Società

Sangiuliano, non è tanto lo sfondone quanto l’arroganza

Non è tanto il fatto che Gennaro Sangiuliano sia assurto alla poltrona di ministro e per questo lautamente pagato con i soldi delle tasse di tutti noi. Né che sia approdato specificamente al ruolo di ministro della Cultura, salvo esibirsi a fasi alterne in terribili sfondoni proprio sulla cultura generale (l’ultimo, di pochissimi giorni fa, è quello in cui se n’è uscito sostenendo che Cristoforo Colombo avrebbe compiuto il celebre viaggio del 1492 sulla scorta delle tesi di Galilei, che però sfortunatamente era nato 72 anni dopo). Il vero fatto, grave ed eloquente rispetto alla situazione di un paese allo sfascio non solo culturale, è piuttosto un altro. Cioè che il ministro Sangiuliano si avventuri con arroganza, prima ancora che incoscienza, in fantasiose ricostruzioni storico-culturali che mai connoterebbero il comportamento di una persona ispirata dal buon senso e dalla prudenza.

Sì, io non credo si tratti tanto e soltanto di ignoranza crassa, peraltro in perfetta sintonia con buona parte di quello che è il panorama non solo dell’attuale governo, ma del paese tutto. Piuttosto comincio a pensare che ci troviamo di fronte all’incoscienza arrogante di chi sa che ormai, nel contesto desolante in cui navighiamo (a svista!), spararla grossa risulta sempre vincente. Se il merito e la competenza non sono mai stati valorizzati nel nostro paese affetto da troppe famiglie e consorterie, oggigiorno siamo giunti al paradosso opposto: quanto più non sai, non hai competenze, risulti incapace o perfino in posizione dubbia rispetto alla legalità, tanto più hai speranze di ottenere visibilità, successo, poltrone e prebende. Ad appoggiarti è il sistema nel suo insieme.

Quello politico, che ti candida e ti sostiene fino a quando proprio non venga fuori lo sterco più evidente e irrimediabile; quello mediatico, che ormai è drogato di click e audience a ogni costo, per cui ben vengano ciarlatani, buffoni improbabili e gaffeur di ogni tipo da innalzare al sacro altare della visibilità, che mai come oggi è sinonimo di influenza e profitto. Quello dello spettacolo, in cui sempre più assistiamo allo scempio del buon gusto, della creatività e del talento, per esempio attraverso la magnificazione di artisti canori che non sanno né cantare né suonare (penso a Geolier e Big Mama, fra la lunghissima lista, tanto per non fare nomi), ma che per strani giri del contesto spettacolare impazzito assurgono a figure di riferimento irrinunciabili dell’avanguardia artistica (per non parlare del fenomeno Fedez, di cui ho già scritto, divenuto eroe del politicamente corretto salvo concedersi svariate scorrettezze a livello etico, al limite della legalità. Sulla qualità artistica sorvolo).

Ma anche quello letterario, ormai fondato su un amichettismo che privilegia sempre gli stessi e le stesse, sulla base di criteri che esulano dalla qualità di quanto pensano, sostengono e scrivono. Figure, tutte quelle di cui sopra, che alla spesso sconsolante mediocrità aggiungono uno strano paradosso del nostro tempo: accompagnare all’ostentata indole politicamente corretta e sensibile verso i diritti civili – che è sovente all’origine del loro stesso successo – dei comportamenti oltremodo scorretti, arroganti e inutilmente supponenti sul piano privato.

Tutto questo si traduce nell’ambito politico, quello in cui si fa finta che vinca la pseudo destra o la pseudo sinistra, cioè i paladini della Decima mas o di Bella ciao urlata a squarciagola in Parlamento, salvo scoprire che viviamo in un paese costretto a genuflettersi al potere finanziario, dove ancora impera il caporalato e più della metà della popolazione non va a votare per evidente sconforto rispetto alle opzioni politiche in lista. Mentre la destra finge di essere sovranista e attenta all’identità nazionale, salvo svendere questa stessa identità alla prima occasione di governo, genuflettendosi ai diktat del potere finanziario; mentre la sinistra candida i Soumahoro e li sostiene fino a che non viene fuori la vergogna più indicibile e molto simile all’oggi tanto denunciato caporalato (fino a che le luci della cronaca non torneranno a spegnersi, obviously).

Entrambe che si stracciano le vesti e si disperano quando una tragedia della cronaca fa emergere che viviamo in un paese in cui la macelleria sociale sta distruggendo la vita dei lavoratori e i diritti delle classi sociali più deboli.

È in un contesto del genere che un ministro culturalmente inqualificabile come Sangiuliano può permettersi non tanto di essere depositario di un’ignoranza sesquipedale, ma di vantarsene e contemporaneamente diventare un personaggio ricercato dal sistema mediatico che non fa più informazione, perché dovrebbe raccontare per filo e per segno lo scempio politico, culturale e alla fine umano in cui siamo piombati.