A Roma l’estate è già nell’aria. Ok, è fine giugno e guai se non fosse così, ma arrivo da Milano dove ha diluviato per 3 mesi senza sosta. Il termometro è molto vicino ai 30 gradi, eppure questo non mi impedisce di scoprire con stupore il quartiere Testaccio. Qui, incastonato nel “monte de’ cocci”, c’è il ristorante più virale del momento.
Se siete anche solo un minimo appassionati di cucina e ricette, è praticamente impossibile che l’algoritmo di Instagram non vi abbia proposto almeno una volta i reel di Taverna Testaccio. Quelli in cui i fratelli Valerio e Mimmo raccontano i piatti del menu in modo tutt’altro che impomatato. Anzi, danno sfogo a tutta la verace romanità di cui sono dotati divertendosi loro per primi.
Incontro Valerio a metà pomeriggio, quando i ragazzi dello staff stanno iniziando a preparare il locale per l’apertura serale. Il padrone di casa mi fa strada in una sezione del ristorante in cui – secondo la mia estrema sensibilità termica – ci saranno non più di 15°. Nessun condizionatore, è tutto merito della natura. “Qua stai dentro er monte!” spiega mostrandomi le pareti costituite dai frammenti delle anfore usate dagli antichi Romani per il trasporto delle merci, e ora esposte in bella vista dietro le teche.
Quando nasce Taverna Testaccio?
Poco più di un anno fa. Avevo un forno vicino a casa mia, a venti minuti da qua, ed è stata un po’ una pazzia: un lunedì mi hanno proposto questo locale, il mercoledì sono venuto a vederlo e sabato l’ho preso.
Che cosa c’era al suo posto?
Un altro paio di ristoranti e prima ancora pub. A Testaccio in passato erano tutti locali, ora sono cambiate un po’ di cose. Qua avanti c’era il Gay Village, l’Alibi (storico club LGBT, ndr) ancora resiste ma ha riaperto dopo un anno di chiusura.
Tu e tuo fratello Mimmo siete il volto del locale.
Poi c’è un altro socio, Michele, e Luca.
Dai una mano anche in cucina?
Sì, sono del mestiere. Mio zio aveva un ristorante, mio padre è cuoco, io cucino da quando avevo 8 anni e avendo avuto un forno mi occupavo anche di panificazione.
Qual è la filosofia alla base della cucina che proponete a Taverna Testaccio?
A parte la cucina romana facciamo piatti rivisitati. Soprattutto sulla carne proponiamo cotture a bassa temperatura, 80 gradi per 12 ore: quando la vai a mangiare si scioglie in bocca. Mio fratello è molto bravo anche con il pesce. Insomma ci divertiamo, cambiamo menu molto spesso.
Vi divertite anche sui social.
Dopo i primi 3 mesi durante i quali il passaggio di clienti c’era, a settembre con l’inizio delle scuole e di tutte le attività c’è stata una leggera flessione e abbiamo deciso di metterci sui social. Considera che non ho nemmeno un mio account personale. Mi sono girato e ho detto: “Allora ragazzi chi fa i reel?”. Sono spariti tutti e ho pensato: “Vabeh ho capito”, e così è partito questo gioco.
Come nascono i vostri video?
Abbiamo due ragazzi molto bravi che ci aiutano, ma andiamo tanto a braccio. Il video diventato virale, la pasta del cornuto, è stato fatto di corsa, dovevamo realizzare un contenuto e non mi andava neanche. A quel punto ho avuto l’idea: “Facciamo la pasta dei cornuti, quella con burro e parmigiano. Che dici inizio così? A cornuto!…”.
Quindi non c’è nessun copione?
Noi non scriviamo, improvvisiamo molto.
Inizialmente la comunicazione del locale su Instagram era molto diversa. C’erano foto di piatti e basta.
Quelle sono foto iniziali, noi siamo subentrati alla gestione precedente. I ragazzi che ci danno una mano ci hanno detto che la classica ricetta sui social non va più di moda, è noiosa, e la gente si affeziona a chi fa i video, così ci siamo buttati.
E ora siete il locale più virale del momento.
Sì, il tipo di comunicazione che facciamo noi non lo fa nessuno. Ci spingiamo oltre, anche perché dopo 2-3 ore che stiamo fuori col sole in testa iniziamo a ‘sfarfallare’.
Dicono di voi: “Foodporn ai massimi livelli”. Ti ci ritrovi o ti dà fastidio?
Io sono nel periodo più bello della mia vita, ho 39 anni e accolgo quello che viene. Tante volte di notte penso ai reel, mi dico: “Questo è figo”, poi i commenti dimostrano che non è stato capito niente, però di base non ho problemi. In più vedo che la gente mi riconosce per strada, l’obiettivo mio è far divertire le persone, sono un cazzone di natura, ho sempre la battuta pronta.
Quindi leggi anche i commenti negativi.
Li guardo tutti, ho le spalle larghe.
Molti sono avances.
Sì, una marea. Ho notato che un 70% di quelli che commentano sono uomini che si spingono oltre. Però le donne mandano messaggi in privato, e anche video. Sono più furbette!
Tu ci metti del tuo schiaffeggiando la pagnotta e parlando di maritozzo farcito in modo allusivo.
Certo, giochiamo con i doppi sensi cercando di non cadere nel trash.
Di te dicono anche: “Strizza l’occhio alla comunità gay per conquistare follower”.
Ci sta perché poi il mercato, tra virgolette, è quello. Uno si adatta anche al pubblico che ha. Devo essere sincero: sono etero, però mio zio ha avuto in gestione l’Alibi negli anni ’80. Parliamo di anni d’oro: i miei genitori si sono sposati con le tavolate di gay e trans, ci sono cresciuto quindi per me non è assolutamente un problema. Mi ammazzo dalle risate, fanno parte della mia vita.
Non è queerbaiting allora.
Esatto, io andavo a ballare pure al Gay Village e al Muccassassina. Le serate più fighe sono quelle gay. Non è una cosa studiata a tavolino, sono molto spontaneo, e da quando ero ragazzo ho sempre attratto sia uomini che donne.
E non hai mai “vacillato”?
No, mai avuta questa attrazione per gli uomini.
Tanti si chiedono se tu sia sposato.
Sono accompagnato e ho due figli.
Lei è gelosa?
È una bellissima donna quindi anche lei è abituata a ricevere attenzioni. Certo questa cosa con i social si è potenziata e ogni tanto mi fa la scenetta ma niente di che, siamo molto liberi mentalmente.
Non viene più spesso al locale per controllarti?
No, se viene è perché vuole mangiare (ride).
A proposito, quali sono i cavalli di battaglia di Taverna Testaccio?
I maritozzi salati vanno tantissimo. Tra i primi, a parte quelli della tradizione, quelli col pesce, tipo gambero e ricciola. Come secondi piatti la guancia di manzo.
Avete avuto anche la benedizione di Christian De Sica.
Sì, abbiamo rifatto una scenetta di un suo film. Speriamo passi a trovarci!
Qualche vip è già venuto?
L’ex giocatore Mauri della Lazio, qualche attore, lo stilista Gai Mattiolo che ora ci darà una mano.
Cioè?
Sempre grazie ai reel avremo un corner al Giffoni Film Festival, e io ho avuto la malsana idea di chiamare Mattioli e chiedergli se ci potesse fare delle divise un po’ sfarzose, magari colorate. Ha accettato e adesso ci manderà alcune proposte, sarà una figata.
Da quando siete diventati popolari c’è stato un incremento nelle prenotazioni?
Il 98% viene da Instagram. È stato quello lo spartiacque.
Avete appena lanciato l’iniziativa del cucinare a casa dei clienti. Sono già arrivate richieste?
Sì, dobbiamo capire come organizzarci perché saranno poche date, massimo 2 a settimana.
Solo su Roma?
No, anche attorno. E se ci chiamano, pure all’estero. Ora, ad esempio, ci hanno contattato dalle Marche per una cena di 8 persone, andremo lì e faremo dei video se loro accettano.
E se ti arrivassero proposte dalla tv, visto il successo dei programmi dedicati alla cucina?
Sono aperto a tutto, io prendo e vado.