Anna Maria Cisint ha perso la sua crociata. La sindaca leghista di Monfalcone si è costruita l’immagine ed è riuscita a farsi eleggere al Parlamento europeo grazie a una tambureggiante campagna contro le moschee, accusando più volte la comunità islamica – assai numerosa in città – di non rispettare le norme urbanistiche e chiudendo con questa giustificazione i loro luoghi di culto. Adesso che Cisint è stata eletta a Bruxelles con quarantamila preferenze, si scopre che a sbagliare non erano i fedeli dell’Islam, ma il Comune da lei governato, che ha anche sborsato 114mila euro di spese legali in pochi mesi. La prima sezione del Tar del Friuli-Venezia Giulia (presidente Carlo Modica de Mohac, estensore Daniele Busico) ha accolto il ricorso del Centro culturale islamico Darus Salaam, assistito dall’avvocato Vincenzo Latorraca. Le moschee, si legge, non andavano chiuse, perché non avevano violato le norme e le motivazioni addotte dall’ente pubblico erano comunque generiche e insufficienti. “È errato l’assunto su cui poggia l’ordinanza quando si afferma che la nuova destinazione d’uso è incompatibile con la zona nella quale è ubicato l’immobile. Dall’altro lato, è rimasto ampiamente indimostrato che la modifica abbia inciso sugli standard urbanistici”, scrivono i giudici.

Il provvedimento della sindaca, esteso a una seconda moschea e a un terzo luogo di culto all’aperto, aveva avviato un braccio di ferro con eco nazionale a partire dalla fine dello scorso anno. Cisint aveva disposto le chiusure nel contesto di un continuo attacco all’Islam, scatenando un putiferio: le comunità non avevano potuto pregare durante il mese sacro del Ramadan, nonostante un pronunciamento provvisorio del Consiglio di Stato a favore della liberà di culto. Ora i giudici del Tar danno ragione al centro culturale sul nodo cruciale, ovvero il cambio di destinazione d’uso dei locali adibiti a moschea. “La previsione regionale richiede – per l’attivazione del potere repressivo comunale – la dimostrazione che la nuova destinazione d’uso sia vietata da parte dello strumento urbanistico oppure che essa incida sugli standard” in tema di gestione dei rifiuti, viabilita o sicurezza, mentre “non è sufficiente la pura e semplice constatazione della formale diversità tra l’uso indicato nel titolo e quello effettivamente esercitato, né che la variazione abbia comportato il passaggio tra categorie funzionali diverse”, si legge nella sentenza. Il Comune guidato da Cisint avrebbe dovuto provare, e non lo ha fatto, che vi sia stata una “variazione essenziale che incida sull’ordinato e armonioso uso del territorio”, oppure che “influisca effettivamente sul fabbisogno di dotazioni territoriali, di infrastrutture, servizi, attrezzature, spazi pubblici o di uso pubblico e di ogni altra opera di urbanizzazione e per la sostenibilità ambientale, paesaggistica, socio economica e territoriale”.

L’amministrazione, invece, secondo il Tar non ha nemmeno dimostrato che vi fosse una variazione essenziale d’uso: anzi, notano i giudici, lo strumento urbanistico ammetteva l’uso dell’immobile per “servizi e attrezzature collettive” tra cui “l’uso per il culto” indicato dai centri culturali e di preghiera. Secondo i giudici potrebbe essere incostituzionale relegare solo a determinate aree del territorio la possibilità di aprire centri di preghiera, come pretendeva l’ordinanza comunale. Il secondo errore del Comune è dato dall’istruttoria “lacunosa”, ovvero dalla spiegazione “generica” e insufficiente dell’aumento del carico urbanistico che le moschee avrebbero determinato. L’ordinanza di chiusura, infatti, dava per scontato che adibire i locali a centro religioso avrebbe determinato una maggiore esigenza di servizi e attrezzature pubbliche, senza però dimostrarlo. “Siamo soddisfatti soprattutto perchè il Tar ha detto che noi non viviamo nell’illegalità, non abbiamo infranto la legge. La sindaca Cisint ci ha accusato di aver fatto spendere soldi del Comune per le cause, adesso i giudici confermano che abbiamo fatto bene a chiedere la tutela dei nostri diritti”, ha commentato in conferenza stampa Bou Konatè, portavoce della comunità islamica.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

I giovani Fdi e le uscite antisemite – Chi è Elisa Segnini: nobile, “patriota” ed ex nazionale di scherma. Italiana? No, dominicana

next
Articolo Successivo

Tre donne e un manipolo di uomini, meno Lega e largo a Fratelli d’Italia che conquista 5 poltrone. Ecco la squadra del Cirio Bis

next