“Tutte le prove disponibili suggeriscono che l’individuo CN-46700 probabilmente aveva la sindrome di Down, che è la malattia genetica umana più comune ed è presente anche nelle grandi scimmie”. L’individuo in questione era un bimbo o una bimba di sei anni i cui resti sono stati analizzati da antropologi delle università spagnole di Alcalá e di Valencia e un team multidisciplinare internazionale che include anche docenti della Binghamton University – State University of New York, Usa. Gli scienziati, come si legge nello studio su Science Advances, hanno mostrato come i Neanderthal non si prendessero cura soltanto di chi poteva ricambiare, ma anche di un componente giovanissimo e fragile che aveva bisogno di grande cura attenzione.
Il fossile CN-46700, come spiega l’Adnkronosm, è stato trovato a Cova Negra, una grotta a Valencia, in Spagna. I bioarcheologi ritengono si tratti del primo caso di sindrome di Down nei Neanderthal documentato finora. Il bambino o la bambina – pur con una grave disabilità, i cui segni emergono dal reperto analizzato – visse fino ad almeno 6 anni d’età, una longevità insolita per quei tempi. L’idea degli esperti che firmano la ricerca è che questa comunità di ominidi era in grado di fornire cure altruistiche a un membro vulnerabile del proprio gruppo sociale. “Gli scavi di Cova Negra sono stati fondamentali per comprendere il modo di vivere dei Neandertal lungo la costa mediterranea della penisola iberica e hanno permesso di definire le occupazioni dell’insediamento: di breve durata temporale e con un numero limitato di individui, alternati alla presenza di carnivori”, spiega Valentín Villaverde, professore di Preistoria dell’Università di Valencia.
I ricercatori hanno effettuato scansioni tomografiche microcomputerizzate di un piccolo frammento cranico dell’osso temporale destro, contenente la regione dell’orecchio, per ricostruire un modello tridimensionale e procedere con misurazioni e analisi. Il piccolo o la piccola soffriva di una patologia congenita dell’orecchio interno, un’anomalia che viene associata alla sindrome di Down e che produceva grave perdita dell’udito e vertigini invalidanti. Per sopravvivere fino ad almeno 6 anni d’età, come stimato, questo piccolo componente della comunità deve aver avuto bisogno di cure estese da parte di altri membri del suo gruppo sociale che hanno supportato la mamma in questa attività impegnativa.
“Si tratta di uno studio fantastico, che combina rigorosi scavi archeologici, moderne tecniche di imaging medico e criteri diagnostici per documentare per la prima volta la sindrome di Down in un individuo di Neanderthal. I risultati hanno implicazioni significative per la nostra comprensione del loro comportamento”, assicura Rolf Quam, professore di Antropologia dell’Università di Binghamton. I casi più antichi di sindrome di Down nella nostra specie sono stati documentati in 5 casi di persone appartenenti a popolazioni preistoriche (dal 400 a.C. al 3629 a.C.). Nessuno di questi è sopravvissuto oltre i 16 mesi di vita extrauterina, analizzano gli esperti nello studio.