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Spagna, la Corte Suprema nega l’amnistia al leader indipendentista Puigdemont. L’ex governatore commenta così: “Toga nostra”

Niente amnistia, resta il mandato d’arresto. E’ la decisione che la Corte suprema, in Spagna, ha preso nei confronti dell’ex presidente della Catalogna Carles Puigdemont, leader del partito Junts, che fa parte della coalizione che tiene in piedi il governo Sànchez. L’ex governatore è sotto processo per appropriazione indebita di fondi pubblici in occasione del referendum per l’indipendenza indetto nel 2017. Puigdemont, come noto, è finora sfuggito a lungo alla giustizia – anche a differenza di altri leader politici indipendentisti come il suo ex vice Oriol Junqueras – rimanendo latitante in Belgio. La decisione del Tribunal Supremo vale anche per l’eurodeputato, recentemente rieletto, Toni Comìn (anche lui di Junts) e conferma l’interdizione dai pubblici uffici di altri dirigenti come lo stesso Junqueras (che è esponente di Erc, la sinistra indipendentista). Il Paìs sottolinea come questa decisione della Corte suprema spagnola sia una battuta d’arresto per l’esecutivo di centrosinistra del socialista Pedro Sànchez e per i suoi alleati che hanno dato il loro sostegno e hanno promosso la legge di amnistia dopo le elezioni politiche di quasi un anno fa. La risposta di Puigdemont è arrivata – laconica – nel giro di poco meno di un’ora: “Toga nostra“.

L’amnistia era una delle grandi questioni da risolvere dall’alta corte, anche perché ci sono varie correnti di pensiero della magistratura spagnola e ci sono state pronunce diverse sul tema. Ad ogni modo al momento la Corte suprema ritiene dunque che il reato di “malversaciòn” non può essere amnistiato poiché gli imputati hanno ottenuto un beneficio personale patrimoniale. Una tesi che la Procura e l’Avvocatura di Stato finora hanno respinto. Per il Tribunal supremo, in sostanza, la distrazione di fondi pubblici dal loro scopo resta comunque un reato anche se contempla beneficenza o cause altruistiche. Men che meno per l’obiettivo dell’indipendenza di una comunità autonoma. “L’unica alternativa al raggiungimento degli obiettivi per Junqueras, Romeva, Turull e Bassa (gli imputati, ndr), se volevano contribuire al progetto indipendentista, sarebbe stato disporre dei fondi pubblici della o pagare di tasca propria. E optarono per la prima delle opzioni, il che non è oscurato dal fatto – che qui non interessa – che hanno anche impegnato i propri fondi e i propri sforzi personali”. Anche perché, è il ragionamento dei giudici, il beneficio personale di “pochi” rispetto alla collettività resta anche se quei “pochi” sono una moltitudine (cioè i partiti indipendentisti e i loro sostenitori).

A proposito delle diverse pronunce, pochi giorni fa la giustizia spagnola aveva reso noti i primi casi di applicazione in Catalogna dell’amnistia recentemente approvata dal Parlamento in favore dei secessionisti di questa regione. Uno di questi è una causa in cui erano stato coinvolti un ex assessore regionale agli Interni, Miquel Buch, e un poliziotto che aveva lavorato come scorta di Puigdemont, mentre un secondo procedimento si riferiva a tre persone condannate per aggressione a pubblico ufficiale. Secondo quanto stabilito dal Tribunale regionale della Catalogna (Tsjcat), tutti i coinvolti in queste cause sono ora da considerare esenti da responsabilità penali e civili per i fatti inizialmente contestati nei processi in questione. Nella seconda delle cause analizzate oggi dal Tsjcat, invece, i tre implicati erano stati condannati a tre anni ciascuno (più altri sei mesi aggiuntivi nel caso di uno di loro) per aggressione a pubblico ufficiale durante una manifestazione sfociata in tafferugli a Barcellona nell’autunno del 2020).

Proprio due giorni fa, infine, i partiti che rappresentano la maggioranza nel Parlamento catalano – i socialisti del Psc più le forze indipendentiste Junts per Catalunya, Esquerra Republicana, Cup e la sinistra dei Comunes – avevano concordato una riforma del regolamento del Parlamento catalano per consentire la delega del voto dei deputati residenti all’estero, proprio come l’ex presidente Carles Puigdemont. E’ previsto che la proposta di riforma sarà approvata dai cinque partiti per consentire a Puigdemont e all’altro deputato all’estero Lluis Puig, di votare nel prossimo dibattito di investitura del governatore della Catalogna, se non saranno prima amnistiati potendo votare in presenza. Circostanza quest’ultima che si è fatta improvvisamente remota.

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Nella foto in alto | Puigdemont a una manifestazione elettorale per il voto in Catalogna organizzata a Argelers, in Francia