Due morti e un disperso in un giorno. Quella di oggi è stata una giornata nera per il mondo del lavoro. Una strage che non si ferma, anzi peggiora. E stando ai risultati diffusi dall’Inail, al 31 maggio 2024, le denunce di infortunio sul lavoro sono state 251.132 (+2% rispetto a maggio del 2023), mentre quelle in infortunio con esito mortale sono state 369 (+3,1%).

Il primo incidente è avvenuto questa mattina e ha coinvolto Claudio Togni, un operaio di 58 anni, dipendente della Italgen, che è precipitato nel fiume Adda mentre stava lavorando su un canale scolmatore dell’autostrada A4. Togni è finito nel fiume ed è stato portato via dalla corrente, con le attrezzature che indossava che, secondo quanto ricostruito, gli avrebbero impedito di rimanere a galla. Sul posto, immediati i soccorsi dei vigili del fuoco e dei sommozzatori che hanno subito attivato le ricerche, anche grazie all’utilizzo di droni. Attività che sono proseguite tutto il giorno e che riprenderanno non appena ci sarà luce. Ma saranno i carabinieri di Pioltello a dover chiarire le cause della caduta del 58enne, visto che Togni indossava un’imbracatura di sicurezza ma a quanto pare non ha funzionato, oppure era stata indossata in maniera non corretta.

Aveva solo 21 anni, invece, l’operaio morto a Canicattì, in provincia di Agrigento. Angelo Giardina – questo era il suo nome – era al lavoro in un capannone di un’impresa edile che produce manufatti in calcestruzzo. E stando a una prima ricostruzione, il giovane è stato travolto da un carrello elevatore che stava manovrando ed è rimasto schiacciato. Sul caso sta indagando la Procura di Agrigento che ha disposto il sequestro dell’area e procederà con gli ulteriori accertamenti.

La terza vittima è un suo coetaneo che ha perso la vita mentre si trovava su un mezzo agricolo nelle campagne di Pulcherini a Minturno, in provincia di Latina. Le cause sono ancora da accertare, ma stando a una prima ricostruzione dei fatti, il 21enne si è ribaltato con il trattore che stava guidando ed è morto schiacciato.

Dal ministero del Lavoro, nel frattempo, si sottolineano che i dati sulle denunce di infortunio dell’Inail – dove è emerso che l’incremento di quelle per incidenti mortali ha riguardato soprattutto i settori dell’industria, servizi e agricoltura – “restituiscono come ogni mese una fotografia puntuale ma provvisoria che andrà valutata nel suo complesso su un arco temporale più ampio”. “Rispetto ad altri Paesi europei – aggiungono – l’Italia applica norme e criteri molti larghi che hanno incluso per esempio i casi di Covid e mettono insieme nelle statistiche gli incidenti nei luoghi di lavoro e quelli nel tragitto da casa a lavoro”.

Fatto sta che si continua a morire per il lavoro, come ha ricordato anche Emma Marrazzo, mamma di Luana D’Orazio, morta a 22 anni nel maggio del 2021 mentre stava lavorando a un orditoio in provincia di Prato. “Con la patente a punti non ci siamo – ha detto Marazzo, intervenendo alla presentazione di uno studio della Uil sugli indicenti e sui morti sul lavoro – la ministra Calderone dovrebbe venire a casa mia” a vedere “cosa si prova“. “La gente mi dice che prova a immaginare“- continua – “non è vero, non si immagina: non vivi e non hai la forza nemmeno di alzarti per scendere a fare il caffè. C’è quella porta lì che sai non si aprirà più. Questa è la triste realtà“.

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