Gli slot di Ita sono di Ita oppure no? Alla vigilia delle nozze della compagnia di Stato con Lufthansa, la questione è tutt’altro che secondaria, visto che il matrimonio si fonda proprio sui diritti di atterraggio e decollo in mano alle due compagnie: sono stati per un anno sul tavolo della Commissaria europea alla Concorrenza che li ha pesati, valutati e ha disposto una meticolosa ridistribuzione dei permessi della ex Alitalia, senza la quale il matrimonio atteso a giorni, non si sarebbe potuto fare. Nonostante la loro centralità nella partita italo tedesca sui cieli d’Europa, l’attenzione di Margrethe Vestager per gli slot di Ita non è arrivata fino al nodo della loro titolarità. Eppure il tema le è stato più volte sottoposto dal sindacato di base Cub, che le ha scritto diverse lettere in merito senza ricevere risposte sostanziali. Invece secondo il giudice del Lavoro del Tribunale di Roma, Tiziana Orru, la questione è più che sostanziale: in base alle leggi comunitarie, dice, Ita non può aver comprato gli slot senza tutto il ramo d’azienda di Alitalia attinente al volo (Aviation), personale incluso. Il caso, sostiene, non è previsto dalla normativa, seguendo la logica della quale viene da pensare che se Ita non ha comprato tutto il ramo d’azienda Aviation di Alitalia, non ne ha comprato neanche gli slot. Oibò, com’è possibile?

‘L’unica ipotesi che avrebbe legittimato l’acquisizione da parte di Ita S.p.A. degli slots di Alitalia S.p.A. è quella della “acquisizione totale o parziale” che, come visto, consente lo spostamento delle bande orarie “direttamente connesse con il vettore aereo acquisito”’, si legge nell’ordinanza con cui, il 18 giugno scorso, Orru ha sottoposto alla Consulta il vaglio della Costituzionalità del decreto che, a fine 2023, ha blindato ex post il passaggio dei beni del ramo Aviation di Alitalia in Ita senza i suoi addetti, i quali giovedì 27 giugno saranno in presidio davanti al ministero dell’Economia, azionista unico di Ita. Ebbene uno degli assunti su cui si è basato il mancato travaso dei lavoratori da Alitalia a Ita – l’oggetto del contendere al centro dell’ordinanza – è il fatto che, secondo l’azienda, il ramo Aviation è stato liquidato a tutela degli interessi dei creditori e non venduto dopo averne tutelato la continuità. Tuttavia i fatti, oltre ai contratti, dicono tra il resto che gli slot sono passati da una compagnia all’altra senza che nessuno abbia avuto da ridire. Eppure la più recente disciplina comunitaria, nota Orru, prevede “la possibilità di trasferimento senza limiti di slot da un vettore ad un altro, qualora si tratti di società madre e affiliata o tra società affiliate della stessa società controllante, oppure nei casi di acquisto della maggioranza del capitale sociale, ovvero in quelli di acquisizione totale o parziale di azienda, quando le bande orarie siano direttamente connesse con il vettore aereo acquisito”.

Quindi, sempre secondo il giudice del Lavoro, quello che è avvenuto tra Alitalia e Ita è “a ben vedere una ipotesi di trasferimento che, secondo la normativa europea è consentita solo in caso di trasferimento di azienda o di un suo ramo”. E “non ricorre né l’ipotesi del trasferimento infragruppo né quella dello scambio tra vettori aerei distinti posto che – circostanza pacifica in giudizio – Alitalia S.p.A., a decorrere dal 15 ottobre 2021, ha interrotto qualsivoglia attività riconducibile al ramo Aviation e la convenuta (Ita, ndr), prima del 15 ottobre 2021, non svolgeva alcun tipo di attività di trasporto aereo”. In altre parole, seguendo il filo del ragionamento del giudice Orru, il governo italiano quando ha aperto Ita avrebbe dovuto scegliere tra la ricchezza derivata dal possesso degli slot, che erano il tesoro di Alitalia e quella proveniente dal risparmio sul costo del lavoro. E, paradossalmente, ha finito con il comprare gli slot senza chiarire i criteri utilizzati per valutarli, mentre ha chiaramente lasciato a casa quasi 2.500 persone, con un rischio di contenzioso che si è subito concretizzato. Così come l’esborso per la cassa integrazione degli interessati e l’integrazione della maggior parte del loro salario a carico del fondo di solidarietà per il trasporto aereo volo, che viene alimentato da datori e lavoratori del settore, ma anche da metà dell’incasso dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco. Senza contare la possibilità che qualcuno, prima o poi, bussi alla porta della Corte di Giustizia Ue.

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