Satnam Singh l’ha ucciso quel potere economico che sta dietro al “signor” imprenditore, tale Lovato. Non una mela marcia, ma esponente di una classe imprenditoriale che fa profitti sulla pelle e sul sangue di lavoratori e lavoratrici sfruttati 12 ore al giorno per 2-3€ l’ora, in assenza di qualsiasi misura di sicurezza. Secondo il “VI Rapporto Agromafie e Caporalato” nel settore primario ci sono 230mila lavoratori irregolari, il 25% della forza lavoro totale del settore.
Se si spulciano le indagini della Procura di Latina ci sono decine di imprenditori italiani – insieme ai caporali, quasi sempre della stessa nazionalità dei braccianti sfruttati – accusati di pagare salari da fame, costringere a giornate di lavoro infinite, a settimane senza giorno di riposo, a far dormire i lavoratori in alloggi “degradanti”. Tutti così? No, ma ciò che emerge è che questo tasso di sfruttamento è sistemico.
Satnam Singh l’ha ucciso quel potere politico che da più di 30 anni legifera sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici straniere. Leggi come la Bossi-Fini – da abolire prima di subito e da sostituire con una norma che riconosca un permesso di soggiorno per “ricerca lavoro” – non servono a impedire l’arrivo di migranti in Italia, ma a fare in modo che quando arrivano – perché si cercherà sempre di conquistare una vita migliore, soprattutto se si fugge da guerra, alluvioni, siccità, repressione, sfruttamento – si trovino in una condizione di estrema ricattabilità.
Perché così possono diventare forza lavoro a basso costo.
A dire il vero ci sarebbe una norma che permetterebbe la regolarizzazione e conseguentemente la perdita di potere di ricatto e comando dei “padroni”: è l’articolo 22, comma 12-quater del Testo Unico sull’Immigrazione, che prevede il rilascio del permesso di soggiorno “nelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo”. Bisognerebbe applicarlo a tappeto, ma ci sono due problemi: 1) gli stessi ispettori del lavoro spesso non conoscono questa norma e 2) bisognerebbe procedere al rilascio “semplicemente” dopo l’accertamento della presenza dello sfruttamento da parte dell’Ispettorato, perché la denuncia del lavoratore nei fatti è complicata e quindi rara.
Satnam Singh è stato ucciso da quel potere politico che ha indebolito gli organismi di controllo. Gli ispettori del lavoro sono pochi e spesso impaludati nella burocrazia. Con un potere politico che crede nel mantra “non disturbare chi produce” (non solo Meloni e l’ultradestra) non si tratta di un caso, ma di precisa volontà. Meno ispettori significa meno controlli e, quindi, più libertà di produrre alle condizioni desiderate dall’imprenditoria nostrana. Che troppo spesso sono quelle dei sig.ri Lovato.
È lo stesso potere politico che oggi introduce un nuovo reato al giorno, inasprisce le pene per molti di quelli già esistenti, ma che l’unico di cui non vuol sentir parlare è quello di omicidio sul lavoro. Eppure sarebbe utile a tutelare la salute e la vita di lavoratori e lavoratrici, visto che, come ha dichiarato il 23 giugno Agostino Messineo, ex capo del pool di ispettori della Procura. “Con l’attuale Codice penale non c’è una dissuasione efficace nei confronti dei datori di lavoro. Su 40 casi di infortuni mortali che sto esaminando le condanne sono tutte dai tre ai sei mesi… Non dissuadono nessuno e, a fronte di risparmi consistenti nell’appalto, per il datore di lavoro può essere conveniente assumersi il rischio” (Corriere della Sera Roma, 23 giugno 2024).
Satnam Singh l’ha ucciso il potere mediatico, quello che parla dei lavoratori e delle lavoratrici straniere sempre sotto l’etichetta di “sicurezza”, che riempie i palinsesti tv del pericolo “invasione”, che disumanizza, che normalizza espressioni come “carico residuale”.
Ma anche il potere mediatico “progressista” che parla dei migranti come povere vittime indifese, come oggetto bisognoso di aiuto e mai come soggetto capace di trasformare l’esistenza propria e quella della propria comunità.
C’è un altro potere mediatico da costruire. Quello che faccia proprio il punto di vista di lavoratori e lavoratrici, che ne difenda gli interessi e che denunci il sistema imprenditoriale schiavistico che vige nelle campagne (e non solo). Esistono, per fortuna, esperienze di questo tipo. Ma da qui a configurarsi come “potere” ne passa. È ciò che serve, perché il punto di vista e la vita della classe lavoratrice non possono finire in trafiletti invisibili o su qualche sito web, ma devono essere agenda del Paese.
Sabato 22 giugno, qualche ora prima che si scendesse in piazza a Latina, a Napoli 5mila lavoratori e lavoratrici, in gran parte stranieri, hanno occupato le strade del capoluogo campano convocati dal Movimento Migranti e Rifugiati. Se non ne avete sentito parlare tornate al punto precedente, quello sul potere mediatico.
Il primo significato della manifestazione non lo si trova nella piattaforma politica, ma ne è pre-condizione: un attestato di esistenza in vita, in qualità di soggetto. Soggetto non solo perché esseri umani – anche il sig. Lovato è un essere umano – ma perché lavoratori stranieri e lavoratrici straniere. In quanto tali pezzo dello stesso macro-insieme di cui sono parte milioni di uomini e donne di questo Paese, qualunque sia il colore della pelle: classe lavoratrice. Quel soggetto che produce ogni ricchezza. Di cui però non gode, perché sfruttata e derubata del frutto della propria fatica.
È il tempo che questo macro-insieme si articoli e organizzi in termini coscienti.
È il tempo di ricacciare la paura nell’altro campo, quello del potere politico, economico e mediatico.
P.S.: A quelli che “e allora blocchiamo i migranti perché abbattono i nostri salari” sarebbe utile una lettura della lettera di Karl Marx del 9 aprile 1870 in cui, riconosciuto l’antagonismo tra la classe operaia inglese e quella irlandese, spiega che esso “viene alimentato artificialmente e accresciuto dalla stampa, dal pulpito, dai giornali umoristici […]. Questo antagonismo è il segreto dell’impotenza della classe operaia inglese […]. Esso è il segreto della conservazione del potere da parte della classe capitalistica. E quest’ultima lo sa benissimo”.