Non si sono fermati neanche quando Thomas Christopher Luciani era ormai esanime, continuando a infierire sul suo corpo con “sevizie” e “crudeltà”. Sono arrivati a colpirlo con “calci e sputi mentre era riverso sul terreno”, ormai in fin di vita, dopo che gli avevano inflitto 25 coltellate. Quindi il bagno al mare, dove hanno perfino fatto “macabra ironia” su come avevano ridotto il 17enne ucciso vicino al parco Baden Powell di Pescara. È quanto emerge dal decreto di fermo dei due coetanei e dai verbali dei testimoni, cioè i componenti del gruppo di 7-8 persone che erano presenti all’omicidio di domenica sera.

Nel decreto si sottolinea che i due 15enni “in concorso tra loro”, hanno ucciso Luciani “arrecando sevizie e operando con crudeltà, mediante calci e sputi mentre era riverso sul terreno esanime”. Perfino una sigaretta spenta sul volto. “Ciò che emerge è l’assenza di empatia emotiva con un fatto di tale inaudita efferatezza, tale da inveire sul cadavere, recandosi presso lo stabilimento balneare per fare il bagno al mare, senza chiamare soccorsi o denunciare il fatto alle autorità, anzi chiacchierare con macabra ironia sul fatto appena avvenuto”, si legge nel decreto.

Uno dei testimoni ha racconto dei rantoli del 17enne agonizzante e i due 15enni che gli dicevano di stare zitto: “Ero allibito, volevo fermarli ma non sapevo come fare. Sembrava che non ci stessero più con la testa”, ha detto il giovane – anche lui figlio di un carabiniere, come uno dei due presunti killer – che ha fatto poi scattare l’allarme. E aggiunge: “Nonostante l’accaduto siamo andati al mare a fare il bagno” e lì uno dei due presunti assassini” si è disfatto del coltello che aveva avvolto in un calzino sporco di sangue, lasciandolo dietro agli scogli”.

La trappola e l’omicidio sono scattati perché la vittima doveva 250 euro a uno degli indagati: “Diceva che per lui era diventata una questione di rispetto”, si legge nei verbali degli interrogatori a cui sono stati sottoposti nella notte di domenica gli altri ragazzini che sono coinvolti nella vicenda. Secondo la ricostruzione tutti si sono incontrati alla stazione di Pescara, quindi c’è stato un primo confronto nella zona del terminal bus con la vittima, e da lì sono andati al parco Baden Powell: uno dei due ragazzi indagati aveva già il coltello. C’è quindi la possibilità che gli inquirenti valutino la premeditazione visto che il coltello era già nello zaino ed è stato mostrato agli altri già alla stazione.

C’è poi anche il racconto di un cambio di vestiti che verranno usati dopo l’omicidio. L’altro indagato, invece, sarebbe stato visto con una piccola pistola in mano e sono emersi anche i tentativi di uno dei due indagati di intimidire gli altri ragazzini: “Mentre camminavamo mi pare che abbia detto che questo doveva rimanere tra noi cinque”. Quando chiedono ai ragazzi testimoni perché uno dei due pur non avendo nessun credito nei confronti della vittima e non conoscendolo neanche abbia preso il coltello e abbia sferrato anche lui dei fendenti su Luciani, la risposta è stata “perché sono amici”. Dai verbali emerge che il ‘creditore’ era un piccolo spacciatore come anche la vittima.

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Omicidio a Pescara: il testimone 16enne (figlio di un altro carabiniere): “Era quasi morto, gli dicevano di stare zitto”

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