Cinema

Silvio Orlando: “Quello dell’attore è uno dei mestieri più politici”. E sul movimento MeToo: “Ora i set sono luoghi più vivibili”

L'attore ha rivelato anche l'importanza che ha avuto per lui il movimento MeToo: "Il movimento ha creato qualcosa di importante, non solo per le donne ma per noi uomini"

“Per me, quello dell’attore è uno dei mestieri più politici che ci siano”. A parlare è Silvio Orlando. L’attore ha incontrato giornalisti al Filming Italy Sardegna Festival dove è ospite e ha tenuto una masterclass per i ragazzi. “Gli attori della mia generazione pensavano di essere soggetti politici: il nostro essere ‘umani’ serviva, la nostra opinione era importante. Gli attori di oggi hanno un atteggiamento più timido, li vedo più impauriti. Oggi ci sono attori in media molto più bravi di noi come apparato tecnico, ma forse noi avevamo in più questo fatto di sentirci utili alle sorti del mondo”, ha detto l’attore napoletano, protagonista di “Parhenope” di Paolo Sorrentino.

“Quando lavoro mi metto a servizio della storia. La mia storia attoriale è quella di partire da me, da come sono fatto, di cercare nella mia vita quello che mi serve per il personaggio. Questa abitudine, questo aspetto umano è il mio effetto speciale, il mio quid”, ha proseguito ancora. Dal punto di vista politico, precisa Orlando, “non sono mai stato un settario, ho lavorato sia con Nanni Moretti che per Berlusconi. Facevo ciò che sentivo mi facesse crescere, senza perdere di vista un mio baricentro. Quando sentivo che stavo per perdermi ho sempre cercato di mantenere una mia dignità”. E anche se “tecnicamente ora sono un pensionato – scherza – ho fatto una carriera che era quella che immaginavo e che avrei voluto. Ora mi sto dedicando ad essere un essere umano più decente”. Il tempo della pensione, però, è ancora lontano. Orlando sarà impegnato a settembre in teatro.

L’attore ha rivelato anche l’importanza che ha avuto per lui il movimento MeToo: “Il movimento ha creato qualcosa di importante, non solo per le donne ma per noi uomini – dice – Negli anni Sessanta e Settanta le donne sui set erano prede, selvaggina. Era una cosa più sottile della violenza fisica, una legge non scritta per cui se la donna non stava al gioco diventava quasi un elemento di disturbo di questo meraviglioso mondo cameratesco maschile”. “Anche io ho avuto i miei sbandamenti ‘sessuo maniaci’, tutto il cinema prima lo era”, prosegue, specificando però che ora, dopo il MeToo “i set sono luoghi più vivibili, più tranquilli. Si pensa più al film, poi dopo se scattano le storie d’amore perché no, però il movimento ci ha migliorato. Tutti”.