Un migliaio di persone hanno aderito alla manifestazione contro la “logistica di guerra”, ovvero le armi che transitano dal porto di Genova andando a contribuire a diversi conflitti internazionali. Tra i traffici contestati quelli verso Israele, accusato dal tribunale dell’Aia delle Nazioni Unite, che ha richiesto il mandato di arresto internazionale per Netanyahu, di crimini di guerra. L’esercito di Tel Aviv “fa largo uso anche di strumentazioni militari italiane”, denunciano i manifestanti. Così a partire dalle 6 del mattino tre varchi portuali (Albertazzi, San Benigno e Etiopia) sono stati bloccati dai manifestanti, con camion fatti uscire dalla stradale a Genova Prà per entrare dall’unico varco utile rimasto aperto. Una situazione che ha generato una congestione in tutto il ponente cittadino e all’interno del porto, tra gli obiettivi degli organizzatori. “L’intenzione è quella di portare un blocco del porto dal momento che anche da qui passano massicciamente le armi che contribuiscono a massacri in tutto il mondo e in particolare quello in corso contro il popolo palestinese – spiega Josè Nivoi per Usb Mare e Porti e Calp – Una giornata che segue cinque anni di mobilitazioni, non riguarda un conflitto solo e cerca di contrastare l’escalation bellica con gli unici mezzi che abbiamo: scioperi, blocchi, manifestazioni”.

Oltre al Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali e all’Unione sindacale di base presenti ai varchi diversi collettivi universitari e solidali con la Palestina, oltre a pacifisti, antimilitaristi, SiCobas e altre sigle della sinistra extraparlamentare.
“Dai nostri porti partono le armi usate per bombardare i palestinesi a Gaza. Il nostro paese non è solo complice ma è direttamente responsabile del massacro che si sta compiendo – scrive il collettivo Giovani Palestinesi – L’Italia continua a vendere armi e a garantire l’utilizzo delle proprie infrastrutture. Per questo è fondamentale manifestare per contestare i traffici del porto di Genova, simbolo della complicità italiana e tra le basi logistiche più importanti e influenti nella logistica degli armamenti”. Tra le compagnie accusate dai manifestanti di prendere parte al transito di armi ci sono principalmente Zim, Bahri e Maersk, contestate anche Eni e Leonardo, società che “fanno utili e si arricchiscono grazie all’escalation bellica e i conflitti armati”.

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