Congiunture astrali forse. Semplici coincidenze: meno romantico ma assai più probabile. Perché ci sono momenti in cui si scrive la storia e altri momenti particolari in cui se ne scrivono di più. Momenti in cui si scrivono quelle grandi, quelle destinate a restare immortali, altre in cui se ne scrivono di più piccole, destinate a sbiadire col tempo. Anzi, nascoste e ingiallite, restano. Perché di Maradona che fa il gol del secolo non ci si dimenticherà mai (e per fortuna), del suo ultimo gol con la Seleccion a Usa ’94 neppure. Il Mondiale ’94 è quello del rigore di Baggio a Pasadena, delle lacrime di Baresi e delle esultanze di Bebeto e Romario, ma anche quello di Salenko, Milla ed Erwin Sanchez, ed è giusto ricordare anche loro. Perché? Perché hanno scritto la storia, tutti e tre, per motivi diversi e nell’arco di 24 ore.
Sanchez
Ha cominciato Erwin Sanchez, un trequartista boliviano che all’epoca giocava in Portogallo, al Boavista. La Bolivia era tornata in un Mondiale dopo 44 anni: l’ultima volta, nel 1950, si era conclusa in maniera poco edificante. Nel girone con l’Uruguay e con la Francia che aveva dato forfait, aveva perso 8 a 0 contro i padroni di casa. La formazione che ha portato i boliviani negli Stati Uniti è la migliore della storia, ma l’impatto non è positivo: all’esordio contro la Germania, pur dando filo da torcere ai tedeschi, i sudamericani perdono uno a zero, con un gol di rapina di Klinsmann. In più, finiscono in dieci per l’espulsione del loro uomo migliore, El Diablo Etcheverry. La seconda gara, contro la Corea del Sud, finisce a reti bianche. Nella terza il destino è segnato dopo che Pep Guardiola trasforma un generoso rigore e Caminero raddoppia. Dopo sessanta minuti, però, Erwin Sanchez tira da fuori di sinistro: il pallone viene deviato e si infila nel sette alle spalle di Zubizarreta. Segnerà di nuovo Caminero e la Bolivia tornerà a casa. Erwin Sanchez sarà il primo ed unico calciatore boliviano a segnare in un Mondiale. Lo è ancora, a distanza di trent’anni.
Salenko
Ventiquattro ore più tardi c’è Russia–Camerun. Partita su cui si concentrano le attenzioni degli italiani: il Camerun non deve vincere, o deve farlo con pochi gol di scarto per non scavalcare l’Italia nella classifica per il ripescaggio delle migliori terze. La Russia è quasi certa di eliminazione invece, dopo le sconfitte contro Brasile e Svezia. Al netto di qualche buona individualità, in particolare Mostovoi e Karpin, la squadra non era riuscita ad esprimersi al meglio, come spesso accaduto ai Mondiali anche quando era Unione Sovietica. L’unico gol segnato è arrivato su rigore, grazie a Oleg Salenko, centravanti del Logrones, non il più in vista di una squadra che nel reparto offensivo ha Karpin, Mostovoj, Juran e Bescastnych. Il Camerun si lancia in attacco, e dopo 15 minuti la Russia è già in vantaggio: Salenko sfrutta un rimpallo e infila Song’o. Ingenui i camerunensi lasciano solo Tsymbalar su una punizione dalla trequarti per i russi: il centrocampista solo davanti a Song’o lascia il pallone all’accorrente Salenko che fa 2 a 0. Ancora Tsymbalar tre minuti dopo viene falciato in area: il rigore lo tira Salenko che spiazza Song’o. Una tripletta col minimo sforzo. Dopo che il Camerun accorcia le distanze in apertura di secondo tempo, gli uomini di Henri Michel si lanciano in attacco aprendo praterie ai russi: al ’72esimo Salenko raccoglie un cross di Tetradze e di rapina segna il suo quarto gol, tre minuti più tardi scatta sul filo del fuorigioco e segna il suo quinto gol in una singola gara, sesto in quel mondiale. Radchenko segnerà il sesto e ultimo gol dei russi. E’ un record: nessuno prima di allora, né dopo, ha mai segnato cinque gol in una sola partita dei Mondiali. Un record che vorrebbero celebrare anche i giornalisti, ma Salenko non si vede: a Stanford c’è un caldo infernale, Oleg è talmente disidratato che sorteggiato all’antidoping impiega un’ora e mezza per il campione necessario alle analisi. Sarà capocannoniere del torneo a parimerito con Hristo Stoichkov, ma la sua carriera, tra Valencia, Rangers di Glasgow e una parentesi in Turchia, non decollerà mai.
Roger Milla
Stessa partita, minuto 46: sotto di tre gol il Camerun prova a far leva sull’orgoglio. Si lancia in attacco e pressa alto, un pallone arriva al centravanti che col fisico tiene a distanza a il marcatore Khlestov e con un bel destro in diagonale batte Khlestov. Il centravanti è Roger Milla: la maglia del Camerun l’aveva indossata per la prima volta quasi 22 anni prima, quando tutti i calciatori in campo erano bambini, molti non erano neppure nati. Roger era ai mondiali in Spagna, c’era in Italia nel 1990 quando a 38 anni aveva portato i suoi ai quarti contro l’Inghilterra segnando 4 gol e con la maglia dei leoni indomabili aveva già vinto per due volte la Coppa d’Africa. A 42 anni è di gran lunga il calciatore più anziano della competizione, non abbastanza per ruggire ancora e far gol: anche quello è un record che resiste fino ad oggi, Roger Milla è il calciatore più anziano ad aver fatto gol in un Mondiale, non il più anziano ad averci giocato. Lo è stato fino ai Mondiali del 2014 , superato da Mondragon della Colombia che aveva 43 anni all’epoca, a sua volta superato da un altro portiere, l’egiziano Essam El Hadary che nel 2018 aveva 45 anni quando è sceso in campo nel girone di qualificazione.