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Kenya, parlamento preso d’assalto dopo l’ok alla legge finanziaria: almeno 10 morti. Schierato l’esercito

Il Kenya ha schierato l’esercito per sostenere gli agenti di polizia in difficoltà mentre le proteste contro gli aumenti delle tasse si sono trasformate in violenti scontri con le forze della sicurezza. L’esercito è stato schierato per sostenere la polizia “in risposta all’emergenza sulla sicurezza causata dalle violente proteste in corso” in tutto il Paese “che hanno provocato la distruzione di infrastrutture critiche”, ha precisato il ministro della Difesa Aden Bare Duale.

Sono migliaia i manifestanti che hanno preso d’assalto gli edifici del parlamento a Nairobi, dopo la notizia dell’approvazione delle controversa legge finanziaria. E secondo quanto trasmesso dalle televisioni nazionali, e riportato dal sito Kenyans, sono almeno 10 le vittime per ora accertate. Mentre il conto dei feriti continua a salire. Non solo: l’edificio che ospita il parlamento è anche stato dato alle fiamme da gruppi di dimostranti. Un incendio che è anche stato appiccato nell’ufficio del governatore Johnson Sakaja e ad altri uffici amministrativi.

Dalle immagini televisive trasmesse sul sito del quotidiano Daily Nation, si vedono anche diversi deputati fuggire dal palazzo. Mentre continuano gli scontri nella capitale, con sparatorie in diverse parti della città.

La Croce Rossa del Kenya ha affermato, inoltre, che durante le proteste anche il suo personale e i volontari sono stati attaccati dalla polizia e alcuni di loro sono rimasti feriti. Ma gli episodi più violenti si sono verificati nei pressi della basilica della Sacra Famiglia, dove medici e personale sanitario stavano allestendo tende di fortuna per soccorrere i manifestanti feriti durante le proteste. Le forze dell’ordine, infatti, secondo quanto riferito da testimonianze, hanno sparato sia lacrimogeni che proiettili.

Oltre ai feriti, Amnesty International segnala che sono 52 le persone arrestate. Mentre sono oltre 21 le persone “rapite o scomparse per mano di agenti in uniforme e non”. Si trattano per la maggior parte di attivisti o influencer che si erano schierati, tramite le loro pagine social, a favore delle proteste antigovernative.