di Michele Sanfilippo

Le elezioni in Francia, a mio avviso, sono l’ennesima conferma che le politiche economiche neoliberiste, che Macron ha esercitato come non ci fosse un domani, producono una considerevole diseguaglianza socio-economica che, poi, al voto si traduce in una clamorosa fuga dal centro moderato. Questa dinamica di fuga diviene ancora più evidente se l’astensionismo non la fa da padrone, come è accaduto anche nelle elezioni politiche italiane del 2018.

Macron sapeva benissimo di essere detestato dalla maggioranza dei francesi, soprattutto dopo aver imposto la legge sulle pensioni (contro la quale milioni di francesi sono scesi in piazza per mesi) andando, addirittura, contro il Parlamento. Eppure ha voluto giocare d’azzardo e, agitando lo spettro di una vittoria del Rassemblement National, sperando di essere lui a rappresentare la seconda forza del paese, contava di farcela al ballottaggio.

Un calcolo cinico che s’è anche rivelato sbagliato.

Ma, mi chiedo, se anche si fosse rivelato un calcolo vincente, per quanto tempo si può eludere il problema che l’economia promossa dal suo governo continua a generare disagio, diseguaglianza ed emarginazione? Tutti elementi che da anni in Francia, e non solo, stanno alimentando in modo costante il bacino di voti della destra che, continuando su questa strada prima o poi vincerà a mani basse (come del resto ha fatto in Italia).

L’alternativa a questa deriva, a mio avviso, può consistere in una correzione di rotta alle politiche economiche neoliberiste praticate fino ad oggi, in modo da ripristinare un solido welfare che, partendo dalla scuola, consenta un recupero delle periferie dove il disagio regna sovrano. È proprio da quel disagio che occorre ripartire, perché tanto del successo della destra arriva proprio da lì.

In quel contesto è facile chiedere il ripristino dell’ordine e puntare il dito sull’immigrazione, che nella narrazione di destra è la causa principale dei problemi di ordine pubblico se non, addirittura, lo strumento attraverso cui l’Islam tenta di operare la “sostituzione etnica” (come raccontato da Houellebecq in “Sottomissione”). Solo ripristinando l’ascensore sociale si potrà permettere ai tanti giovani che nelle periferie vivono ai margini delle legalità di uscire dall’irrilevanza in cui sono precipitati per la scarsa scolarizzazione e per un mondo del lavoro che offre loro poche e malpagate opportunità.

Ora resta da vedere se Macron vorrà offrire il suo appoggio a Melenchon per puntare su politiche più inclusive oppure gli volterà le spalle anche perché, come dimostra l’esempio del governo Meloni, le politiche economiche dell’estrema destra non sono poi così dissimili da quelle operate dai centristi.

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