Dunque, l’Europa democratica ha “segato” l’Italietta meloniana, perché se da noi l’opinione pubblica è imbrogliata costantemente dalla martellante disinformazione di regime (che altro è questo governo, se non una riedizione aggiornata al tempo di Internet del corporativismo fascista?), altrove non ci si fa ingannare da propaganda e da impreparazione (la mediocrità dei ministri italiani è oggetto di scherno internazionale…), o dalle sceneggiate che tanto piacciono alla nostra premier. Giocare su due o tre tavoli (flirtare con Ursula von der Leyen, governare con Salvini alleatissimo della Le Pen, ribadire l’amicizia con Orban, mostrarsi in sollucchero con Modi o il primo ministro britannico Rishi Sunak fortemente Brexit….) indica furbizia da mercati rionali e meschinità ricattatrici, nell’attuale diplomazia invece è sinonimo soprattutto di inaffidabilità e di infingardaggine.

Tutto ciò ha un riflesso sui conti economici di un Paese già mal guidato: spread che ricomincia a salire, Bruxelles che sui soldi Pnrr vuol vederci meglio, Mes bloccato per ripicca che comporta inevitabili ritorsioni, controlli sempre più severi sugli aiuti alla nostra agricoltura, progressiva emarginazione politica dell’Italietta. Questo, a grosse linee. Un contesto che tuttavia dovrebbe insospettirci: perché è la logica conclusione di un disegno ben preciso, questo sì e nemmeno tanto occulto: trascinare l’Italietta fuori dall’Unione Europea, con la scusa che i “poteri forti” di Bruxelles hanno deciso di ridimensionare il ruolo e la gerarchia del nostro Paese, a tal punto da renderlo ininfluente nelle decisioni che contano. Facile quindi attizzare il fuoco vittimistico tanto caro agli anti Euro, e preparare Roma ad un referendum, come successe in Gran Bretagna, per uscire dall’Unione. Populismo a forza tutta. Sovranismo. Putinismo.

Il percorso prevede premierato, ridimensionamento della Presidenza della Repubblica, svilimento della Costituzione, trionfo delle corporazioni, dell’evasione fiscale già coccolata e viziata da decine di condoni, umiliazione della società civile, sbrindellamento dei diritti faticosamente conquistati negli anni Settanta ed Ottanta, libertà d’informazione addomesticata, istruzione pubblica dapprima depauperata e poi svenduta, sanità sbocconcellata, autonomie differenziate che trasformeranno il Paese in potentati locali guidati da cacicchi e dalle mafie che li hanno appoggiati.

A quelli come me che se ne occuparono a suo tempo, appare come la vittoria della P2, delle destre e della Piovra, e di tutti coloro che con ogni mezzo a disposizione – a cominciare dall’irruzione nella politica di Berlusconi, già membro piduista, e del suo impero mediatico – hanno lentamente minato le fondamenta democratiche del nostro Paese, attaccandone le libertà basiche e alimentando la sfiducia nelle istituzioni. Non solo: ingigantendo a dismisura insicurezza e paure (violenze, criminalità ed immigrazione) che sono esagerate rispetto alla realtà degli stessi dati dei vari ministeri che se ne occupano. Una strategia comune a tutte le destre europee, per conquistare il potere e soggiogare gli Stati.

Le generazioni che vissero i fascismi ed il nazismo sono ormai scomparse, la memoria e la Storia costantemente vengono vilipese e contraffatte, la menzogna e l’omissione sono ormai le cifre sempre più ricorrenti sia nella comunicazione di massa sia in quella governativa, favorite dalla litigiosità delle opposizioni (il dubbio che tra di esse vi siano provocatori prezzolati è lecito, altrimenti non si spiegherebbero certe prese di posizione che favoriscono oggettivamente la destra) e da una sinistra che solo ora comincia a capire i disagi, le rabbie e il senso d’abbandono dei ceti medi, della piccola borghesia (peraltro storicamente bastione delle forze conservatrici), dei cattolici anti aborto anti divorzio, della classe operaia che spera sempre di andare in paradiso e crede a chi glielo promette ed oggi chi glielo promette sta a destra, ben sapendo di non poterlo fare.

In un Paese dove un italiano su due legge a malapena un libro, dove l’analfabetismo di ritorno è attorno al 12-15 per cento, dove la cultura è disprezzata (per forza: da sempre è nemica degli “ismi”), dove l’opportunismo è regola di vita, dove la religione è strumentalizzata dalla politica (altro che laicità…), dove gli imprenditori mungono le risorse dello Stato per intascarle e, raramente, per investire; dove i giovani, se non hanno genitori benestanti, professionisti, o in politica, sono costretti ad impieghi malamente remunerati e costretti ad andarsene via (peraltro, come ha dimostrato il voto degli studenti fuori sede, nella stragrande maggioranza antigovernativi proprio perché consapevoli dell’inettitudine di chi comanda) non senza il sospetto che questa diaspora faccia comodo perché ci si libera di probabili ostili elettori… insomma, in un Paese che sta invecchiando troppo e male, c’è chi si prepara a rovinarlo per sempre, ad “argentinizzarlo”, a farne una repubblica delle banane, a metterci sul fronte dei Paesi dove l’illibertà, la democratura e le verticali del potere imbavagliano opinioni, pensieri, diritti, progresso.

Fin che avrò fiato (e vita) continuerò a battermi perché ciò non avvenga. Raccontare per… raccontare.

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