Sulle spalle di Anita, 47enne napoletana, grava il peso della gestione familiare: ha il marito malato oncologico e due figli adolescenti. Ma la sua vita non è mai stata semplice, in quanto da ragazzina era rimasta orfana di madre e si è dovuta occupare del padre malato. Così è svanito il suo sogno di studiare. Valeria, invece, ha 39 anni, vive anche lei a Napoli con il compagno e la figlia di 2 anni. Ha conseguito risultati brillanti a scuola e all’università, ma a impedire la sua affermazione professionale è stata la violenza che ha segnato la sua esistenza.
Anita e Valeria sono soltanto due delle beneficiarie del progetto Mai più Fame: dall’emergenza all’autonomia, promosso dall’organizzazione Azione contro la Fame a Milano e a Napoli, per offrire una via d’uscita dignitosa e durevole a chi si trova in condizioni di povertà. Si tratta di un percorso di formazione e accompagnamento verso il lavoro, integrato da incontri di gruppo e consulenze individuali su nutrizione e salute, con un temporaneo contributo alla spesa. Obiettivo: contrastare lo stato di povertà assoluta in cui, secondo il rapporto Istat sul 2023, in Italia vivono 5,7 milioni di persone.
Altrettanto difficile è stato il reinserimento nel mondo del lavoro, anche a causa dell’età, per Fiorella, 64enne milanese, che, dopo una vita di sacrifici tra la gestione della casa popolare assegnatale e il lavoro come bidella in un istituto scolastico, a seguito della pandemia, ha perso la sua fonte di dignità e benessere familiare. Stessa sorte anche per Benedetta, 55enne gallaratese, che ha rinunciato al suo lavoro come segretaria per dedicarsi pienamente alla crescita dei figli, oggi maggiorenni. Recentemente è stata costretta ad accettare qualche lavoro saltuario come addetta alle pulizie, senza contratto.
Quello di Mai più Fame: dall’emergenza all’autonomia è un approccio multidimensionale centrato sulla persona, che sta ridonando speranza a chi l’aveva perduta. Come nel caso di Anita che si è riscritta a scuola per conseguire la terza media, o quello di Valeria che ha ottenuto un contratto come barista in un’importante catena di caffetterie, mentre Fiorella ha riconquistato la sua autonomia trovando impiego come accompagnatrice di minori disabili e Benedetta che, a fine percorso formativo, è stata assunta come addetta al confezionamento in una casa farmaceutica. “Ci hanno fatto rinascere, non abbiamo più le ali spezzate”, dichiarano all’unisono, orgogliose di aver potuto riprendere in mano la propria vita.
Attualmente, 207 persone hanno completato il percorso della durata di 4 mesi, altre 100 lo stanno ancora frequentando. Ma a parlare del progetto non sono soltanto queste storie, ci sono anche i numeri: il tasso medio di riattivazione nei primi due anni è stato del 59 per cento. Ciò significa che circa 6 partecipanti su 10 hanno trovato lavoro o sono tornati a studiare. Oltre a impegnarsi per la riattivazione personale e l’occupabilità, il progetto ha contribuito a migliorare le abitudini di consumo, attraverso un percorso di educazione alimentare e delle consulenze individuali indirizzate anche ai familiari dei partecipanti.
“Per affrontare in modo efficace e sostenibile un problema multidimensionale come quello della povertà alimentare, non basta intervenire nell’emergenza fornendo aiuti, ma è necessario mettere al centro gli individui e lavorare sulle risorse personali, per attivare un cambiamento che valorizzi il potenziale umano e professionale, e che resista nel tempo”, dichiara Simone Garroni, direttore di Azione contro la Fame.
A consolidare il progetto – rivolto soprattutto a famiglie con due o più minori, genitori disoccupati o donne incinte e neomamme – è la collaborazione con le istituzioni, principalmente con i Comuni di Napoli e Milano, ma anche con la rete di associazioni del territorio che contribuiscono all’individuazione e alla profilazione dei beneficiari, tenendo in considerazione aspetti anagrafici, culturali, sociali e geografici per rendere sempre più mirato l’intervento.
Mai più Fame: dall’emergenza all’autonomia si basa, infatti, su una forte sinergia tra il settore pubblico e privato, avvalendosi del contributo anche di aziende partner che, oltre a garantire una forte connessione con il territorio, forniscono finanziamenti, competenze, strumenti e opportunità concrete per l’inserimento lavorativo dei partecipanti. Tutti insieme dimostrano come, dinanzi a un problema così complesso, sia necessario un approccio integrato e non solo assistenzialistico per ridonare fiducia e autonomia a persone rese vulnerabili dalle intemperie della vita, intervenendo anche sugli aspetti sociali, culturali e psicologici, spesso trascurati dai tradizionali programmi di intervento.