Passato il timore per la slavina nera che avrebbe dovuto travolgere le istituzioni europee e riconfermata, salvo clamorosi stravolgimenti, una maggioranza centrista che avrà bisogno però di un appoggio a sinistra o, più probabilmente, a destra, dalle ultime elezioni europee emerge che il fronte nazionalista che guadagna seggi in Parlamento non è affatto unito. Mentre a Bruxelles si contratta senza sosta per cercare di arrivare alle nomine delle principali quattro cariche entro luglio, la galassia ultranazionalista non si presenta al tavolo in forma compatta, anzi si divide, si sgretola, tanto che diversi leader sono pronti a far nascere nuovi gruppi in Parlamento.

La scintilla AfD
La prima crepa si è aperta nella destra più estrema, quella riunita sotto il simbolo di Identità e Democrazia che accoglie anche la Lega. E a scontrarsi sono le due realtà numericamente più rappresentative: il Rassemblement National di Marine Le Pen e gli estremisti tedeschi di Alternative für Deutschland (AfD). Oggetto dello scontro le dichiarazioni dell’ex capolista Maximilian Krah, già coinvolto in un’inchiesta di spionaggio per Russia e Cina, secondo cui non si può affermare che “chiunque indossi l’uniforme delle SS sia automaticamente un criminale”. Parole che hanno portato il gruppo a optare per l’espulsione senza appello della formazione. Le frange neonaziste all’interno del partito tedesco sono un problema non solo a livello nazionale, ma anche di rispettabilità europea, e in questo preciso momento politico rappresenta uno dei principali elementi di valutazione per partiti come quello di Le Pen. RN punta a vincere tra pochi giorni le elezioni politiche, formando una maggioranza nell’Assemblea francese, ed entrare all’Eliseo al più tardi nel 2027. Questo piano passa anche da una pulizia della propria immagine, una normalizzazione di un partito che, da quando è stato preso in mano da Marine Le Pen, ha cercato di prendere le distanze, almeno di facciata, da estremismo e xenofobia per potersi accreditare a livello internazionale. E l’alleanza con AfD, in questo senso, può essere problematica.

Mercato estivo tra i Conservatori
Il simbolo di questa difficoltà nel mantenere gli equilibri all’interno della famiglie della destra europea è il partito dei Conservatori guidato da Fratelli d’Italia. Prima del voto, il gruppo sembrava destinato a diventare un blocco ampio e solido nel panorama politico europeo grazie agli acquisti pre e post voto. Intanto Ecr si era portata in famiglia Reconquête di Éric Zemmour: il partito francese ha eletto cinque eurodeputati, ma la rottura interna con Marion Le Pen ha portato alla fuoriuscita del leader dall’accordo e, di conseguenza, della sua compagna Sarah Knafo, eletta a Bruxelles. Così tra le fila di Ecr sono rimasti gli altri quattro rappresentanti eletti.

L’altro grande accordo doveva essere quello che sembrava solo da formalizzare con Fidesz di Viktor Orban che aveva rimandato la stretta di mano al dopo elezioni. Intesa che, però, non c’è mai stata: nonostante i rapporti tra FdI e Fidesz rimangano ottimi, come testimoniano la visita italiana di lunedì del premier magiaro e il fatto che sia stato con lui il primo bilaterale di Meloni prima della cena informale tra leader del 17 giugno, gli obiettivi delle due formazioni sono totalmente diversi. Nella mente di Giorgia Meloni c’è l’idea di continuare ad accreditarsi presso le cancellerie europee, un po’ come fatto a Washington, nonostante le resistenze soprattutto di francesi e tedeschi, con l’idea di diventare il pezzo pregiato da corteggiare per la formazione di una maggioranza solida in Ue. Orban, fuoriuscito dal Partito Popolare Europeo ormai tre ani fa, punta invece a compattare il fronte ultranazionalista contrapponendosi ai partiti tradizionali. Le due posizioni, al momento, risultano inconciliabili, anche perché Ecr ha appena accolto tra le sue file gli ultranazionalisti rumeni, avversari del governo ungherese per motivi legati ai diritti delle varie etnie.

I Conservatori, intanto, esultano per il sorpasso sui liberali di Renew che li ha resi la terza forza politica dell’Eurocamera. A favorirli, oltre ai nove nuovi innesti da Danimarca, Bulgaria, Lituania e Romania che ha portato il gruppo a quota 83 eurodeputati, anche la fuoriuscita del partito ceco Ano di Andrej Babiš da Renew che, così, crolla a 74 seggi. Impossibile che l’ormai ex liberale, che ha sbattuto la porta perché in disaccordo col gruppo su temi come il Green Deal e l’immigrazione, porti però i suoi sette eurodeputati in Ecr: nei Conservatori milita già il suo avversario a livello nazionale, il premier ceco Petr Fiala.

A preoccupare in Ecr sono anche le frizioni che potrebbero venirsi a creare tra i due principali partiti: FdI e il Pis polacco. L’ambizione di Meloni, come detto, è quella di diventare determinante per la nomina del prossimo presidente della Commissione Ue, che sia esso Ursula von der Leyen o un altro nome proposto dal Ppe, ma questo le complica i rapporti all’interno del gruppo europeo. Se su di lei le resistenze esistono, ma sembrano superabili con delle trattative interne, il discorso è diverso per quanto riguarda l’ex partito di governo polacco, inviso non solo al premier Donald Tusk, pedina importante e influente all’interno del Ppe, ma anche a tutta l’ala più liberale del partito. Questa situazione rischia di creare una frattura interna ai Conservatori difficile da sanare. E di questo avranno parlato la presidente del Consiglio e l’ex premier polacco, Mateusz Morawiecki, nel corso del bilaterale del 17 giugno scorso.

Fuoriusciti, indecisi e non iscritti: il patrimonio di Viktor Orban
Tutta questa incertezza sui nuovi schieramenti e un gruppo dei non-iscritti che conta ben 90 eurodeputati hanno creato uno spazio d’azione per quei leader che intendono mettersi alla testa di una nuova famiglia europea. Uno è certamente Orban, rimasto per tre anni tra i non iscritti, con tutte le conseguenze negative che questo comporta a livello di attività parlamentare. Il premier ungherese potrebbe dar vita a un fronte interno all’Ue formato da quei partiti più vicini a Mosca. In una formazione del genere potrebbero trovare posto proprio Babis e l’altro grande espulso, questa volta dai Socialisti, il premier slovacco Robert Fico. Per formare un gruppo, però, sono necessari almeno 25 eurodeputati da 7 Paesi diversi. Il numero dei seggi sarebbe garantito già con queste tre formazioni, mentre rimangono da trovare altri quattro partiti da coinvolgere. E qui le realtà da contattare sono molte: si va dai bulgari di Vazrazhdane (3 seggi, anti-nato, pro-Russia e novax), al partito lettone Prima la Lettonia dell’ex vice primo ministro e vicesindaco di Riga, l’oligarca Ainārs Šlesers. Se poi si consumasse la rottura definitiva tra il Pis polacco e Ecr, ecco che la compagine potrebbe crescere considerevolmente andando a riformare in maniera ufficiale in Parlamento il gruppo di Visegrad. Unico ostacolo per convincere la formazione di Varsavia: il filo-putinismo della maggioranza del gruppo.

L’internazionale nera di AfD
C’è poi un altro grande partito tra i non-iscritti che, in questo momento, vale ben 15 seggi: Alternative für Deutschland. Rimanere fuori da un gruppo al Parlamento Ue all’apice del proprio consenso storico sarebbe un peccato per la formazione tedesca. Ma le posizioni estremiste manifestate più volte e gli scandali che hanno coinvolto alcuni esponenti del partito, oltre ai timori delle famiglie politiche tedesche per il definitivo sdoganamento di una formazione di ispirazione ultranazionalista, l’hanno relegato oltre i paletti stabiliti da numerose formazioni europee, anche di destra. È per questo che, riporta Der Spiegel, AfD ha deciso di creare il suo gruppo di estrema destra in Ue. Al suo interno, sostengono, troverebbero posto i polacchi di Konfederacija (6 seggi), gli spagnoli di La Festa è Finita (3 seggi), Sarah Knafo in quota Reconquête, i greci di Vittoria (1 seggio), i bulgari di Vazrazhdane (3 seggi), i rumeni di Sos Romania (2 seggi), gli ungheresi di Mi Hazánk Mozgalom (1 seggio) e gli slovacchi di Republika (2 seggi). Una nuova forza da 34 eurodeputati e 9 partiti da altrettanti Paesi Ue. Una forza che, però, frammenterà ulteriormente il fronte della destra europea.

X: @GianniRosini

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