Le banche dati nazionali tipo Istat e i report degli Istituti Nazionali di controllo Sanitario (Istituto Superiore Sanità) e Ambientale (Ispra) costituiscono una ricchissima miniera di dati che, letti con attenzione e incastrati correttamente come in un puzzle, bene spiegano la caratteristica unica di Napoli nel mondo. Napoli è amata perché è tra le la città più vitali al mondo. Napoli ogni giorno si sveglia tra due vulcani e qui più che altrove si avverte ogni giorno la precarietà della vita nel proprio contesto ambientale.
Il nostro ambiente di vita, meraviglioso ma pericoloso, negli ultimi 40 anni si è reso ulteriormente pericoloso sino ad essere mortale per la malagestione (voluta e mai contrastata) dei rifiuti provenienti dalla crescente attività industriale senza controlli e legata al lavoro in regime di evasione fiscale, detto “lavoro nero”, che da noi arriva sino al 47 % di tutte le attività manifatturiere (dati DDA).
L’ennesima conferma di questa caratteristica unica ma mortale ci viene offerta in questi giorni dal primo rapporto dell’Osservatorio Economia e Società realizzato dal Comune di Napoli. Un’operazione, quella di Palazzo San Giacomo, voluta per fotografare la realtà e per assumere, di conseguenza, le scelte politiche per disegnare la Napoli del futuro.
Il report mostra una città decisamente in crescita, con un prodotto interno lordo da 27,4 miliardi di euro e un tessuto economico molto vivace. Abbiamo cercato un cambio di ”narrazione” dalla Napoli di Gomorra che proprio dalla crescita nell’industria, nella cultura, nel turismo trae la sua forza. Ma Napoli è la città che ha la necessità di trasformare il lavoro “nero” in regolare, uscendo decisamente fuori dall’eccesso di irregolarità in pressocché tutti i settori manifatturieri, ma anche dei servizi.
Qualsiasi analisi economica parte dal Pil. Ebbene, il rapporto realizzato dall’osservatorio coordinato dal professor Gaetano Vecchione dell’Università Federico II, utilizza i dati Svimez per calcolare un Pil da 28,4 miliardi e un Pil pro-capite di 30.804 euro, superiore a quello italiano che si attesta su 30.231 euro. “Siamo la prima città che si dota di una stima sul Pil”, dice orgoglioso Vecchione. Stando allo studio, il Pil napoletano rappresenta il 25% del totale dell’intera Regione Campania e il 7% del Mezzogiorno. Una cifra che si basa soprattutto sul settore dei servizi: addirittura l’87.3%. Solo il 12,3% del Pil è dato dall’industria e lo 0,4% dall’agricoltura.
Sono 78.477 le imprese censite: 1.800 in più rispetto al 2020. Ma la stragrande maggioranza sono piccole attività: il 95,3% non raggiunge i dieci addetti e le unità con almeno 50 addetti sono soltanto lo 0,6%. Eppure, nonostante parliamo di piccole attività, il dinamismo e la crescita sono impressionanti. Dai dati del rapporto emerge che “se si consolidasse il fatturato di queste imprese, come se costituissero un unico grande gruppo, i ricavi totali nel 2022 ammonterebbero a 28,652 miliardi di euro, in aumento del 10,6% dal 2021″.
Ma quanto di questo eccezionale fatturato ha alla base una evasione fiscale che in regione Campania da decenni registra i suoi valori massimi a livello nazionale? La crescita più accentuata si coglie nel settore delle costruzioni dove si contano 4.475 imprese con un aumento di 800 attività in soli due anni (+21,8% dal 2019). La narrazione dell’incremento del Pil tramite il superbonus viene confermata anche dai report Ispra sui rifiuti industriali che vede nel solo 2022 una crescita di oltre 1 milione di tonnellate/anno dei soli rifiuti dell’edilizia (totale 9.1 milioni di tonnellate/anno), ma con troppo amianto che “sparisce” illegalmente smaltito all’interno di questi numeri e che ritroviamo costantemente e scorrettamente ad uccidere in tutta la Provincia.
E così questa crescita economica caotica e vitale si trasforma in danno sanitario che spiega in maniera ineccepibile come si materializzano i record di incidenza di cancro al polmone specie mesotelioma che registriamo ormai da decenni sia a Napoli ovest (Bagnoli e la sua bonifica fatta male che ha addirittura peggiorato la situazione) che a Napoli est nella costante assenza di dati sanitari prodotti dalle Asl locali.
Analizzando il rapporto tra l’importo evaso ogni 100 euro di gettito tributario incassato, la Campania evade al 17,2%. Al contrario, le aree con la maggiore fedeltà fiscale sono la Provincia Autonoma di Trento, con un tasso di evasione stimato all’8,6%, Come non notare che il parallelo tra qualità di vita, fedeltà fiscale, assenza di discariche e siti da bonificare sul territorio vs 2746 (Campania) resta costante a segnare gli opposti anche nei dati sanitari tra la Provincia di Napoli e quelle di Trento e Bolzano? Con una ovvia quanto obbligata ricaduta: la minore aspettativa di vita in assoluto che si registra in Provincia di Napoli e Caserta.
È giunta l’ora di comprendere definitivamente che l’eccesso di mortalità e di incidenza di cancro e di tutte le patologie cronico degenerative che si registrano ormai da decenni a Napoli rispecchiano, anzi sono patogeneticamente legate, alla sua esplosiva “vitalità” imprenditoriale spesso fondata su un eccesso di lavoro “nero” e di uno scorretto e mortale smaltimento dei rifiuti industriali: una “vitalità mortale”!
Chi lavora “a nero” uccide se stesso ma anche gli altri, i dati lo certificano ormai sempre più chiaramente.
Èla ennesima conferma che la Napoli di Saviano (Gomorra) e la Napoli di Alberto Angela (Napoli della cultura e delle meraviglie) esistono entrambe, oggi come da secoli. Ed è questo eccezionale contrasto in cui viviamo e moriamo (in eccesso) ogni giorno che rende Napoli unica al mondo!