Scialba. Insipida. Fortunata? Forse. Ma il giudizio cambia di poco: la gamma di aggettivi per l’Italia che pareggia al 98esimo con la Croazia e si guadagna gli ottavi dell’Europeo è tutta in questo range. Nella scala dei grigi insomma, per una squadra a cui mancano tante cose, probabilmente non il coraggio: mancano attaccanti che segnino, leader che si prendano responsabilità (lo fa all’ultimo Calafiori, sia d’esempio per tutti), ma soprattutto personalità che vengono (ancora una volta e quasi totalmente) meno, riagguantando sul filo del rasoio la gara decisiva per il prosieguo dell’Europeo, che si stava buttando alle ortiche fino al minuto 97 (novantasette!) quando Zaccagni la riprende miracolosamente.

Una trama abbastanza comune per la nazionale quella dell’esaltazione all’esordio e della depressione per un secondo match negativo: solo andando a memoria è accaduto nel 2014, nel 2002 e anche nel 2006 ai Mondiali, a prescindere dal diverso “pregio” delle nazionali in questione. Nazionale, quella di Spalletti, che non era extra lusso dopo la buona gara con l’Albania né di quinto quarto dopo la pessima gara contro la Spagna: una nazionale sperimentale che viene da anni di magra sul fronte talenti e che è chiamata a dimostrare se può portare materiale per un nuovo progetto vincente o se è meglio ripartire da zero a settembre. Risposte che per ora non ci sono. Per cercarle Spalletti passa alla difesa a tre, ex Moloch degli ambienti bene del pallone poiché ritenuto provinciale assai, oggi rivalutato anche in base alle nuove caratteristiche dei giocatori, in particolare dei centrali difensivi. Difesa a tre dunque, e attacco inedito a due, con Raspadori e Retegui, fuori Chiesa e Scamacca. La partenza, al solito, è lasciata in mano agli avversari: il tiro di Sucic è pericolosissimo e vola Donnarumma a toglierlo dall’incrocio dei pali. Poi sale di livello l’Italia che è brava a pressare gli avversari costringendoli all’errore ma ha il solito problema dell’impalpabilità in zona offensiva, tant’è che nella prima mezz’ora, al netto di una presenza assidua nella trequarti avversaria, l’occasione migliore è di Bastoni, che di mestiere fa il difensore centrale. Livakovic con un miracolo gli toglie la gioia del secondo gol nella competizione.

E il problema degli inizi abulici e sottotono degli azzurri questa volta si trasla anche alla ripresa: solito schema, con l’Italia che inizia a subire l’iniziativa avversaria, e tra le varie folate croate un pallone finisce sul braccio di Frattesi: è rigore, e Donnarumma lo para a Modric, poi su un pallone sulla trequarti Donnarumma fa un altro miracolo, ma non basta neanche questo, la difesa è ferma e Modric segna sulla ribattuta. Prima che tecnico c’è un evidente problema di personalità nell’Italia e no, il giudizio non può cambiare per il gol all’ultimo minuto: evidente contro la Spagna nella rinuncia totale anche alla sfrontatezza contro un avversario più forte ancor più evidente contro la Croazia. Manca chi fa la giocata, specie se deve inventarsela Calafiori al 97esimo; manca chi la butta dentro, ma soprattutto manca chi dà una svegliata o una strigliata nei momenti bui, uno come Chiellini che tira giù Saka in malo modo, come detto. Entra anche Scamacca, assieme a Retegui: ma il dato lampante è che lì davanti manca quello che tocca una palla e la trasforma in gol, una volta marchio di fabbrica delle nazionali azzurre da Paolo Rossi a Casiraghi a Toni a Vieri a Inzaghi. È finita sotto tre volte su tre in questo Europeo: in un caso ha avuto la forza di ribaltarla, in un altro l’ha lasciata andare con arrendevolezza, nell’altro l’ha ripresa al cardiopalma con l’azione della disperazione.

Perché quando Calafiori, finora il migliore della spedizione azzurra assieme a Donnarumma, forza la giocata pescando Zaccagni che la infila all’incrocio è disperazione. Certo, c’è anche la capacità di un difensore con piedi e mente che promettono benissimo, ma finora in bozzolo: perché? Quanti altri come Calafiori si nascondono dietro lo scarico per il compagno non tentando giocate che magari hanno nelle corde e che sono il sale del calcio da quando si scende in strada con i giubbini per terra a fare i pali (se si scende ancora in strada a giocare coi giubbini per terra)? Si va avanti, conta questo, contro la Svizzera: quella che ci ha tolto la gioia di vedere un mondiale (ancora), quella che ha fatto fuori la Francia dall’ultimo Europeo e che aveva quasi battuto la Germania, miglior squadra dell’attuale competizione. Una squadra tosta, difficile, infida. Noi chi siamo invece? Ad oggi non si sa, l’Italia ha il volto di quegli adolescenti un po’ apatici che un po’ fanno rabbia, un po’ simpatia: per ora la sfanga con una sufficienza strappata sul filo di lana, al prossimo esame però non basterà.

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