“Ho sentito le urla, mi sono alzato, non ho visto picchiare nessuno ma ho sentito un rumore che sembrava il pestacarne su una bistecca“: a parlare così è un testimone dell’aggressione ai danni di Cristiano Iovino avvenuta lo scorso 21 aprile. I fatti sono noti: Fedez e Iovino hanno una discussione mentre si trovano in una nota discoteca milanese, il The Club. Una volta divisi dalla security e usciti dal locale, si ritrovano nel cuore della notte nei pressi di casa di Iovino. Qui, Fedez è accompagnato tra gli altri dalla sua guardia del corpo, Christian Rosiello. A ricostruire tutto è la trasmissione Rai Far West, condotta da Salvo Sottile che ha sentito un testimone dell’aggressione. Le parole dell’uomo sono forti: “Se c’ero io mi avevano fatto fuori per come sono, quei tipi erano molto grossi. Mi hanno minacciato, mi hanno chiesto i documenti. Volevano il cellulare per vedere chi avevo chiamato, le foto, l’indirizzo. Mi hanno detto ‘tanto la tua faccia me la ricordo, sappiamo dove venirti a prendere’. Ero paralizzato perché erano una decina di persone. Pensavo di morire, il giorno dopo ho avuto le pulsazioni mai sotto a 120 con picchi a 170, e quando vedevo un van nero per strada mi cedevano le gambe”. In studio Selvaggia Lucarelli ha commentato: “Di quella notte sappiamo molto poco perché Fedez non ha mai chiarito nulla, ma anzi ha negato di essere lì. Non ha contribuito a fare giustizia, ma nemmeno alla tranquillità di questo testimone che ora ha paura”. Non solo, Lucarelli commenta anche la voce mai smentita da nessuno dei due protagonisti secondo la quale dietro accordo economico, Iovino ha evitato di sporgere denuncia: “Ma io trovo molto divertente questo perché lui, anziché rispondere alla legge, dall’alto delle sue possibilità economiche, paga una persona che è stata picchiata invece di affrontare la legge. È una cosa buffa e incoerente visto che si è spesso appellato alla morale”. Ancora: “Non mi sorprende che il testimone ora abbia paura, perché se avessi visto una rissa e mi fossero stati chiesti i documenti, sequestrato il telefono io vivrei nel terrore. Questi sono metodi mafiosi, e chiunque sia stato lì concorre moralmente a quello che è accaduto, anche se non avesse alzato un dito”.