“La teologia queer è una teologia che va contro la discriminazione per l’orientamento sessuale. Perché fa paura ai vertici della Chiesa? Perché la libertà fa paura”. Suor Teresa Forcades è una monaca benedettina di origine catalana. Prima di entrare in monastero, ha studiato medicina ad Harvard. Ma suor Teresa è da sempre impegnata in prima linea nelle battaglie sociali. Orgogliosamente femminista e indipendentista catalana. Ha pubblicato per Castelvecchi il saggio “Siamo tutti diversi! Per una teologia queer” . Parlando con il Fattoquotidiano.it a margine dell’incontro “La pietra scartata. Cristianesimi e omosessualità”, organizzato da Il Guado e Gruppo Giovani del Guado”, suor Teresa racconta che cosa intende con il termine teologia queer partendo da un presupposto: “La teologia è una sola ma per tanto tempo la teologia ha parlato negativamente di gruppi di persone. Un esempio? Per anni la teologia della Chiesa cattolica ha accettato la schiavitù. Adesso non più. Dunque è servita una teologia antischiavista per portare alla luce quello che per tanti anni era nascosto”. Ecco perché oggi serve una “teologia queer” per “superare la discriminazione per l’orientamento sessuale”. Per la suora benedettina “Quando Dio ci guarda, non vede delle differenze di nazionalità o di orientamento sessuale, ma vede un pezzo unico. Questo è quello che mi interessa da un punto di vista teologico. Dio vede in noi un pezzo unico della persona cioè un’immagine di Dio che può nello spazio e nel tempo far uscire qualcosa di unico. In questo senso io uso il termine teologia queer”.

Ma perché fa così paura ai vertici della Chiesa questa visione? “Noi abbiamo una soggettivazione infantile che ha come riferimento la figura materna – spiega Suor Teresa – questa è la forma più semplice di indicare cosa sia maschio o femmina, cioè l’aspettare di essere madre oppure no. Io credo che questa soggettivazione infantile non sia cattiva, ma non va bene quando questa soggettivazione rimane nella vita adulta”. Il motivo? “Perché nella vita adulta questa soggettivazione è insufficiente, violenta, contraria a quello che significa lasciare crescere tutto il potenziale di ciascuno. Mi piace di più lasciarla aperta ma questo fa paura, perché la libertà fa paura, poiché la libertà implica una responsabilità”. E quando le si chiede delle ultime parole del Papa sull’omosessualità e su come la Chiesa sta affrontando questa tematica, fa una premessa: “Vengo dal Concilio Vaticano, dunque per me la Chiesa non è il Papa o i vescovi, ma è il popolo di Dio”. E nella base, secondo suor Teresa, “è chiaro per tutti che l’accettazione dell’omosessualità e della transessualità e della diversità sessuale ampia sta facendo dei passi avanti”. Ma il momento non è facile, conclude la monaca benedettina: “Prima la Chiesa diceva che il desiderio verso una persona dello stesso sesso era sbagliato, un pensiero cattivo ma coerente. Adesso la Chiesa dice che il desiderio non è cattivo, ma l’atto sessuale è cattivo. Ma se il desiderio non è cattivo, come può essere cattivo l’atto sessuale? Dunque la posizione attuale della Chiesa di oggi è meno coerente e insoddisfacente, ma anche perché è una posizione in sviluppo”.

Articolo Precedente

Non solo Satnam Singh: da Nord a Sud, le 405 località dove lo sfruttamento è sistematico. “Per loro quella è l’Italia”: la mappa e le storie

next
Articolo Successivo

Pride 2024, da Nord a Sud i cortei nelle grandi città. A Milano Pd e M5s contro Fontana per il no al patrocinio: il suo cartonato sul carro dem

next