Della serie, italiani all’estero. Di nuovo. Roberto De Zerbi ha aspettato l’Italia, ma la chiamata non è arrivata. Poteva esserci il Milan, niente. Poteva esserci il Napoli, niente. Più voci che contatti reali, così l’agente dell’ex allenatore del Brighton si è attivato e ha trovato un accordo con il Marsiglia. Un po’ a sorpresa, a dire il vero, anche perché il salto che De Zerbi avrebbe sperato non è arrivato. Almeno sulla carta. Certo, i francesi per convincerlo hanno messo sul piatto soldi (tanti) e una durata di tre anni. E starà a lui il compito di ricostruire una squadra che negli ultimi mesi ha vissuto momenti veramente complicati. Con una proprietà che, peraltro, se non di origine, almeno di appartenenza può dirsi proprio italiana.

Bisogna partire dal presidente del club: Pablo Longoria. Era stato osservatore dell’Atalanta e direttore dell’Area Scouting del Sassuolo, prima di passare alla Juventus. Qui, lo spagnolo era cresciuto all’ombra di Marotta e Paratici, per poi passare al Valencia come ds nel 2018 e al Marsiglia nel 2019. Dove ha vissuto pochi alti e molti bassi, tra cui una pesantissima contestazione lo scorso anno, che lo aveva portato quasi ad abbandonare tutto. E invece, da ds è diventato a sorpresa presidente. A differenza del suo braccio destro, Ribalta, che dopo aver lavorato con lui alla Juventus lo aveva raggiunto in Francia salvo poi dimettersi per le contestazioni di cui sopra. Il nuovo direttore sportivo? Ora è Benatia, altra conoscenza del calcio italiano.

Quasi come a dire che De Zerbi giochi in casa. Solo che prima di lui, a Marsiglia è successo ad altri allenatori “italiani”, ma con fortune alterne. È andata bene per esempio a Tudor, che dopo l’annata positiva a Verona aveva accettato la proposta marsigliese: è rimasto sulla panchina per tutta la stagione 2022/2023, raggiungendo un terzo posto importante e in linea con gli investimenti. Poi, la separazione per divergenze e per questioni economiche. E infatti, gli investimenti sono mancati l’anno successivo (cioè lo scorso), così come la continuità: tre allenatori diversi (tra cui Gattuso, senza però spiccare), la contestazione pesantissima già raccontata e le ceneri da cui ricostruire. Con De Zerbi.

Una sfida. Non quella che si aspettava quando aveva deciso di lasciare la Premier. Ma quella che si è trovata e che potrebbe permettergli di rilanciarsi dopo un’annata partita bene, ma terminata all’undicesimo posto in classifica. Aspettando una chiamata dall’Italia, quella “vera”, che al momento l’ha messo in panchina. Quella metaforica.

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