A tre giorni dall’omicidio di Christopher Thomas Luciani, il 17enne di Rosciano ucciso domenica pomeriggio con 25 coltellate in un parco del centro di Pescara, continuano ad emergere nuovi dettagli sul delitto, per un gruppo di ragazzi è indagato per omicidio. Tra questi, figura anche il figlio di un colonnello dei carabinieri, che ora è combattuto tra il ruolo di genitore e quello di tutore della legge: “Non solo non mi assolvo come padre, ma dico che qui nessun adulto può assolversi davvero. E dico che forse è peggio di come la state rappresentando voi“, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera. Il giovane, testimone oculare dell’accaduto, ha fornito informazioni cruciali agli inquirenti, contribuendo al ritrovamento del corpo della vittima. La sua posizione è attualmente al vaglio della squadra mobile di Pescara, che dovrà valutare il suo coinvolgimento nella vicenda.

“Vorrei che mio figlio vivesse migliorando la sua vita da ora in avanti. Desidero che tenga presente nel tempo cosa è accaduto, che abbia vivo il ricordo del ragazzo che ha visto morire e che ne sia all’altezza”, ha spiegato il colonnello, riflettendo poi sul ruolo dei genitori nel monitorare le frequentazioni dei figli: “Gli chiedevo dove andasse e cosa facesse, chi erano i suoi amici e come impiegassero il tempo. La risposta era rassicurante e per certi versi ingannevole. Mi diceva ‘esco con il mio amico, figlio di un avvocato’ oppure ‘mi vedo con quell’altro, figlio di un tuo collega’. Avrei dovuto indagare più a fondo? Avrei dovuto non accontentarmi?”.

La vicenda ha riacceso il dibattito sul ruolo dei social media e dei cellulari nel condizionare i comportamenti dei giovani, ma il carabiniere ha invitato alla cautela nel trarre conclusioni affrettate, sottolineando la complessità della situazione: “Non ci sono certezze anche qui. Non è il momento di giudicare è il momento di comprendere“. Quindi il colonnello ha concluso l’intervista con un appello ai media: “Posso solo sperare che chi fa quel lavoro, chi informa, sappia trovare la delicatezza che occorre per testimoniare una storia tanto triste”.

L’indagine è ancora in corso e gli inquirenti stanno cercando di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti e le responsabilità dei singoli individui coinvolti. Il racconto di uno dei testimoni è agghiacciante per il distacco con cui vengono esposti i dettagli: “Non abbiamo pensato a chiamare nessuno, né polizia né ambulanza“, ha detto un ragazzo molto vicino ad uno dei due 16enni sottoposti a fermo, che domenica pomeriggio era nel parco Baden Powell di Pescara durante gli attimi in cui è stato ucciso Christopher Thomas Luciani. Una testimonianza che conferma come il gruppetto di 16enni, nonostante fosse a conoscenza dell’accaduto, abbia lasciato il parco, mentre il corpo di Thomas giaceva tra le sterpaglie, per andare al mare “in tranquillità”. Nelle sue dichiarazioni, il giovane ha sottolineato che, dopo i fatti, quando il testimone chiave “è tornato indietro, ci ha detto che li ragazzo era morto”. Poi dalla vegetazione sono usciti i due 16enni ora sottoposti a fermo. A quel punto, ha aggiunto, “siamo andati in tranquillità al mare”. “Al mare – ha detto ancora – hanno raccontato in sintesi quello che è successo. So che hanno dato delle coltellate. E’ questo quello che so”. Il ragazzo ha sottolineato anche che uno dei due giovani sottoposti a fermo “aveva una pistola. Me l’ha fatta vedere dopo che era finito tutto. Ce l’aveva in tasca. Non so come ce l’avesse. Mi ha detto che era scarica, senza colpi”.

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Gli scatti dell’omicidio di Pescara: l’incontro al parco e il selfie dopo il delitto di Thomas Luciani. I due 16enni restano in carcere

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