“Avrei fatto contemporaneamente il ct dell’Austria e l’allenatore del Bayern Monaco, ma fare entrambe le cose contemporaneamente, specie quest’estate, sarebbe stato quasi impossibile. Quindi ho dato retta alla mia pancia. Penso sia la decisione giusta. Voglio che sia chiaro che ho scelto l’Austria, non ho rifiutato il Bayern”. Poche parole, chiare, nette, per spiegare una decisione che per molti è sembrata quasi una follia, ma che all’interno della testa (e della storia) di Ralf Rangnick assumono senso e coerenza. No al Bayern Monaco. Sì all’Austria. E se c’erano ancora dubbi sul rifiuto a una delle squadre più grandi del mondo, questi sono stati spazzati via nel giro di tre partite. Quelle che sono servite all’Austria per mettersi dietro Olanda, Francia e Polonia nel girone più difficile dell’Europeo, presentandosi agli ottavi (oggi, martedì 2 luglio, contro la Turchia) come una delle formazioni più sorprendenti e convincenti del torneo.

Rangnick ha già compiuto un piccolo miracolo. L’Austria non aveva mai vinto un girone agli Europei e non batteva l’Olanda da ben 34 anni. Una crescita ormai sotto gli occhi di tutti, cominciata due anni fa, quando l’allenatore tedesco (nato a Backnang il 29 giugno 1958) prende il posto di Franco Foda sulla panchina austriaca. Un passaggio quasi inevitabile per l’uomo che ha reso importanti i club controllati dalla multinazionale austriaca per eccellenza, la Red Bull.

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I successi con Red Bull, il quasi arrivo a Milano e il flop Manchester United
La sua avventura col gruppo controllato dalla famiglia Mateschitz comincia nel 2012, quando assume l’incarico di direttore sportivo di Salisburgo e RB Lipsia. I punti cardine sono semplici: rosa giovane e motivata, le due squadre inquadrate nella stessa filosofia di calcio. Rangnick ricostruisce la rosa del club salisburghese, acquistando giovani come Kevin Kampl e Sadio Mané. Poi, dalla stagione 2013/14, arrivano anche le soddisfazioni. Il Salisburgo vince il campionato austriaco con otto giornate di anticipo, mentre l’anno seguente si spinge fino agli ottavi di Europa League. Allo stesso tempo, il Lipsia riesce a ottenere la promozione dalla Regionalliga Nordost (quarta serie tedesca) alla Zweite Bundesliga, la seconda serie. La Bundesliga è ormai a un passo. All’inizio della stagione 2015/16 diventa il nuovo tecnico della squadra tedesca, lasciando l’incarico di direttore sportivo del Salisburgo. Guida il club al secondo posto, alla promozione in massima serie. Un traguardo storico, a cui seguono le dimissioni e il mantenimento dell’incarico di direttore sportivo. Torna sulla panchina tedesca nel luglio 2018, anche in questo caso per una sola stagione, chiusa al terzo posto in Bundesliga e con la sconfitta in finale di Coppa di Germania.

Ormai il suo nome appare in ogni angolo d’Europa, anche in Italia. La prima metà del 2020 è caratterizzata dall’infatuazione del Milan, che lo vuole per risollevarsi definitivamente. Anche qui l’offerta è quella di diventare allenatore e direttore sportivo. Tutto sembra pronto, poi il Covid e la conseguente sospensione del campionato cambiano le carte in tavola. I rossoneri, alla ripresa, vanno talmente bene che la società decise di continuare con Stefano Pioli e di dire addio a Rangnick. Anche se il suo arrivo a Milano non si concretizza, il tedesco decide comunque di chiudere il suo capitolo con il gruppo Red Bull, aspettando la chiamata giusta. Questa arriva più di dodici mesi dopo, nel novembre 2021. Il Manchester United lo vuole per sostituire l’esonerato Ole Gunnar Solskjaer, ma le cose non vanno come pronosticato. Il 21 aprile 2022, all’indomani della sconfitta per 4-0 subita sul campo del Liverpool, il Manchester United annuncia l’ingaggio di Erik ten Hag come nuovo allenatore per la stagione successiva. L’avventura di Rangnick sulla panchina dei Red Devils è durata sei mesi, con un sesto posto.

L’uomo delle promozioni: la fase pre-Red Bull
Rangnick non ha un passato da grande giocatore. Da giovane studia presso l’università di Stoccarda, porta avanti la passione per il calcio, cambia molte squadre, senza però mai raggiungere il professionismo. Tra il 1983 e il 1985, in qualità di allenatore-giocatore, aiuta i tedeschi del Viktoria Backnang a salire dalla sesta alla quarta divisione. Un’esperienza formativa importante, anche perché durante quegli anni ha l’occasione di affrontare in amichevole (e ammirare) la Dinamo Kiev di Valeri Lobanovski. Sono anni insomma di grande studio, in cui un posto speciale ce l’hanno anche le cassette del Milan di Arrigo Sacchi. Il primo vero acuto della carriera arriva nel 1996/97, quando prende l’Ulma in terza serie e lo porta in due anni in Bundesliga. Ed è in questo periodo che nasce il soprannome di “Professor”. Nel dicembre 1998 partecipa sulla ZDF alla trasmissione sportiva più seguita della tv tedesca, dove Rangnick inizia a spiegare su una lavagna tattica le sue idee di gioco. Una scena inusuale al tempo. Dopo l’Ulma è in grado di riportare in massima serie anche l’Hannover dopo 13 anni di esilio. Ormai non è più un signor nessuno e anche le grandi di Germania iniziano a interessarsi a lui. Così, nel 2004/05 ecco la chiamata dello Schalke 04. Contende a lungo il titolo al Bayern Monaco e vince la prima e unica Coppa di Lega della storia del club. Sembra pronto per un grande club europeo, invece no. Sceglie di ripartire dalla terza serie, accettando l’offerta dell’Hoffenheim, dove può applicare la sua filosofia senza limitazioni. È un piccolo club senza storia, ma riesce a portare giovani talentuosi come Firmino e Luiz Gustavo. E con loro arriva anche la prima volta in Bundesliga. Cinque anni conclusi nel marzo 2011, quando torna allo Schalke. Rimane solo sei mesi, ma fa in tempo a regalare la prima semifinale di Champions League eliminando l’Inter, una Coppa di Germania e una Supercoppa.

Gli ottavi con l’Austria per scrivere la storia
Adesso con la nazionale austriaca Rangnick si occupa anche delle squadre giovanili. Ha un progetto e non ha nessuna intenzione di rinunciarvi. Per questo ha deciso di rifiutare il Bayern, dove difficilmente non avrebbe avuto vincoli. Adesso affronterà la Turchia, già battuta a marzo in amichevole per 6-1. La possibilità di raggiungere i quarti sono quindi molte. Un traguardo che non sarebbe solo sorprendente, ma anche storico. L’Austria infatti non ha mai fatto i quarti di finale in un Europeo, e se mettiamo insieme i grandi tornei, l’ultimo quarto è stato conquistato 70 anni fa, al Mondiale 1954. Prospettive uniche per Ralf Rangnick. Sicuramente più della panchina del Bayern Monaco.

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