Dopo una persecuzione giudiziaria senza precedenti nei confronti della libertà di stampa, orchestrata per ben oltre dieci anni dagli Usa e appoggiata dal Regno Unito, Julian Assange è libero, avendo lasciato la prigione britannica di Belmarsh dove ha trascorso oltre cinque anni.

Il patteggiamento raggiunto tra il dipartimento della Difesa statunitense e il team legale di Assange prevede un riconoscimento di colpevolezza per alcuni reati minori in cambio di una condanna pari a 62 mesi, dunque non superiore al periodo già trascorso a Belmarsh: oltre 1900 giorni in una cella di due metri per tre, isolato 23 ore su 24. Il tutto dovrà essere ratificato in un’udienza federale che si svolgerà nelle isole Marianne, un arcipelago statunitense nell’Oceano Pacifico occidentale.

“Questo è il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite”, ha dichiarato a caldo Wikileaks, l’organizzazione co-fondata da Assange.

Già. Mentre Assange veniva progressivamente abbandonato da coloro che avevano usato le sue rivelazioni, mentre la sua figura veniva sempre più definita “controversa” e la narrazione della sua vicenda si arricchiva progressivamente di fake news, i gruppi per i diritti umani non hanno mai mollato. Hanno riempito per ben oltre dieci anni le piazze di decine di capitali del mondo, hanno seguito le udienze, hanno mobilitato l’arte e la cultura. E, alla fine, hanno contribuito al ritorno in libertà di Julian Assange.

Ciò nonostante, resta un messaggio minaccioso rivolto al giornalismo investigativo che assolve al suo dovere di informare le opinioni pubbliche su cose che è giusto che sappiano per poter valutare l’operato di chi le governa. Il messaggio è semplice: “Vi teniamo d’occhio, attenzione a quello che fate”. Per questo, è fondamentale che la chiusura della persecuzione giudiziaria di Assange non significhi anche la fine dell’attenzione su storie come la sua, o simili alla sua.

PS. Un ringraziamento pubblico a Stefania Maurizi. Il suo lavoro, in questi anni, è stato inesauribile e inestimabilmente prezioso!

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