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Daghestan, attacco contro chiese e una sinagoga: almeno 19 morti e 25 feriti. Strage di poliziotti, ucciso anche un prete

Un attacco terroristico contro chiese e sinagoga con decine di morti e feriti a Derbent in Daghestan nella Russia meridionale, di cui non sono ancora chiare le proporzioni. Sono 19 al momento, tra cui 15 agenti di polizia e 4 civili, i morti secondo il Comitato investigativo. Tra le vittime l’arciprete di una chiesa e guardie di sicurezza private nella sinagoga. Sei terroristi che sarebbero stati uccisi dalle forze dell’ordine. Almeno 25 i feriti. La autorità specificano che tra i civili rimasti uccisi nell’attacco c’è anche “padre Nikolaj, che ha prestato servizio per più di quarant’anni nella chiesa ortodossa di Derbent. Più di quindici agenti sono rimasti vittime proteggendo la pace e la tranquillità” della repubblica russa meridionale, ha detto in un video pubblicato su Telegram il governatore Sergey Melikov.

Matrice islamica – L’ipotesi è che sia stato il gruppo Wilayat Kavkaz, ramo del Caucaso settentrionale dello Stato Islamico, a condurre “l’attacco coordinato contro chiese, sinagoghe e strutture di polizia nella Repubblica del Daghestan il 23 giugno” secondo il think tank statunitense Isw. “La filiale russa dell’IS-K ‘Al-Azaim Medià ha pubblicato una dichiarazione il 23 giugno in seguito all’attacco elogiando “i loro fratelli del Caucaso” per aver dimostrato le loro capacità”, scrive Isw. “Al-Azaim non ha rivendicato l’attacco in sé” ma “il riferimento al Caucaso suggerisce fortemente che Wilayat Kavkaz sia responsabile dell’attacco”, sostiene il think tank. “La struttura antiterrorismo regionale dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) ha avvertito che Wilayat Kavkaz è diventata più attiva in seguito all’attacco al Crocus City Hall di Mosca del 22 marzo e ha intensificato gli appelli di reclutamento nel Caucaso settentrionale dall’aprile 2024″.

“Operazione conclusa” – Il centro informazioni del Comitato nazionale antiterrorismo (NAC) russo fa sapere che l’operazione antiterrorismo in Daghestan è conclusa. Lo ha annunciato i citato dall’agenzia Tass. “In connessione con l’eliminazione delle minacce alla vita e alla salute dei cittadini, è stata presa la decisione di porre fine all’operazione antiterrorismo” questa mattina, hanno affermato le autorità. “Il regime legale dell’operazione antiterrorismo all’interno dei confini amministrativi di Makhachkala e Derbent della Repubblica del Daghestan sono stati cancellati”, si legge nel messaggio.

La ricostruzione – Domenica intorno alle 18 un commando di uomini armati ha aperto il fuoco contro una sinagoga, una chiesa e, subito dopo, un posto di polizia stradale tra Derbent e Makhachkala. Dopo l’attentato i terroristi hanno dato fuoco ai due luoghi di culto e che in tutta la zona le squadre antiterrorismo si sono lanciate in una caccia all’uomo per bloccare gli attentatori.

Anche Israele ha seguito da subito con grande preoccupazione tutta la vicenda: l’ambasciata israeliana a Mosca – ha fatto sapere il ministero degli Esteri di Tel Aviv – s’è messa immediatamente in contatto con i leader della comunità ebraica del distretto di Derbent. Secondo fonti israeliane, “per quanto è noto, al momento dell’attacco non c’erano fedeli nella sinagoga”. Già lo scorso 28 ottobre questa Repubblica a maggioranza musulmana era stata teatro di un atto apertamente antisemita: all’aeroporto della capitale, Makhatchakala, decine di persone presero d’assalto la pista e il terminal dopo che era stato annunciato l’atterraggio di un aereo proveniente da Israele, urlando ‘Allah u Akbar’, in quella che era sembrata a tutti una vera a propria caccia all’uomo, con echi sinistri di pogrom.

Il patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill ha chiesto di reprimere ogni tentativo di ostilità interetnica e di radicalizzazione delle religioni. “Sono convinto che si debba fare tutto il possibile per escludere la possibilità stessa di tentativi di radicalizzazione della vita religiosa, per fermare ogni manifestazione di estremismo e di ostilità interetnica in qualsiasi forma, anche nella vita di tutti i giorni, perché il presente e il futuro del nostro Paese dipendono in gran parte su questo”, le sue parole riportate da Ria Novosti.