Botta e risposta vivace al Terme Festival, l’evento culturale dedicato ai libri sulle mafie a Lamezia Terme, tra il Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, e la giornalista di Repubblica Giovanna Vitale sulle intercettazioni e sulla posizione del governo Meloni in merito.
Il magistrato ribadisce la sua contrarietà a certa narrazione divulgata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio sul costo delle intercettaziioni: “La politica non ha ancora capito o non vuole capire: si insiste a dire che le intercettazioni costano troppo. In realtà, costano 170 milioni di euro all’anno per tutte le procure d’Italia messe insieme. E nel bilancio di un ministero, 170 milioni di euro non sono nulla. Intanto, intercettare un telefono costa 3 euro al giorno, cioè due caffè. Questi sono i grandi costi. Ma perché perché si dice che costano troppo 170milioni di euro l’anno? – spiega – Nel mio ufficio a Napoli in un giorno, in un solo processo, abbiamo sequestrato criptovalute e bitcoin per 280milioni di euro. Li abbiamo tramutati in euro e sono entrati il giorno dopo nel Fug, il Fondo unico giustizia. Vuol dire che questi soldi sono immediatamente fruibili, il ministero li può spendere il giorno dopo. E allora se in un giorno abbiamo incassato 280 milioni di euro e le intercettazioni costano 170 milioni all’anno, noi con quei soldi ci paghiamo le intercettazioni per un anno e mezzo. Quale sarebbe allora questo grande costo?“.
Gratteri aggiunge poi una nota polemica sulla gestione fallimentare dei beni confiscati alla criminalità: “Ogni giorno Polizia e Guardia di Finanza sequestrano banconote, orologi da collezione, oro e argento. Tralasciamo gli immobili, perché non si è saputo programmare l’agenzia dei beni confiscati e quindi le case sequestrate sono considerate un peso. Facciamo così una pessima figura come Stato di fronte all’opinione pubblica“.
Vitale, che premette ironicamente di fare l’avvocato del diavolo, chiede al magistrato se non pensa che ci sia un abuso delle intercettazioni da parte degli inquirenti, citando il caso di Paolo Signorelli, l’ex portavoce del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, e delle sue chat imbarazzanti con Diabolik.
Gratteri risponde dissentendo: “E quale sarebbe questo abuso delle intercettazioni? Lei sta buttando il bambino con l’acqua sporca. Cosa vuol dire? Che se qui in sala ci sono 5 pedofili, siamo tutti pedofili? Che discorsi sono? Queste motivazioni da parte della politica – sottolinea – non stanno in piedi, non ci sono alibi per nessuno. I politici ci devono dare spiegazioni tecniche sui costi: spiegatemi dove sono gli abusi, quali sono i costi. Se saltiamo tutti passaggi, facciamo un’insalata e così non si capisce niente”.
Vitale ribatte che non intendeva parlare di abusi, ma di un uso disinvolto delle intercettazioni, scatenando l’applauso solitario di una donna nel pubblico che poi si interrompe immediatamente. Il gesto dà vita a un breve siparietto con Gratteri che, sorridendo, si rivolge alla spettatrice: “Signora, ma lei può applaudire. Sembra che io sia candidato a sindaco di Lamezia in cerca di voti, non si preoccupi, vada tranquilla”.
Il Procuratore esprime poi pareri critici sulla decisione di centralizzare le intercettazioni in 5 server di raccolta: “È costato un occhio della testa, non è servito a nulla e non c’è stata nessuna rivoluzione. Quei soldi si potevano spendere in ben altro. Mi devono spiegare se c’è mai stato un accesso abusivo nel server della procura di Lamezia o di Catanzaro o di Milano. Il problema è che siccome non si conosce il sistema, si affronta il problema in modo sbagliato. Qui – denuncia – c’è gente che ha responsabilità per milioni di euro su un tema che non conosce. Io stesso sono testimone del fatto che persone con un potere di spesa per milioni di euro non sapevano accendere il pc, perché lo tenevano come soprammobile sulla scrivania. Avete capito cosa succede in Italia?”.
Gratteri ha un altro confronto pepato con Vitale quando la giornalista parla di ‘intercettazioni a strascico’: “Ma non esistono, queste sono espressioni usate nelle arringhe difensive. Quali sarebbero le intercettazioni a strascico? Per ottenere dal gip l’intercettazione di un telefono devo scrivere 3 o 4 pagine in cui spiego chi è il soggetto e perché chiedo l’intercettazione. Sono talmente pochi gli investigatori che figuratevi se ci mettiamo a fare le intercettazioni sapendo che non ci sarà un risultato. Molte volte .- continua accalorandosi – le intercettazioni durano 20 giorni e se dopo 10 giorni non riscontriamo nulla, siamo noi che chiediamo di staccare il telefono. E questo accade perché non ci sono carabinieri, finanzieri e poliziotti che possano fare le trascrizioni. Noi facciamo le intercettazioni oggi e spesso si trascrivono tra 6 mesi per mancanza di personale perché dal 2010 sono bloccate le assunzioni nella pubblica amministrazione, e quindi tra le forze dell’ordine. E ancora oggi non è stato ancora riempito questo gap, mancano 18mila poliziotti penitenziari, 9mila finanzieri, 20mila poliziotti. Perché non fate domande su questo ai politici?“.
E conclude: “Manca tutto questo e voi ci venite a dire che facciamo intercettazioni a strascico? Ma con chi le facciamo se manca il personale? Queste cose i politici non ve le diranno mai, solo uno come me le può dire, perché non ho problemi, sono abituato a guardare le persone negli occhi e a dire quello che penso. Il 99% di voi non sa che un pm può chiedere un’intercettazione di urgenza per 48 ore e se in quel lasso di tempo il gip non convalida quella richiesta- chiosa – anche se c’è Ali Agca al telefono che parla dell’attentato al Papa, quella telefonata non può essere utilizzata. Queste cose non ve le racconta nessuno, perché si deve focalizzare l’attenzione sul pm e indebolirlo sul piano psicologico. Ma io non ho problemi, perché più fate questo, più avrete la mia reazione. Per me il silenzio è complicità“.