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“Il voto per il partito di Le Pen non è di protesta, ma di adesione. Fondamentale il programma anti-migranti. L’estrema destra? Da Sarkozy in poi è stata normalizzata”

Non più e non solo un voto di protesta, ma un voto di “adesione”. Il grande successo del Rassemblement National nelle urne in Francia è dovuto a un sostegno trasversale tra classi sociali e territori. Dove la componente xenofoba e anti immigrazione “è fondamentale”: “Gli elettori sono d’accordo o almeno la accettano”, spiega a ilfattoquotidiano.it Safia Dahani, sociologa in post dottorato a l’École des Hautes Études en Sciences Sociales e al Centre Européen de Sociologie et de Science Politique, dove si occupa di legittimazione dell’estrema destra. Il RN non è cambiato, quello che è successo è stata una “normalizzazione” di concetti che “non fanno più dibattito”. Da Nicolas Sarkozy in poi, arrivando alla presidenza di Emmanuel Macron con il governo di Gabriel Attal, c’è stato un graduale avvicinamento all’estrema destra. Che ha aiutato la cosiddetta de-diabolizzazione di un partito ancora saldamente in mano a Marine Le Pen.

Com’è strutturato oggi l’elettorato del Rassemblement National?
Lo definiamo un “conglomerato elettorale” perché unisce diverse frazioni di classe e non è omogeneo. La struttura attuale è legata a una radicalizzazione di vecchi elettori di destra che si spostano verso un voto all’estrema destra. Secondo i sociologi, non siamo per forza in una dimensione di voto di protesta o contestazione, ma in un voto d’adesione. Sono elettori che ormai votano regolarmente per l’estrema destra.

L’analisi Ipsos dice che il RN è cresciuto in tutte le classi sociali, tranne tra i più ricchi. A fare la differenza è stato il sostegno delle classi popolari?
Sono diverse le classi sociali che votano per l’estrema destra, non solo quelle popolari o superiori. Bisogna fare attenzione a cosa intendiamo per classe popolare: operaio, dipendente… non hanno le stesse condizioni materiali. E non bisogna dimenticare che l’elettorato operaio con tutta la sua diversità non è mai stato completamente a sinistra.

Come vi spiegate il grande successo delle ultime elezioni?
Non è una sorpresa, il RN ha un buon rendimento alle Europee. Nel 2014, poi nel 2019, sono arrivati in testa. Solo che stavolta il secondo posto è molto più distante. Inoltre bisogna parlare della sinistra che era divisa e dell’astensione strutturale negli ultimi 15-20 anni.

Perché un elettore sceglie il Rassemblement National in questo momento?
È molto difficile senza guardare ai singoli gruppi che non hanno per forza gli stessi interessi. Quello che possiamo dire è che c’è una dimensione razzista e xenofoba che non è detta esattamente così dagli elettori, ma che da una larga parte è accettata.

L’adesione quindi è anche a xenofobia e islamofobia?
Sono importanti nel senso che il programma è organizzato intorno a queste dimensioni. La preferenza nazionale (ovvero il principio secondo cui i francesi dovrebbero essere favoriti rispetto agli stranieri ndr), il fatto di ricordare sistematicamente che si possono recuperare soldi sopprimendo i cosiddetti vantaggi agli immigrati. Quando si vota per loro non si possono ignorare questi aspetti. Quindi gli elettori o sono d’accordo o li accettano.

E con il tempo si sono istituzionalizzati o radicalizzati su questi temi?
Dagli anni ’80 nei loro programmi c’è una centralità della questione migratoria. Oggi c’è meno resistenza di prima a parlare ad esempio di preferenza nazionale. Una espressione che era presente anche nella legge immigrazione del presidente Macron. C’è stata una forma di normalizzazione di queste idee che non fanno tanto dibattito come quarant’anni fa.

Macron inseguendo l’estrema destra l’ha favorita?
Non lo so, non ci sono studi specifici su questo. Al contrario in termini di narrazione collettiva, politica e giornalistica, ci sono delle forme di normalizzazione del modo di esprimere il mondo. La preferenza nazionale, la sostituzione etnica, sono concetti di cui possiamo sentire parlare da giornalisti o leggere in editoriali senza che creino dibattito.

E Macron ha responsabilità?
Non posso dire se il presidente della Repubblica è responsabile. Possiamo dire che almeno da Nicolas Sarkozy in poi c’è stato questo tentativo di parlare all’elettorato di estrema destra per riportarlo a destra. Non è solo questione del presidente. Ma anche del governo, dei ministri, dei deputati. Che non alzano più sistematicamente lo scudo di fronte all’estrema destra. Ad esempio, si è visto alle legislative del 2022, quando i deputati di En Marche (il partito di Macron ndr) non hanno tutti dato delle indicazioni chiare di votare a sinistra contro l’estrema destra al secondo turno. Sono simboli così che a poco a poco hanno mostrato l’accettabilità del Rassemblement National.

Ma sono ancora percepiti come estrema destra?
Essere di “estrema destra” in politica è uno stigma. Io ho lavorato sui dirigenti del RN e quando parli con loro negano di esserlo, cercano di fare delle distinzioni. Da tempo nello spazio giornalistico c’è l’idea che si debba parlare piuttosto di un partito di destra radicale o populista. Sono tutti elementi che concorrono alla normalizzazione di ciò che scientificamente possiamo caratterizzare di estrema destra. Ovvero una visione del mondo che seleziona le persone secondo le loro origini sociali, etniche, religiose. Gruppi che, secondo il RN, sono diseguali tra loro. Fondamentale è anche l’idea di un nemico comune da combattere che rimette in discussione l’identità nazionale e l’immagine del vero francese. Quindi sì, scientificamente possiamo dire che si tratta di un partito di estrema destra. Bisogna diffidare delle strategie politiche e giornalistiche per cambiare narrativa.

In passato si parlava di un’operazione di de-diabolizzazione di Le Pen. È ancora in corso?
Quella è la strategia del partito. Ma non la si può considerare senza la destrizzazione e l’estrema destrizzazione del campo politico e mediatico tale che oggi, se su un plateu televisivo un candidato di sinistra ricorda le origini di un candidato RN, il giornalista stesso lo ritiene un intervento non pertinente.

Come si è arrivati a questo punto?
Intanto l’estrema destra si è avvicinata sempre di più alla destra. Non dimentichiamo che con Sarkozy presidente abbiamo avuto il ministero dell’Identità e dell’Immigrazione. Poi c’è stato l’effetto: “Hanno degli elettori quindi sono democratici e bisogna parlarne”. Infine, non dimentichiamo che i portavoce sono stati mediatizzati molto presto, anche quando avevano poco potere.

Come è composta la classe dirigente del RN?
La grande maggioranza di loro prima di accedere all’Assemblea nazionale erano militanti di estrema destra. Sono esponenti di classi superiori, un po’ come in tutti i partiti, hanno del capitale economico e scolastico. Dagli anni 1970 nessun operaio ha occupato una posizione importante nello stato maggiore del partito. Sotto Marine Le Pen poi, c’è stato un tentativo di reclutare persone che vengono dalla destra, professionisti della politica e con una rete. Ma questi non sono maggioritari.

L’arrivo di Bardella cosa ha cambiato nella gestione del potere?
Il partito gira ancora intorno a Le Pen. Lei è presidente del gruppo all’Assemblea nazionale, lei sarà candidata alle Presidenziali. Bardella fa parte della sua famiglia e lei lo ha spinto.

Non è più un voto di rabbia?
Nella letteratura si dice da tempo che si tratta di un voto di contestazione con l’idea di classi popolari un po’ frustrate che si ritrovano in questo partito populista che dà loro spiegazioni un po’ semplici. Io non sono mai stata davvero d’accordo. Quando andiamo a fare indagini sul campo con elettori, militanti o dirigenti del RN, ci rendiamo conto che ci credono. Hanno veramente l’idea che i migranti sono un problema e che bisogna combatterli. Dobbiamo dirlo. Gli elettori non sono persone passive che non riflettono. Inoltre io penso che tutti i partiti a un certo momento mettano in discussione lo status delle cose e non per questo sono contestatari. Ma aderiscono a una visione.

Il contesto geopolitico ed economico ha dato impulso al Rassemblement National?
Con il ritorno della guerra in Europa sono state poste delle nuove questioni, però l’analisi del legame con il voto RN è complessa. Da una parte i lavori giornalistici in Francia mostrano che il partito è piuttosto pro Russia, con dei dirigenti che hanno avuto relazioni con Mosca. Dall’altra, in termini di potere d’acquisto è vero che c’è stata una pauperizzazione e ci sono molte persone in difficoltà. E che ci sono parti delle classi popolari che ritengono il RN una soluzione, ma non bisogna dimenticare che il loro programma è molto liberista e molto a destra. E non proprio dalla parte di chi è sfruttato dal capitalismo. Una parte si rivolge a loro perché pensa che il nemico in condizioni economiche difficili è colui che si trova più in basso, come l’immigrato.

Ma i discorsi bellicisti di Macron o il dibattito sulla vicinanza alla Russia di Le Pen hanno avuto un effetto?
È difficile da dire perché non ci sono indagini. Bisogna sempre separare quello che succede nel campo politico-giornalistico da quello che succede a livello di elettori. Ad esempio, durante la campagna elettorale, la maggior parte dei partiti ha ricordato che Bardella al Parlamento europeo non ha fatto niente e questo non ha impedito al RN di fare più del 30%.

Cosa si aspetta dalle prossime legislative?
Quello che dicono gli osservatori politici è che la partecipazione può beneficiare l’estrema destra perché sono dentro una dinamica di mobilitazione. La vicinanza alle scorse elezioni Europee, dove sono riusciti a mobilitare l’elettorato, li favorisce.

È finito il tempo in cui le legislative erano un ostacolo per il RN?
Se prima potevano avere difficoltà a trovare candidati locali ora non è così. Hanno anche stretto un’alleanza con una cinquantina di esponenti della destra. È la prova che ora non è un problema essere un candidato dell’estrema destra.

Cosa l’ha stupita nelle dinamiche delle ultime settimane?
La dissoluzione. È sorprendente che un presidente della Repubblica decida di sciogliere l’Assemblea nazionale e di farlo dopo essere arrivato secondo a quindici punti dall’estrema destra e con la sinistra divisa. Siamo rimasti tutti sorpresi quando l’abbiamo sentito in tv. Direi anzi scioccati. A non stupire saranno le prossime elezioni: il RN arriverà primo, dietro il nuovo fronte unito della sinistra e terzi la destra e Macron. Non vedo come possa cambiare.