“Sciogliere l’Assemblea nazionale è stata una decisione “molto pericolosa” e “non giustificata”. Un “errore” da parte di Emmanuel Macron che ha incrinato potere e influenza della Francia: “Un mese fa era il leader dell’Europa”, “ora non lo è più”. E ancora: “E’ la prima volta che una crisi così nasce dall’alto”: dice a ilfattoquotidiano.it Jean-Dominique Giuliani. Già consigliere speciale della Commissione Ue, è presidente della Fondazione Robert Schuman, uno dei principali think tank pro Ue e tra i consulenti di politica estera francese ed europea più influenti. Fino a poco prima del voto, Giuliani era intervenuto più volte in sostegno della leadership di Macron, ora afferma che “nessuno capisce la sua mossa” e il mondo “è preoccupato”. “Marine Le Pen”, continua, “attacca il presidente” e i suoi poteri “perché teme la coabitazione” e sa che “non riuscirebbe a realizzare il suo programma”. Ed è diversa da Giorgia Meloni, che invece è “buona allieva della Nato”. L’interventismo sull’Ucraina di Macron? “Ha pesato sul voto”, “ma i francesi sostengono Kiev. Non vogliono la guerra, ma non hanno paura”. E, assicura, “anche con il RN la situazione non cambierebbe ”.

A due settimane dal voto Ue, come sta l’Europa?
E’ stabile. La crescita dei partiti sovranisti e di estrema destra c’è, ma è contenuta. E anche Meloni ha protestato perché le sue prese di posizione non sono state considerate. Sono i moderati che continuano a comandare.

E la Francia?
Il presidente della Repubblica, dopo un esito del voto europeo abbastanza prevedibile e che non aveva conseguenze nazionali, ha deciso una dissoluzione molto avventurosa e pericolosa. In un Paese che adora la guerra politica e dove gli estremi di destra e sinistra hanno conseguito un risultato molto importante. La Francia è completamente sconvolta.

Aveva alternative?
Poteva non fare nulla. Il Rassemblement National aveva già vinto le elezioni Europee nel 2019. Ora ha solo dieci seggi di più. Macron avrebbe potuto aspettare che ci fosse un problema istituzionale: sia il non voto sulla finanziaria o una mozione di sfiducia. Ma non c’era alcuna ragione per sciogliere adesso l’Assemblea. E poi secondo la Costituzione la dissoluzione non viene decisa dal presidente quando gli fa comodo. Nessuno capisce perché l’abbia fatto. E tutti, in Europa e nel mondo, sono preoccupati per una Francia destabilizzata che ritrova il suo sport preferito: lo scontro politico.

E’ stato mal consigliato?
Non lo so. E’ stato un ragionamento molto parigino, in un Paese dove c’è una contestazione delle élite e del suo modo di governare dall’alto. Vedremo il risultato. In ogni caso penso che abbia commesso un errore.

Se ci sarà una coabitazione, dovrà valutare le dimissioni?
Non credo. Ho vissuto tre coabitazioni e so che il potere in Francia appartiene al presidente. E se Marine Le Pen vuole contestare le sue prerogative, i francesi la condanneranno. Perché l’elezione del presidente della Repubblica a suffragio diretto è la più importante. E’ difficile da capire per i nostri amici italiani o tedeschi, ma l’eredità della monarchia fa sì che i francesi eleggano il loro sovrano ogni cinque anni ed è lui la chiave di volta della Costituzione.

Anche se sarà indebolito da altre maggioranze?
Ha poteri enormi che sono stati disegnati dal generale De Gaulle per evitare l’instabilità.

Le Pen ha già iniziato a dire che quello di capo dell’esercito è un ruolo “onorifico” per il presidente. Puntano a rivedere i suoi poteri?
Se ci sarà una coabitazione ci proveranno, ma non ci riusciranno. Perché è il presidente che convoca il consiglio dei ministri, lui che firma le nomine, promulga le leggi, può appellarsi al Consiglio costituzionale, può fare i referendum. Marine Le Pen si sta assumendo un grande rischio. Credo lo faccia perché ha paura della coabitazione: ha capito che non sarà facile e se dovesse succedere rischia di perdere le prossime elezioni. Non potrà mettere in pratica un programma vago e con promesse irrealizzabili.

C’è chi evoca scenari americani, come quando Trump ha aizzato la folla contro il presidente: è un’ipotesi?
Sta già succedendo, in un certo senso: Il Rassemblement National usa questa rabbia. Ma la Francia non sono gli Stati Uniti. Il RN dice che combatterà la doppia cittadinanza, ma abbiamo una società molto multiculturale e sono proposte che susciteranno le proteste non solo dei 3 milioni e mezzo di bi-nazionali. Tutti i moderati, cioè la maggior parte degli elettori, saranno scioccati da decisioni razziste e discriminatorie. Inoltre, il RN presenta candidati che sono molto vicini alla Russia. I francesi non lo apprezzano. La stessa Le Pen deve molto a Mosca. Questa è anche la differenza con l’Italia.

In che senso?
Meloni, a differenza di Le Pen, è una buona allieva delle Nazioni Unite e dell’Unione europea nonostante le sue posizioni sovraniste e estreme.

Macron ha voluto mettere il RN alla prova del governo sul modello italiano?
Non so se possa essere stato quello il calcolo. Ma la differenza è grande. Meloni rifiuta di associarsi a Le Pen al Parlamento Ue. E in Italia abbiamo un governo di coalizione con un ministro degli Esteri membro del Ppe: sono posizioni diverse. Meloni è radicalizzata sul piano dei costumi e della politica interna, mentre all’esterno è piuttosto moderata. Il RN al contrario è libertario su matrimoni gay e aborto, ma sottomesso a politiche straniere, in particolare la Russia. E sono anti-americani.

Qualunque sarà l’esito delle elezioni, l’influenza della Francia è cambiata?
Un mese fa Macron era il vero leader dell’Europa, ora non lo è più. Ma continua l’Europa di sempre, quella di centrodestra e centrosinistra, dominata dalla Germania. A preoccuparmi ora è la questione economico-finanziaria.

Ovvero?
Contavamo su di lui perché con l’aiuto di Italia, Spagna e altri ponesse questioni necessarie sulla possibilità di aumentare il debito comune per recuperare il ritardo in economia e difesa. Ora se non si è rigorosi, si viene messi all’indice. Invece il debito è accettabile se serve per la transizione ecologica o digitale. Noi abbiamo meno debito degli Usa, ma un’economia ferma. Ora non so cosa succederà con la perdita di influenza della Francia.

Siamo di fronte alla crisi dell’asse franco-tedesco?
Non è questione di asse. La Francia e la Germania fanno il 45% del budget della difesa Ue, hanno il 45% di diritto di voto alla banca centrale. Non dimentichiamo mai che chi paga comanda. Anche l’Italia è una potenza economica e avrà comunque il suo peso.

Macron da leader dell’Europa ha usato parole molto interventiste sulla guerra in Ucraina, pensa che abbia influito sul voto europeo?
Sì, ha contato. Però non ha detto che inviava le truppe, ha detto che per dissuadere Putin non bisognava escludere niente. Se Biden avesse fatto questo prima dell’invasione russa, forse non ci sarebbe stata la guerra.

Ne è sicuro?
Certamente. Macron ha deciso di discutere con Putin, poi ha capito che non c’era niente da fare. L’unico modo era fargli paura. Ha voluto dire alla Russia che se va oltre, la Nato si batterà e sarà più forte. Ma l’opposizione ne ha subito approfittato per dire “vedete vuole fare la guerra”. Le persone vogliono la pace come a Monaco nel 1938.

Nel 1938 volevano la pace perché avevano paura della guerra, che poi è scoppiata. Perché oggi non dovremmo avere paura?
Dobbiamo avere paura della debolezza degli europei. Bisogna che da qualche parte ci sia una sconfitta per Putin. Bisogna che l’Europa faccia prova di coraggio di potenza. L’Europa è unita ora, ma non ancora abbastanza ferma. Più lo sarà e meno chance avremo di avere la guerra. Io sono preoccupato perché non siamo ancora abbastanza fermi nei confronti della Russia.

Però l’Europa è nata per portare la pace, come può l’aumento della spesa in armi non essere un tradimento dei principi fondativi comunitari?
Questa è una domanda italiana.

Cosa intende dire?
Le do una risposta francese. I francesi non sono per la guerra, ma non hanno paura. C’è un esercito forte che i francesi sostengono e che non vogliono sia sminuito da nessuno che siano russi, americani o cinesi.

Ma se il partito di Le Pen andasse al governo, questa situazione potrebbe cambiare?
Ci sarebbero scontri con il presidente, ma non cambierebbe molto perché i francesi sono solidali con l’Ucraina.

Però gli elettori hanno scelto Bardella anche per bocciare l’interventismo di Macron: non è vero?
Ma solo perché Bardella ha detto che il presidente era irresponsabile e che voleva il conflitto nucleare. Ha fatto paura.

Come fa lei a non temere un conflitto nucleare?
Non succederà. Chi preme il telecomando sa che un minuto dopo è morto.

Cosa ne pensa della nomina di Kaja Kallas come Alta rappresentante per gli affari esteri Ue?
Sono contento che ci sia un’esponente dei Paesi baltici perché lei sa di cosa parliamo quando parliamo di Putin. Molto più degli italiani o dei francesi.

E’ la persona giusta per cercare di spingere per negoziati di pace?
Ma che negoziati volete fare? L’Europa non li farà. Non chiederà all’Ucraina di smettere di battersi. Gli unici che possono tradire Kiev sono gli americani con Trump. Non l’Ue che non ha interesse ad avere Putin alle porte che prepara altre guerre. So che in Italia e in Germania non sono della stessa opinione. Bisogna essere pronti a fare la guerra per non doverla fare, ce lo insegna la storia. Avremo la pace mostrando che lo spirito coloniale in Europa non esiste più.

Parla di un’Europa unita, ma il RN promette che ridurrà i fondi per l’Ue. La Francia sta già andando in un’altra direzione?
E’ illegale. Ci siamo già impegnati a versare fino al 2028. E’ solo demagogia.

Però abbiamo i partiti critici dell’Europa che sono sempre più forti, questo non dovrebbe spingere la classe dirigente a fare autocritica?
Sì, ma la correggo: i cittadini sono più europei dei loro dirigenti. Sono arrabbiati per tutto quello che succede a casa loro, dove a essere responsabili sono i governi, e i partiti scaricano le responsabilità sull’Ue. Ma Meloni faceva campagna contro l’Europa quando stava all’opposizione, mentre ora che governa applica un programma europeo. Anche Le Pen ha capito che non può più chiedere l’uscita dell’Europa. Se le cose vanno male non è colpa dell’Europa, ma delle democrazie in generale. Che vivono una crisi di efficacia, prima dei governi nazionali e poi nella dimensione europea.

Si rischia l’ingovernabilità in Francia?
Grazie alla Costituzione del 1958 non c’è mai ingovernabilità. Bisogna temere una Francia divisa, scioccata per il successo dell’estrema destra con manifestazioni dell’estrema sinistra. Ma le istituzioni funzioneranno sempre.

E’ possibile che il RN abbia la maggioranza assoluta?
Sì a causa del sistema di voto perché votiamo con un sistema maggioritario a doppio turno che amplifica le ondate. Secondo i sondaggi però, non è l’ipotesi più plausibile e non vediamo con chi si potrebbero alleare. Si fanno tante ipotesi, a mio parere pericolose. Ma non sappiamo cosa succederà. Potremmo avere un Parlamento molto diviso, con un governo Attal o tecnico che faccia decantare la situazione. A sinistra c’è un unione che scoppierà il giorno dopo il voto, piuttosto è possibile che si trovi un accordo tra i moderati a destra e i moderati a sinistra.

Accusano Macron di aver messo sullo stesso piano estrema destra ed estrema sinistra.
Ha ragione. Ci sono molti francesi che non voteranno per nessuno dei due a causa della presenza di Jean-Luc Mélenchon.

Non esiste più un asse compatto contro l’estrema destra?
Questo perché anche l’estrema destra è cambiata.

E’ una fase politica mai vista prima?
Abbiamo già avuto momenti di agitazione, ma è la prima volta che il disordine scoppia a causa di una scelta forte arrivata dall’alto. Pensavamo che la Costituzione del 1958 garantisse una sorta di stabilità, ma qui è il presidente che crea un problema con una decisione senza senso. E’ la prima volta che il principale attore della politica francese crea una crisi così. È molto pesante.

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