È stato un ritorno di fiamma, ma anche di Fiamma con la effe maiuscola. Militante missina, già in ordine sparso consigliera comunale, sindaca, deputata, senatrice, europarlamentare e ministra, ora Adriana Poli Bortone è di nuovo alla guida di Lecce. A 81 anni. Una vita a destra, mai rinnegata. Anche se in uno dei reel su Instagram più visti della sua campagna elettorale, “l’Adriana”, come la chiamano tutti, si rivolge alla nipote che le chiede come rispondere a chi la cataloga come una “pericolosa estremista” strabuzzando gli occhi: “Ma sta mpaccisci, Fanny?”. Ed è effettivamente difficile rintracciare qualcosa di estremo in questa donna che gira tra i quartieri del capoluogo salentino mangiando pasticciotti e ballando sulle note di Tu sei l’unica donna per me di Alan Sorrenti. Ma qualcosa di antico deve bruciare ancora se, galvanizzata dalle bandiere di Fratelli d’Italia, ha urlato dal palco alla chiusura della campagna elettorale per le Europee: “Cacceremo i leninisti dalle nostre città, via per sempre. Li voglio mandare via da Lecce, via dalla Puglia, via dall’Italia”.

Una vita in Comune
Ultimi residui di un’eterna militanza. Perché Adriana Poli Bortone è stata il volto più in vista del Movimento Sociale Italiano a Lecce. Eletta consigliera per la prima volta nel 1967, unica donna. Non uscirà mai più da Palazzo Carafa, in pratica. Confermata in assise fino al 1998, quando fa il salto e diventa sindaca battendo Stefano Salvemini, il padre di Carlo sconfitto a questo giro, e cinque anni dopo viene confermata stracciando il magistrato Alberto Maritati. Negli anni successivi lancia il suo delfino Paolo Perrone e lei si accomoda nel ruolo di vice-sindaca tenendo per sé tre deleghe. Ora il ritorno da “principessa”, come le ha urlato qualcuno da sotto il palco in piazza Sant’Oronzo dove è salita a festeggiare la vittoria.

L’ascesa e le spaccature
Nella sua carriera politica che finisce per coincidere con la sua vita, “l’Adriana” è stata anche tante altre cose: deputata dal 1983 al 1998, quindi europarlamentare dal 1999 al 2008 e senatrice dal 2008 al 2013. Un curriculum sterminato impreziosito dalla guida del ministero delle Politiche Agricole durante il Berlusconi I. Incapace di stare ai margini, in un periodo di retroguardia è finita anche a fare l’assessora a Matera, così tanto lady di ferro (thatcheriana per autodefinizione) da spaccare il centrodestra pugliese in diverse occasioni, sia alle comunali del 2019, quando si candidò da sola raccogliendo il 9,6% delle preferenze, che alle Regionali per ben due volte. L’ultima nel 2020, quando decise di non appoggiare l’altro alfiere della destra salentina, Raffaele Fitto. E con quale partito è andata a braccetto in questa storia recentissima di scissionismo? Fiamma Tricolore (“Ma sta mpaccisci, Fanny?”).

Tutti riuniti per riprendersi Lecce
L’ha mollata nel 2022 e alla fine “l’Adriana” ha rimesso insieme i cocci che lei stessa aveva contribuito a dividere. Dieci liste a supporto, il suo movimento Io Sud all’8 per cento dietro solo a FdI, e tutti contenti. La storia è ricucita e tiene insieme l’Udc e Pippi Mellone, il sindaco di Nardò che quattro anni fa non ha disdegnato un appoggio camuffato a Michele Emiliano ma che continua ad avere casa e cuore in fondo a destra. Poli Bortone ha mancato la vittoria al primo turno per 24 voti e si è imposta al ballottaggio con 646 preferenze di vantaggio, costruito soprattutto nella frazione di Frigole e nelle sezioni di una scuola in zona stadio. L’hanno dovuta avvisare perché – l’ha raccontato lei – ha preferito attendere i risultati giocando a burraco con le amiche. Una volta che i leccesi le hanno riconsegnato lo scettro della città, è salita sul palco con tutti i maggiorenti del centrodestra (mancava Fitto, ha mandato solo una nota di congratulazioni, ma sarà certamente un caso) e si è messa in testa una coroncina di plastica argentata che qualche sostenitore le ha allungato. Quindi i fumogeni e due batterie di fuochi d’artificio. Nel minestrone di gioia sono finiti perfino i cori contro i baresi, questione di campanile calcistico e anche un messaggio a Emiliano.

“Basta ciclabili, ora i fiori”. E sui social…
È stata un’incoronazione per un pugno di voti in una città evidentemente spaccata, ma alla quale lei ha saputo parlare pane al pane e vino al vino. Le parole d’ordine sono state “basta piste ciclabili”, “troppi autovelox”, “pochi parcheggi”. Anche se poi la prima promessa post elezione è stata un’altra: “Metterò dei fiori alle finestre, il Comune è stato triste”. Così Poli Bortone è diventata tri-sindaca di Lecce: tu sei l’unica donna per me, come la canzone che ha cadenzato la sua campagna elettorale. Su quelle note, cuffie in testa, davanti a una consolle da dj aveva esclamato mentre si scatenava: “Ballo meglio di Salvemini”. Una comunicazione schietta e chiara, capace di mobilitare l’elettorato deluso da Salvemini, grazie al supporto di una squadra di giovani. “Si aspettano da me sempre una battuta finale…”, aveva rivelato. Ecco quindi “l’Adriana” che cucina il risotto con le bietole di Cosimino, “l’Adriana” che visita una piazza degradata (l’aveva rimessa a nuovo lei quand’era sindaca) e si chiede se tra tutte quelle erbe alte non possa raccogliere gli zanguni, prelibate erbette selvatiche alla base di alcuni piatti tipici. Anche il resto è stata una ricetta old school: tutti insieme come un tempo, Poli Bortone alla guida. Ha funzionato ancora.

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