Politica

Oggi incolpano Monti e riabilitano Berlusconi. Eppure il suo era un governo allo sbando

di Leonardo Botta

Lo spettro di un vampiro si aggira tra le cronache di economia e finanza di questi giorni. È quello di Mario Monti, che tutti oggi dipingono come un’implacabile sanguisuga grazie all’Imposta Municipale Propria (Imu) varata dal suo governo nel 2012, appena insediatosi in sostituzione di quello di Berlusconi, scappato nottetempo da Palazzo Chigi sotto i colpi dello spread che aveva raggiunto lo stratosferico livello di 575 punti base.

Gli economisti da carta stampata e da social segnalano impietosamente che l’Imu “di Monti” è già costata agli italiani 300 miliardi di euro. Tutto corretto. Ma la domanda è: “dov’è la novità?” L’imposta sulla casa nasce ben prima dell’avvento di Monti, nel lontano 1992, anno in cui fu introdotta l’Isi, Imposta Straordinaria sugli Immobili. Trattavasi appunto di imposta straordinaria, cioè una tantum. Ma si sa in Italia come le cose vanno a finire: non c’è nulla di provvisorio che presto o tardi non diventi definitivo.

E giova forse ricordare che quella era l’Italia che usciva dallo Sme, che svalutava la nostra “gloriosa” liretta un giorno sì e l’altro pure; fino a quando il presidente del Consiglio Giuliano Amato, non sapendo a quale santo votarsi per trovare soldi che evitassero la bancarotta, prelevò forzosamente, di notte, il 6 per mille dai conti correnti di tutti gli italiani. Di lì a poco arrivò lo tsunami “tangentopoli”, e fu peggio che andar di notte (e intanto toccò a Carlo Azeglio Ciampi salvare l’Italia da Palazzo Chigi).

Tornando all’imposta sugli immobili, ricordo a me stesso che l’Isi fu poi sostituita dall’Ici, dove la “C” sta per comunale: infatti l’imposta fu destinata ai comuni per sostenere i loro bilanci sempre in affanno. Quindi, in buona sostanza, quella di Monti del 2012 fu semplicemente un’operazione di riorganizzazione dell’imposta, dovendo altresì fare leva, purtroppo, su un maggior gettito per tappare i buchi di bilancio che c’aveva lasciato l’esecutivo Berlusconi. Certo, va ricordato che lo stesso Berlusconi prima e Renzi dopo lavorarono per l’esenzione Ici-Imu sull’abitazione principale: buon per noi.

In tutto ciò, la furba narrazione che circola in questi giorni avrebbe a mio avviso lo scopo di riabilitare le fallimentari politiche dell’ultimo governo Berlusconi III-IV (di cui, ricordo, facevano parte anche la Lega e financo l’attuale premier Meloni), in carica dal 2008 fino al novembre 2011. Un governo nato con lo squillo di mille trombettieri, che prometteva di consegnare agli italiani un paese più ricco dell’Eldorado: ricordate le promesse delle sole tre aliquote fiscali, un embrione di quello che sarebbe diventato negli anni successivi il tormentone della flat tax?

Bene, neanche il tempo di insediarsi e Berlusconi ci rifilò il primo paccotto: con la fisima di voler salvaguardare l’italianità della nostra compagnia di bandiera aerea, mandò a rotoli l’accordo del precedente premier Prodi con Airfrance per la vendita di Alitalia, tirando in ballo 200 fantomatici italiani valorosi (tra cui i suoi stessi figli) che avrebbero patriotticamente salvato la compagnia. Ciò che successe dopo è sotto gli occhi di tutti: un’agonia che si è protratta per decenni, drenando fiumi di denaro dalle casse dello Stato di cui si è perso il conto, in nome di un accanimento terapeutico che mi fa venire in mente il famoso detto: “l’intervento è riuscito, ma il paziente è morto”; infatti Ita, ciò che resta di Alitalia, sarà presto venduta a Lufthansa, e amen.

Delle tre aliquote fiscali promesse da Berlusconi, ovviamente, non si vide nemmeno l’ombra. Ciò che gli italiani videro bene fu, invece, un governo allo sbando, nonostante fosse nato con una maggioranza bulgara e teoricamente inattaccabile. Arrivarono gli scandali sessuali del cavaliere, i soliti conflitti d’interesse, le accuse di frode fiscale (successivamente confermate con una condanna penale passata in giudicato) e la guerra intestina con l’alleato Gianfranco Fini.

E mentre B. si vantava dei ristoranti pieni in Italia, operazioni di speculazione finanziaria internazionale (secondo i maligni non avversata da Francia e Germania) si accanirono contro di noi e misero in ginocchio il nostro paese; a nulla valsero le manovre lacrime e sangue, e persino l’anticipo del pareggio di bilancio, varati nell’estate 2011 da Tremonti sulla scorta delle raccomandazioni della Bce, del Fondo Monetario Internazionale e delle agenzie di rating.

Ma tutto ciò, tutte le inefficienze, anzi i disastri dei governi di centro-destra dell’epoca sono finiti nel dimenticatoio; e oggi, mentre a Berlusconi dedicano piazze e francobolli commemorativi, gli italiani ricordano un solo aguzzino: Mario Monti; peccato che il suo governo fosse stato votato e le sue manovre sostenute da tutti i partiti (fatta eccezione la Lega); e che nessun partito aveva voluto sputtanarsi col lavoro sporco fornendo qualche ministro o sottosegretario a quel governo tecnico.

E a chi da anni ormai ci promette un giorno sì e l’altro pure di sopprimere l’odiata Imu di Monti, abrogare la legge Fornero sulle pensioni, eliminare tutte le accise sui carburanti (e magari “sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno”), rispondo che non vedo l’ora. Spero solo di non morire prima.

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