La più nota forse è quella della pelata sbattuta più volte sulla scrivania in conferenza stampa: capocciate vere, reali, al netto della platealità del gesto. La più nota, non l’unica, tutt’altro: anzi, la gamma “Spalletti vs giornalisti” è ricca assai, forse il repertorio più ricco. Meno studiato e più rustico di quello di Mourinho, pure pieno di chicche ma non col certaldese d’ordinanza e l’intensità che varia a seconda dei momenti e dell’incazzatura di Spallettone con la stampa. Più rustico, ma probabilmente con lo stesso filo conduttore: prendere su di sé, nei momenti difficili o in quelli negativi, un’attenzione che diversamente finirebbe sulla squadra, col mister che è notoriamente uno che si pone come ombrello tra il gruppo e l’esterno, si veda a Napoli cos’è accaduto quando se n’è andato via.

E così, come con l’Italia dopo la scialba prestazione con sfangata finale contro la Croazia, si finisce con Luciano che si infuria, girandosi verso l’interlocutore e alzando via via i toni tra domande anagrafiche e relative deduzioni “Quanti anni hai? 51? E hai ancora 14 anni di pippe per arrivare a 65 come me”. Schemi (per rimanere in tema), replicati anche in passato, come quando invitò un giornalista che commentava molto negativamente la prestazione di due suoi calciatori (all’epoca era all’Inter) a dire anche nome e cognome, che “a casa devono sapere chi fa queste domande”. Particolarmente “ricco” il periodo interista spallettiano di siparietti con la stampa, come quando diede del “musino smunto” a un collega, invitandolo a parlare con lui “in caso di problemi, che a me il carattere m’avanza”; o come quando bollò come “famoso per essere distratto” un altro giornalista e “perdente” un altro collega, perdendo le staffe dopo una domanda sul distacco tra i nerazzurri e il gruppo di testa del campionato. E nel periodo giallorosso invece i cronisti divennero invece “sfigati”, dopo la gara col Lione in Champions e discorsi relativi alla sfortuna, invitandoli a scrivere oroscopi e non di calcio.

Per poi ritornare alle “capocciate” sulla scrivania in conferenza stampa, quando le domande gli chiedevano conto delle difficoltà dell’ambiente giallorosso. Meno ricca la gamma napoletana, anche in virtù dello Scudetto vinto con largo anticipo (ma guai a dirlo, perché a un giornalista che a febbraio profilava la vittoria del campionato Luciano rispose gelido “Tu sei tra quelli che vuol crearci dei problemi”), mentre nella stagione prima, dopo una vittoria negli ultimi minuti contro la Lazio e dopo battute d’arresto più o meno clamorose, Spalletti sbottò: “Basta rompere i coglioni a questa squadra, ha carattere da vendere”. Insomma tra occhi al cielo, capocciate, e il tono di voce che passa dalla solita cadenza lenta e controllate a un ritmo veloce e stizzito, o addirittura rabbioso, un repertorio ampio tra momenti di spontanea rabbia e altri più scenici, studiati per alimentare anche l’aura del suo credo più profondo “uomini forti, destini forti”. Anche in conferenza stampa.

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