di Ciro Amante, odontoiatra, e Sara Gandini, epidemiologa
Finalmente, le intenzioni sono state svelate: il Servizio Sanitario Nazionale doveva essere smantellato e la pandemia ha rappresentato un’occasione propizia per procedere in tal senso. L’approvazione dell’autonomia differenziata da parte della Camera dei Deputati fa sì che le entrate finanziarie saranno raccolte e utilizzate esclusivamente all’interno della stessa regione, non più distribuite a livello nazionale. In sintesi, solo le Regioni ricche saranno in grado di fornire cure adeguate, mentre le altre saranno lasciate a se stesse. Di fatto, il Sud diventerà un mero cliente del Nord. Questo processo porterà a un aumento delle disuguaglianze sociali e sanitarie nel paese, con conseguente incremento della mortalità per tutte le cause, come già accade negli Stati Uniti.
Le risorse necessarie per l’assistenza sanitaria dipenderanno dalla capacità fiscale specifica di ogni territorio, piuttosto che dalle effettive esigenze sanitarie della popolazione, e mancherà un meccanismo che tenga conto del principio di solidarietà, elemento essenziale per un paese realmente democratico, e che possa minimamente mitigare e prevenire le disuguaglianze. “Senza criteri veramente solidali e centralizzati, considerando tutte le debolezze mostrate dalle regioni nella gestione della pandemia da Covid, le risorse pubbliche per i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero le entrate regionali e le integrazioni statali, non saranno in grado di soddisfare i bisogni sanitari differenziali della popolazione”, dichiara Pina Onotri, Segretaria Generale del Sindacato Medici Italiani (SMI).
Il rischio evidente è che non possa essere garantito l’accesso uniforme alle prestazioni sanitarie e alla tutela della salute in tutto il Paese, contravvenendo a quanto previsto dall’articolo 32 della Costituzione. La decisione politica di affidare il contrasto alla sindemia a 23 diversi centri di potere regionale e provinciale è stato il vero segnale che nulla sarebbe cambiato e che tutti i soggetti politici erano e sono per il disegno pluridecennale di smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale così come lo abbiamo conosciuto e così come era il più aderente possibile al dettato costituzionale.
La pandemia Covid-19 è stata rinominata sindemia da Horton, il caporedattore di The Lancet, per sottolineare che Sars-cov2 non colpiva tutti allo stesso modo ma la malattia sarebbe stata più grave per quelle categorie sociali che soffrivano di altre patologie, per mancanza di prevenzione e cure precoci, quelle categorie che contribuiscono a mantenere la mortalità elevata nonostante siamo in una fase endemica, quelle categorie che soffriranno maggiormente le conseguenze di questa riforma. Saranno le fasce popolari più disagiate a pagare i costi di questa legge radicalmente iniqua, così come hanno pagato più pesantemente le conseguenze della gestione della sindemia.
L’allarme di una deriva fascista e iperliberista imminente in realtà avrebbe dovuto essere lanciato quando la sinistra al governo sfregiava la Costituzione [modifica titolo V] aderendo pienamente al disegno liberista, quella stessa sinistra che iniziava l’opera di distruzione della scuola pubblica e del Servizio sanitario nazionale inserendo il pareggio di bilancio in costituzione. Le battaglie ex post degli attuali partiti di opposizione lasciano l’amaro in bocca e instillano il dubbio che siano fatte consapevolmente fuori tempo massimo. Saprà l’attuale opposizione, che fino a ieri era parte del processo di attuazione dell’autonomia differenziata, rendere credibile ed efficace il suo cambio di rotta?
Il rischio è che più di mezza Italia sarà condannata definitivamente e legalmente al sottosviluppo e alla discriminazione territoriale. Infatti già ora, nonostante i LEA, al sud si muore 2 anni prima che al nord e cosa ancor più grave si vive in buona salute 4 anni in meno che al nord (60 al sud, 64 al nord del paese). Nel 2022 l’aspettativa di vita alla nascita era 84 anni nella Provincia autonoma di Trento e tre anni in meno (81 anni) in Campania, e in tutte le otto regioni del Mezzogiorno l’aspettativa di vita è inferiore alla media nazionale. Di più, il sud con i noti viaggi della speranza verso gli ospedali del nord paga quote di buona salute per i cittadini delle regioni più ricche. Nel 2021 su € 4,25 miliardi di valore della mobilità sanitaria, la stragrande maggioranza della mobilità attiva (93%) si concentra nelle regioni più ricche (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto) mentre per larga parte il saldo passivo grava sulle regioni del sud (Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo per il 76,9%).
L’autonomia differenziata di fatto provocherà il collasso del sistema sanitario nazionale, già messo pesantemente in crisi dalla gestione della sindemia, causando una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti. L’unica battaglia che adesso varrebbe la pena fosse combattuta da tutti i cittadini italiani senza distinzioni territoriali è la cancellazione del pareggio di bilancio per i fondi del Servizio Sanitario Nazionale, battaglia da fare in Europa e in Italia.