La Pedemontana Veneta, che attraversa le province di Vicenza e Treviso, con un percorso di 94 chilometri e mezzo, rischia di costare due miliardi in più rispetto ai 12 miliardi previsti e coperti, in linea teorica, dai pedaggi degli automobilisti. La denuncia è di Arturo Lorenzoni, portavoce di minoranza in consiglio regionale. Per evitare un ulteriore salasso, la Regione Veneto ha avviato un lodo arbitrale con la Società Pedemontana Veneta (SPV) e con il consorzio Sis dei fratelli Dogliani, che ha realizzato l’opera, con un ritardo di quattro anni, visto che avrebbe dovuto essere pronta nel 2020. L’innesto nella Milano-Venezia è avvenuto solo all’inizio di maggio, consentendo così un flusso completo di traffico dalla A4 alla A27 Venezia-Belluno. Il 25 giugno si è avuta l’ultima di una interminabile serie di inaugurazioni, con l’apertura del nuovo casello di Montecchio Maggiore.

Il ritardo è all’origine del braccio di ferro finanziario, che vede sul piatto un contenzioso che potrebbe essere di centinaia di milioni di euro e riguarda i canoni di disponibilità che la Regione Veneto si è impegnata a versare alla concessionaria nell’arco di 39 anni. Dal 2020 si sarebbe dovuti arrivare al 2059, invece la scadenza slitterà al 2064.

“Due miliardi in più” – Nel 2017, quando l’opera risultava ferma, la Regione Veneto aveva rivisto il project financing proposto da Sis e si era impegnata a versare i canoni annuali a rate mensili, ricavandoli da pedaggi. Spiega Lorenzoni: “Oggi Zaia a Montecchio ha mandato in scena l’ennesima cortina di fumo sulla Pedemontana Veneta, cercando di mascherare un’opera che potrebbe anche essere utile, ma che costa carissima ai Veneti, dopo la revisione del 2017. I nuovi termini di contratto con i privati prevedevano l’entrata in funzione nel 2020, con un meccanismo di aggiornamento del canone di disponibilità basato sul tasso reale di inflazione e su una progressione prestabilita per i 39 anni di concessione”. L’inghippo nasce dal fatto che nel 2020 la Pedemontana non era pronta. “L’opera è stata di fatto consegnata a maggio 2024 ed ora il primo anno di concessione non è più il 2020, ma il 2024. – continua il professor Lorenzoni – Nell’attesa del collaudo dell’intera tratta, tutti i pedaggi incassati tra il 2021 e il 2023, che stimo in 122 milioni di euro, sono stati girati al concessionario. Qual è il canone dovuto nel 2024, quello stabilito per il 2020, pari a 153,95 milioni di euro, o deve essere aggiornato secondo i criteri prestabiliti, che tengono conto del tasso di inflazione, e che quindi stimo in 199,1 milioni di euro?”. La risposta può avere conseguenze pesanti per le casse regionali. “La differenza è notevolissima, perché tra il canone base e il valore aggiornato al 2024 ci sono ben 45,2 milioni di euro, che tengono conto del tasso reale di inflazione tra il 2020 e il 2024. La differenza si riduce a ‘soli’ 28 milioni di euro nel caso si tenga conto unicamente dell’inflazione”. L’allarme lanciato da Lorenzoni ha risvolti sostanziosi: “Se venissero riconosciuti i 45,2 milioni di euro iniziali, i canoni riconosciuti crescono in tutti i 39 anni di concessione, per cui valgono quasi 2 miliardi in più. Un’enormità”.

Il balletto di numeri – Il portavoce delle opposizioni rivela: “Per capire quale debba essere il canone di disponibilità nel 2024, primo dei 39 anni di concessione, è in corso un lodo tra la Regione concedente e il concessionario privato: i 153,95 milioni di euro dell’anno 1, come sostiene la Regione, o i 199,1 milioni di euro come si evince dall’aggiornamento e immagino possa sostenere il concessionario? In ogni caso, la somma che dovrà sborsare la Regione nel 2024 sarà altissima, data dalla differenza tra il canone di disponibilità e i pedaggi incassati”. Quello dei pedaggi e del traffico ridotto è il nodo del problema della Pedemontana, il cui costo effettivo è stato di 2,3 miliardi (in parte con fondi pubblici), ma che si ripagherà (gestione compresa) grazie ai soldi degli automobilisti. “I pedaggi erano 63 milioni di euro nel 2023 e, pur aumenteranno nel 2024 per l’apertura dell’interconnessione con la A4, saranno lontani dal canone di disponibilità dovuto e vi dovranno far fronte i contribuenti. Per via che non si mettono le mani in tasca ai Veneti”. I canoni annui sono destinati a crescere dai 165 milioni del primo anno completo, ai 435 milioni del trentottesimo anno, mentre l’ultimo sarà di 332 milioni. Inaugurando il nuovo casello a Montecchio, Zaia ha fornito cifre diverse sul traffico: “Dal 4 maggio scorso, con il raccordo in A4, i veicoli sono già passati da 40mila al giorno a 60-70 mila dal lunedì al venerdì e 42-48 mila nei fine settimana”.

Regione e Spv in guerra – La conferma del contenzioso con SPV è contenuta in una deliberazione della giunta regionale pubblicata il 21 giugno, che prevede la nomina del Collegio Consultivo Tecnico (CCT) previsto dal Codice degli appalti. Serve per dirimere le controversie relative a contratti pubblici (“al fine di prevenire le controversie o consentirne la rapida soluzione”) e sarà costituito “con specifico riferimento al Contratto di Concessione per la progettazione, realizzazione e gestione della Superstrada Pedemontana Veneta”. La delibera ammette che si tratta di “una questione che può incidere in maniera significativa sull’equilibrio finanziario dell’opera”. Prima della messa in esercizio della Pedemontana, avvenuta l’1 marzo 2024, il conflitto “è emerso tra Concedente e Concessionario sulla modalità di aggiornamento del canone di disponibilità, quantificato su base annua per il 2020, anno di originaria previsione dell’entrata in esercizio, in circa 154 milioni (oltre all’Iva) con evidenti rilevanti riflessi in termini economico finanziari”.

Esistono due documenti che fotografano la distanza tra l’ente pubblico e il soggetto privato, una lettera della Regione del 13 gennaio 2024 e una replica di SPV del 23 gennaio successivo. La Regione ha proposto di affidarsi al CCT (d’accordo anche il commissario Marco Corsini) e a fine aprile SPV ha dato l’assenso a ricorrere a questo organismo arbitrale. Si aprirà una trattativa e verifica tecnica, che in ogni caso prelude a una maggiorazione dei canoni. A decidere saranno cinque professionisti indicati dalle parti, se non vi sarà accordo, il presidente sarà scelto dal Ministero delle Infrastrutture.

Un lodo per penali e contestazioni – Attraverso il Collegio Consultivo Tecnico e con l’efficacia di un “lodo contrattuale” la Regione vuole affrontare altre questioni aperte con il concessionario. A partire dalle penali per il ritardo dei lavori da parte di Sis, in base agli impegni presi nel 2017, che ha innescato ora la discussione su entità e rivalutazione dei canoni.

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