondate in Calabria.

Uno strano scherzo del destino, o forse no: una di queste navi si chiama Silenzio, come quello che ha dominato negli anni sui rifiuti radioattivi che possono trovarsi nei nostri fondali, al largo del mar Mediterraneo. La nave è affondata ad est di Trapani il 2 novembre 1982, il giorno dedicato ai defunti; l’equipaggio miracolosamente si salvò. La nave era diretta a Malta con un carico di marmo proveniente dalle cave trapanesi, 198 tonnellate di marmo. Sicuri? Dalle cave trapanesi, infatti, non usciva solo marmo o tufo. A dircelo non sono solo gli abitanti dei paesi che si chiedono sempre: «perché dalle nostre parti muoiono tutti di tumore?», ma è il pentito Pietro Scavuzzo, che afferma con sicurezza che tra le cave in disuso nel territorio tra Marsala e Mazara del Vallo sono stati seppelliti dei rifiuti radioattivi. Siamo nel 1994, e le successive indagini non permettono di trovare nulla; ma i mezzi a disposizione erano limitati e, considerata l’ampiezza delle cave, non bastava un semplice contatore geiger per comprendere se ci fossero delle scorie in profondità: un controllo che oggi, a trent’anni di distanza da quelle prime inchieste, con i nuovi strumenti tecnologici, potrebbe dare ben altre risposte. Se solo venisse fatto. La questione era stata riportata dall’ex consigliere provinciale Ignazio Passalacqua e presentata all’allora Provincia, ma rimase lettera morta. A sollecitare il suo intervento erano state le tante famiglie che denunciavano una incidenza di tumori sopra la norma nei territori del trapanese, quei territori sventrati da un incontrollato abuso degli scavi, molto spesso in mano a mafiosi. Nessuno intervenne. «Qui moriamo di tumore ma non sappiamo perché».

Sono gli stessi posti in cui si muore di mafia e le cose potrebbero essere strettamente collegate. Poco si sa della nave Andalusia, affondata nello stesso anno al largo di Pantelleria. Doveva trasportare cemento, ma non si è saputo più nulla. Due anni più tardi, siamo nel 1984, un’altra nave, la Monte Pellegrino, è affondata l’8 ottobre al largo di San Vito Lo Capo, dopo essere partita da Porto Empedocle in direzione di Palermo. Era classificata come nave impiegata per il trasporto di sostanze chimiche o pomice. Nessuna informazione. Ma equipaggio sano e salvo, per miracolo. Porto Empedocle ha avuto sempre un rapporto stretto con le miniere: da lì passavano lo zolfo e i sali potassici che venivano estratti tra le province di Agrigento e Caltanissetta. Negli anni in cui anche i mafiosi avevano le mani nelle miniere.

Ad oggi non abbiamo risposte e, più il tempo passa, più sembra difficile trovarne. Abbiamo però i casi di tumore, abbiamo casi di malformazioni e abbiamo indagini che, seppur sembrino svanite nel nulla, sicuramente mostrano come gli interessi della mafia sui rifiuti tossici ci fossero, di come l’ENEA non sia stato del tutto trasparente; abbiamo pentiti che di questi rifiuti ne hanno pure parlato. Se tre indizi fanno una prova, noi ne abbiamo anche troppi di indizi, ma nonostante si siano succeduti governi, commissioni, indagini e interrogazioni, siamo ancora in attesa di risposte a quella domanda che sorge spontanea quando accarezziamo la mano di una persona che con gli occhi ormai vuoti, in punto di morte, sembra chiederci perché questo sta accadendo proprio a lui, di morire senza risposte.

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