Niente dimissioni, avanti alla guida della giunta. È il riassunto delle tre ore di incontro del governatore ligure Giovanni Toti, ai domiciliari dal 7 maggio scorso con l’accusa di corruzione, con tre esponenti di punta della sua squadra in Regione, il presidente ad interim Alessandro Piana e gli assessori Giacomo Giampedrone e Marco Scajola. “Confidiamo, nel pieno rispetto delle parti, che si faccia chiarezza il prima possibile. Il presidente Toti è il primo a volerlo, perché possa tornare al governo della Regione Liguria”, ha detto Piana, esponente della Lega, in conferenza stampa dopo la prima delle due visite autorizzate nei giorni scorsi dal gip (la seconda, con i leader dei partiti, si terrà venerdì). Giampedrone, “totiano” di ferro e assessore ai Lavori pubblici, allontana ogni ipotesi di caduta del governo ligure: “Non arretriamo di un millimetro sulla nostra azione amministrativa, nella speranza che il Riesame o la Cassazione possano riportare il presidente nel suo ruolo naturale”, accogliendo l’istanza di revoca dei domiciliari (respinta invece dalla giudice Paola Faggioni). “Rivendichiamo con grande forza la possibilità e il diritto garantito dalla Costituzione che il presidente possa tornare al suo posto. La scadenza del nostro mandato è a settembre del 2025 e, lo diciamo chiaramente, non c’è altra prospettiva. Non si discute minimamente l’agibilità politica del presidente”, aggiunge.
Anche per Marco Scajola, assessore all’Urbanistica e nipote dell’ex ministro Claudio, Toti “è amareggiato per la situazione che sta vivendo, ma rimane combattivo e convinto del suo ottimo operato nell’interesse dei liguri e della Liguria. Non abbiamo parlato di dimissioni, ma di proseguimento dell’azione secondo il mandato che ci è stato dato dai cittadini nel 2020. Ci auguriamo che la magistratura possa svolgere il proprio compito il prima possibile. Giovanni ha il diritto ma anche il dovere di governare”, conclude. L’avvocato del governatore Stefano Savi invece insiste sulla linea difensiva già esplicitata, secondo cui non c’è stato alcuno scambio corruttivo tra i finanziamenti ricevuti dal governatore e il suo impegno per i provvedimenti favorevoli agli imprenditori Aldo Spinelli (gruppo Spinelli) e Francesco Moncada (Esselunga): “Le richieste di denaro sono sempre state fatte scrupolosamente nell’ambito di quelle che sono le norme che regolano la materia. Con l’interpretazione che viene data del reato di corruzione, diventa difficile creare un discrimine tra chi riceve i finanziamenti in maniera illecita e un’azione amministrativa che sia tesa a promuovere o aprire la strada per esempio a un insediamento produttivo nell’interesse collettivo, laddove i soggetti beneficiati da questa iniziativa vogliano poi finanziare un partito”.