Sono passati 44 anni dalla strage di Ustica. La sera del 27 giugno 1980 un Dc-9 dell’Itavia decollato a Bologna non atterrò mai a Palermo. Si inabissò nelle acque di Ustica. Martedì 25 giugno, su Raitre, uno speciale di Massimo Giletti, Ustica, una breccia nel muro, trasmesso in diretta dal Museo per la Memoria di Ustica di Bologna, prova a ricostruire i pezzi di un puzzle che restituisca la verità di una strage che ha fatto 81 morti ed è rimasta finora senza spiegazioni certe. Anche a causa dei silenzi e dei depistaggi dei vertici dell’Aeronautica militare italiana.
Giletti nel programma manda in onda la testimonianza di un ex addetto militare dell’ambasciata francese a Roma il quale racconta che gli fu ordinato di non consegnare agli italiani i tracciati radar della base aerea di Solenzara, in Corsica. Gli fu detto di mentire, di riferire agli italiani che il radar quella notte era in manutenzione e che nella base le attività di volo erano state sospese alle 17. Un ex maresciallo dell’Aeronautica militare italiana, Mario Sardu, quella notte responsabile del sistema radar di Marsala, ripete a Giletti di aver visto le tracce di aerei Nato in volo nei cieli di Ustica.
Un imprenditore in vacanza in Calabria, Antenore Masciari, racconta di aver visto, la sera del 27 giugno due aerei sopra la Sila che si inseguivano. “Ho visto come dei lampi, uno che sparava all’altro”. Filippo Di Benedetto, che nel 1980 era caporale di leva, ripete di essere stato mandato con altri militari, il 28 giugno, a presidiare un aereo militare libico caduto sulla Sila. Il pilota, morto, era dentro l’abitacolo. Poi il corpo sparì e fu ritrovato il 18 luglio. Così si impedì di collegare quel Mig libico caduto alla battaglia aerea del 27 giugno nei cieli di Ustica. Uno dei filmati inediti mostra il fondale del mare di Ustica, dove sono visibili alcuni solchi: l’ipotesi è che qualcuno sia arrivato in segreto prima della missione ufficiale a portar via i resti di un caccia Usa precipitato insieme al Dc-9.
Sono tutti tasselli che rafforzano l’ipotesi che la caduta del Dc-9 fu provocata da un missile lanciato da un aereo Nato, lanciato per colpire un aereo libico (forse nella speranza di uccidere Gheddafi), oppure da una collisione del Dc-9 con un aereo militare. Sono anche elementi che smentiscono tutti la tesi della “bomba a bordo”, sostenuta dai vertici dell’Aeronautica militare italiana perché toglie ogni responsabilità ai militari italiani e ai comandi Nato.