In principio ci furono i jeans – se la vittima li indossava lo stupro sarebbe stato impossibile – verdetto poi annullato dalla Cassazione: poi ci “fu la tempesta emotiva – con lo sconto all’imputato – e anche questa decisione fu “cassata”. All’elenco delle motivazioni assurde o che lo sembrano ma che hanno la costante di avere una donna come vittima, se ne è aggiunta un’altra. Quella che ha stabilito che 20 secondi per reagire a una violenza sessuale sarebbero troppi. Come nei precedenti casi a metterci una pezza potrebbe essere la Cassazione a cui verrà fatto ricorso.
Ricorso in Cassazione – Il verdetto che sarà sottoposto al vaglio degli ermellini è quello emesso dalla Corte d’Appello di Milano e che già viene bollata dall’Associazione Differenza Donna come un passo “indietro di 30 anni” nella storia della giurisprudenza. I giudici hanno assolto anche in secondo grado un ex sindacalista della Cisl in servizio a Malpensa all’epoca dei fatti che era accusato di violenza sessuale nei confronti di una hostess che a lui si era rivolto nel marzo 2018 per una vertenza sindacale.
La sentenza di primo grado – È stata di fatto confermata la sentenza pronunciata dal tribunale di Busto Arsizio (Varese) nel 2022. In primo grado il presidente del collegio Nicoletta Guerrero spiegò, dopo il verdetto di assoluzione, che “la vittima è stata creduta” ma che non era stata raggiunta la prova in dibattimento su quanto denunciato dalla hostess. La Corte d’Appello di Milano ha rigettato il ricorso presentato dalla Procura – la pm di Busto Martina Melita all’epoca aveva chiesto due anni – e da Maria Teresa Manente, responsabile dell’ufficio legale dell’associazione Differenza Donna a cui la donna si era rivolta.
“Sentenza che ci riporta indietro di 30 anni” – La seconda assoluzione, così come accaduto in primo grado, ha sollevato l’indignazione di Manente: “Faremo ricorso in Cassazione – ha assicurato – perché questa sentenza ci riporta indietro di 30 anni e rinnega tutta la giurisprudenza di Cassazione che da oltre dieci anni afferma che un atto sessuale, compiuto in maniera repentina, subdola, improvvisa senza accertarsi del consenso della donna è reato di violenza sessuale e come tale va giudicato”. Secondo la legale, “questa vicenda giudiziaria evidenzia ancora una volta l’urgenza di una riforma della norma prevista dall’articolo 609 bis del Codice Penale che definisca in maniera chiara che il reato di stupro è qualsiasi atto sessuale compiuto senza il consenso della donna (il cui dissenso è sempre presunto) così come previsto dalla Convenzione di Istanbul”.
La motivazione – Per i giudici di secondo grado quei 20 secondi di passività sarebbero bastati “a non dare prova del dissenso della hostess“. Senza considerare che una persona aggredita sessualmente può essere bloccata dal panico e dalla paura, può essere incapace di reagire perché sorpresa, intimidita o timorosa di subire anche qualcosa di più grave. “L’attuale legge, unitamente ad un giurisprudenza non specializzata, favorisce la vittimizzazione secondaria delle donne che denunciano e ciò – ha concluso Manente – è inaccettabile”.
Le reazioni – “Solidarietà e vicinanza all’assistente di volo” è stata espressa anche da Michela Cicculli, Presidente della Commissione capitolina Pari Opportunità. “Questa è vittimizzazione secondaria e dobbiamo fermarla -aggiunge- venti secondi di attesa non possono decidere delle nostre vite perché sulle nostre vite decidiamo noi”.
“Il caso di Milano va spiegato, noi vogliamo capire se c’è qualcosa che non è stato detto, perché così come ci viene presentata questa sentenza appare una follia. Venti secondi troppi per dire no? Se il giudice lo ha scritto e ha stabilito l’innocenza di un uomo su questa base allora non saremmo solo di fronte ad un macro-caso di ingiustizia ma – dice Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera – di un atto pubblico che alimenta l’immaginario della violenza maschile contro le donne”.
“L’assoluzione … è inaccettabile, un pugno sullo stomaco per tutte le donne vittime di violenza, una sentenza sulla quale dovrebbero indignarsi anche gli uomini. Definire troppi 20 secondi, il tempo che ha impiegato la vittima per reagire, è quanto di più disumano si possa sentire – dichiarano le esponenti del Movimento 5 Stelle nella Commissione bicamerale di inchiesta sul Femminicidio e la violenza di genere, Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino – La vittimizzazione secondaria cui viene sottoposta la donna in questa vicenda raggiunge un picco grave e pericoloso, che apre un precedente e rischia di lasciare impunito chi la violenza la commette.
Un atto sessuale compiuto in maniera repentina, subdola, improvvisa senza il consenso della donna che lo subisce è reato di violenza sessuale e come tale va giudicato. Se avessimo una definizione univoca di consenso esplicito, grave lacuna normativa non solo nel nostro Paese, forse non saremmo costretti a leggere simili aberranti notizie. Fondamentale poi l’educazione sessuale e affettiva – concludono le pentastellate – non solo per arginare casi simili a questo, ma anche per rendere tutti i soggetti coinvolti, dagli operatori alle istituzioni, consapevoli, proattivi e di aiuto alle donne vittime di violenza, perché così, come in questo caso, rischiano di diventare anche loro ‘complici’. Su questo continueremo a fare battaglia”.
“Stabilire che 20 secondi sono troppi per reagire a una molestia è un insulto a tutte le donne vittime e un grave segnale di regresso nella lotta alla violenza di genere”. afferma in una nota la senatrice di Italia Viva, Daniela Sbrollini, vice presidente della Commissione Affari Sociali del Senato e capogruppo in Commissione Femminicidio. “Siamo di fronte, tra l’altro, ad abusi acclarati. Nonostante questo, ben due tribunali, quello penale di Busto Arsizio e quello di appello di Milano, concordano su questa interpretazione e hanno assolto l’imputato dall’accusa di violenza sessuale. Questo significa che forse esiste un problema normativo, legato alla definizione di consenso esplicito. È necessario – conclude Sbrollini – che i magistrati spieghino meglio la loro decisione, e che la politica si interroghi e eventualmente intervenga da un punto di vista legislativo, perché simili sentenze sono francamente agghiaccianti“.