Una disfatta. Una figuraccia epocale. Per chi ha già vissuto due apocalissi nazionali (le mancate qualificazioni ai Mondiali contro la Svezia e la Macedonia del Nord), sembra difficile stupirsi, soffrire così tanto per una “semplice” eliminazione agli ottavi di un Europeo. Eppure la sconfitta contro la Svizzera a Euro 2024 è uno dei punti più bassi della storia del calcio italiano. Non tanto per il risultato, abbiamo avuto cammini anche peggiori nei tornei internazionali. Nemmeno per il punteggio, un 2-0 senza storia, in una serata storta in cui non siamo riusciti a mettere nemmeno per un secondo l’esito in discussione. Ma per come è maturata: una prestazione sconcertante, senza gioco, ma anche senza cuore, sbagliando tutto ciò che si poteva sbagliare, senza nemmeno provare a rimediare. Una delle nazionali più brutte di sempre.
Ci si era illusi che quel gol di Zaccagni contro la Croazia – un autentico miracolo che ci aveva fatto superare il girone al 98’ – avrebbe fatto sbocciare questa squadra incompiuta. Eravamo in tanti a crederci, ci siamo sbagliati tutti. Nell’Italia non è scattato nulla. Non il gioco relazionale che Spalletti predica invano da mesi, ma nemmeno un pizzico di orgoglio, quel senso di appartenenza in grado di motivare gli azzurri, che invece si sono fatti umiliare – no, stavolta non è un’esagerazione – dalla puntualissima Svizzera. Non si è vista un’idea, una giocata, una reazione, niente.
A guardarlo con distacco, è stato un confronto impari. Da una parte una squadra che sapeva perfettamente cosa fare: ha dominato per 50 minuti col pressing, i triangoli, le sovrapposizioni e segnato due gol, che poi ha difeso nella propria metà campo con ordine. Dall’altra, una squadra che non aveva la più pallida idea di cosa fare: finché c’è stata partita, la propria metà campo non l’ha superata mai, senza riuscire a fare due passaggi in fila, provando per pochi minuti le uscite dal basso e rinunciandoci subito per incapacità o per paura, per consegnarsi per un’ora agli avversari, e reagire solo per finta, quando ormai era troppo tardi. Ci sono cento episodi e spunti differenti del match che possono raccontare la debacle. Persino la formazione iniziale, la quarta diversa in quattro partite per Spalletti, di nuovo con la difesa a quattro (ma i giocatori non preferivano giocare a tre?), con Cristante ed El Shaarawy che non avevano praticamente messo piede in campo e si sono ritrovati titolari nella gara più importante. A testimonianza di una squadra in confusione totale, e di un ct che procede a casaccio, per tentativi.
E poi le reti degli svizzeri. Il vantaggio frutto di una difesa completamente pasticciata, con Bastoni portato fuori posizione, Mancini slegato, i centrocampisti in ritardo sull’inserimento di un mediano, Freuler, che ha potuto controllare e tirare in mezzo all’area. Peggio ancora il raddoppio: dopo trenta secondi di una ripresa in cui gli azzurri dovevano uscire dagli spogliatoi mangiandosi in campo e invece si sono fatti stancamente toreare al limite dell’area, per poi lasciare a Vargas tutto il tempo di piazzare la palla all’incrocio. I due pali clamorosi colpiti dall’Italia (quasi autogol di Schar, errore di Scamacca da meno di un metro) sono solo delle sliding doors che non si sono meritatamente riaperte. Le prestazioni individuali, un disastro: Barella irriconoscibile, Scamacca irritante, Chiesa volitivo ma isolato, Fagioli che sembrava spavaldo e alla fine si è rivelato solo presuntuoso (e nocivo per la stessa squadra: evidenti responsabilità su entrambi i gol). La Svizzera ci ha dovuto mettere davvero poco del suo: un pressing lineare, la regia sontuosa di Xhaka, una difesa ordinata. Un figurone persino esagerato.
Domani inizierà il processo per individuare i responsabili. In primis Spalletti, ct con cui il feeling non è mai sbocciato, e che davvero non si vede come possa restare in panchina per un ciclo che aveva come orizzonte il mondiale ma è già finito. Il presidente Gravina, che è già sopravvissuto all’eliminazione mondiale, chissà se avrà la faccia tosta di aggrapparsi alla poltrona un’altra volta. Più in generale l’intero movimento, che sembra davvero agonizzante. Stanotte c’è solo l’amarezza per un calcio italiano che ha toccato il fondo. E continua a scavare.