Trentacinque anni di carriera, quattro generazioni e oltre un milione e duecentomila auto vendute. È la carta di identità della Mazda MX-5, che può anche essere parafrasata con “la spider più venduta della storia”. La MX-5 originale (1989-1997) fu un successo globale con circa 450.000 unità vendute, mentre la seconda e la terza generazione totalizzarono rispettivamente 290.000 e 230.000 unità. La quarta, che è sul mercato dal 2015, ha superato le 250.000.

Considerate queste premesse è un peccato che il 2024 sia l’ultimo anno in cui la versione spinta dal 2 litri da 184 CV sarà importata sul mercato europeo, ma le rigide regole sulle emissioni di CO2 hanno portato la Casa giapponese a compiere questa scelta e a lasciare in gamma solo il piccolo 1.5 litri da 131 CV. Quanto al futuro, della quinta generazione si sa ancora poco e niente: potrebbe essere ispirata alla concept car Iconic SP, potrebbe essere ibrida e dovrebbe arrivare nel 2026. Una serie di condizionali che suggeriscono di non pensarci troppo e di concentrarsi sul presente, in particolare sulla gamma 2024 che presenta alcuni aggiornamenti. I fari a Led sono inediti, così come il disegno dei cerchi in lega e i rivestimenti dei sedili; il sistema di infotainment è stato aggiornato e c’è una nuova colorazione. A livello tecnico, il differenziale autobloccante che è di serie sulla 2 litri, ha una nuova logica di funzionamento.

Con tutti questi pensieri in testa ci mettiamo al volante e ripassiamo le caratteristiche salienti della piccola spider di Hiroshima: motore anteriore, trazione posteriore, due posti secchi e capote in tela rigorosamente manuale. Tutto questo senza dimenticare la filosofia ‘jinba-ittai’ che è alla base dello sviluppo della MX-5 e che in giapponese significa unità totale tra cavallo e cavaliere, in questo caso tra auto e pilota. La MX-5 è lunga solo 3,92 metri, è “bassa” 1,23 e ha un telaio monotrave in alluminio rigido e leggero, così come in alluminio sono realizzati altri componenti, come i rinforzi del cofano, il bagagliaio, i paraurti e i parafanghi. Considerata anche l’assenza di pesanti meccanismi elettrici per la capote non stupisce che la bilancia superi da poco la tonnellata. Poi c’è la distribuzione dei pesi perfettamente divisa tra i due assi, accompagnata da un baricentro bassissimo sia della seduta che del motore, come prescrive la ricetta di tutte le vere auto sportive. Il resto della scheda tecnica parla di sospensioni anteriori a doppio braccio trasversale, e di retrotreno con ponte multi-link, mentre l’impianto frenante è composto da dischi autoventilati all’anteriore e pieni al posteriore.

Quello che ne risulta è una grande sensazione di controllo, dovuta anche al feeling tattile della leva del cambio manuale a 6 marce e dello sterzo. La piccola Mazda trasmette le vere “vibrazioni” della guida, perché tutto è connesso con il pilota che può ascoltare in tempo reale il dialogo dell’auto con l’asfalto e non viene mai colto di sorpresa nemmeno all’approssimarsi del limite. Scegliere tra i due motori disponibili è una questione di gusti, perché è vero che il 2 litri rende la MX-5 più veloce nello scatto da 0 a 100 km/h – 6,5 secondi anziché 8,3 – ma è anche vero che solo il 1.5 tira fuori i suoi 131 CV a 7.000 giri, regalando le sensazioni uniche dei vecchi motori aspirati che fanno frullare l’ago del contagiri. Per molti è questa la MX-5 più pura.

A proposito di purezza, guidare a cielo aperto, è questione di attimi: si sblocca il maniglione vicino alla cornice del parabrezza e si ripiega la capote con un solo movimento della mano destra, senza staccare la sinistra dal volante, finché un ‘clic’ non certifica la fine dell’operazione. Volendo si può aumentare il comfort (e il peso di 50 kg) con la versione RF (Retractable Fastback) che ha meccanismo elettrico per far scomparire il tettuccio rigido nella parte alta del baule in soli 13 secondi. Infine, per quanto riguarda i prezzi, si parte dai 32.400 euro della 1.5 “base” e si arriva ai 43.750 della 2.0 RF in allestimento Homura.

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