Il blocco repubblicano contro l’estrema destra in Francia ha trovato la sponda di 218 candidati. Nonostante le tensioni e le ambiguità dello stesso Emmanuel Macron, 130 aspiranti deputati del Nuovo fronte popolare a sinistra e 82 del partito presidenziale Ensemble hanno deciso di fare un passo indietro. Sono i volti arrivati terzi al primo turno delle legislative nei singoli collegi e si ritirano per far convogliare i propri voti sugli avversari del partito di Marine Le Pen. E cercare di impedire così al Rassemblement National di avere la maggioranza assoluta nella prossima Assemblea Nazionale e, di conseguenza, arrivare al governo. Non tutti hanno seguito le indicazioni dei partiti: secondo le Monde, almeno 18 macroniani, dodici repubblicani e sette della sinistra non hanno voluto farsi da parte. Non lo hanno fatto neanche due esponenti di Horizons (il partito dell’ex premier Edouard Philippe). Il tutto mentre iniziano già le prime tensioni tra l’Eliseo e Marine Le Pen: la leader Rn ha accusato il presidente di stare lavorando a “un golpe amministrativo”. Parole che hanno provocato la reazione ufficiale di Macron che ha invitato la deputata “alla misura e al sangue freddo“: “Le nomine” che verranno fatte domani 3 luglio, dice una nota, “avvengono da 66 anni ogni settimana“.
Insomma, il clima che porta al voto è sempre più teso e spinge i partiti a giocare il tutto per tutto in vista del secondo turno. Fondamentali saranno i “désistements”, ovvero i ritiri strategici, ai quali dovrebbero seguire delle dichiarazioni di sostegno per i candidati del cosiddetto arco repubblicano perché possano ostacolare la vittoria del Rassemblement National. Sulla carta Macron ha chiesto questo, subito dopo la diffusione dei risultati del primo turno, quando ha invocato “l’unità”. Ma nella pratica è molto più complesso. “Non dobbiamo sbagliarci, il nemico è l’estrema destra”, ha detto ai suoi. Però, hanno osservato in tanti, il capo dell’Eliseo non ha mai chiesto il ritiro a prescindere dei candidati. Anzi ha lasciato trapelare che andavano fatte “valutazioni caso per caso“. E il suo stesso partito si è spaccato, con il ministro delle Finanze Bruno Le Maire che ha rivendicato il suo no ai candidati de la France Insoumise. Dall’altra parte invece, il Nuovo fronte popolare della sinsitra non ha dato segni di esitazione. Tanto che lo stesso Jean-Luc Mélenchon ha dettato la linea pochi minuti dopo aver visto i risultati: “Ci ritireremo ovunque siamo terzi”, aveva detto. Salvo però, poi aggiungere: “Macron è lo sconfitto”. Una frase che non ha aiutato ad appacificare gli animi.
Le valutazioni nazionali però, si scontrano con dinamiche locali che molto spesso vengono da mesi di scontri tra i partiti e campagne elettorali gli uni contro gli altri. Uno dei casi che sta facendo più scalpore ad esempio, è quello della Val-de-Marne dove, al primo turno, ha vinto il candidato de la France Insoumise Louis Boyard (42,17%). Secondo al 27,31% è arrivato il nome sostenuto da Eric Ciotti e quindi Marine Le Pen, solo terzo Loïc Signor del partito presidenziale Renaissance. La stessa formazione politica, in un comunicato inviato all’Agence France Presse, ha fatto sapere che il proprio nome probabilmente non farà passi indietro. “In numerose occasioni, Boyard ha mostrato il suo disprezzo per la Repubblica, i suoi rappresentanti e i suoi valori”, si legge nella nota. I macorniani lo accusano di aver “insultato e minacciato le nostre forze dell’ordine”, oltre ad aver fatto appelli “al disordine pubblico nelle scuole superiori e nelle università”. Boyard ha replicato: “Queste persone sono patetiche e irresponsabili. Possiamo vedere chi è all’altezza della storia e chi no. Noi de La France insoumise non stringiamo la mano al Rn, ma ritiriamo le nostre candidature”.
Malumori ci sono anche tra i Repubblicani che si sono rifiutati di ritirarsi o dare indicazioni di voto. E non solo a favore della sinistra o del partito presidenziale. Eric Ciotti, il leader Lr dissidente che è passato con l’estrema destra ha “chiesto” esplicitamente al deputato uscente della Corrèze, Francis Dubois, dei Républicains, di “ritirarsi” in vista del secondo turno. L’obiettivo dichiarato è “battere François Hollande”, l’ex presidente francese arrivato in testa al primo turno, seguito dalla candidata del Rassemblement National, a sua volta davanti a Dubois. Nel post su X con l’appello a Dubois alla “desistenza” per evitare il ballottaggio a tre, il “triangolare”, di domenica prossima, Ciotti ha scritto che “bisogna invitare a votare per la candidata di unità nazionale, l’unica che possa mandare in pensione Hollande”. Dubois ha ribattuto sempre via X. “Eric vediamo che non conosci la Corrèze, dove non hai mai messo piede. Se fosse stato così sosterresti un candidato davvero legato al territorio, l’unico in grado di battere Hollande”.
Intanto oggi, in un intervento, pubblicato su le Monde, un collettivo di oltre mille accademici e storici francesi di diversi orizzonti politici, tra cui Patrick Boucheron, Antoine Lilti, Pierre Nora, Mona Ozouf e Michelle Perrot, hanno invitato i loro connazionali francesi a non voltare le spalle al proprio passato e a non votare il Rassemblement National (RN). “Per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale, l’estrema destra è alle porte del potere in Francia”, scrivono, “storici, provenienti da contesti politici diversi, attaccati ai valori democratici e allo Stato di diritto, non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questa prospettiva spaventosa alla quale possiamo ancora resistere”. “Non lasciamoci ingannare dalla prudenza retorica e tattica con cui la RN prepara la presa del potere”, aggiungono, “questo partito non rappresenta la destra conservatrice o nazionale, ma la più grande minaccia per la Repubblica e la democrazia”. Resta da capire se, in un clima di profonda divisione del Paese, appelli e ritiri basteranno per tenere un fronte repubblicano che mai si era presentato così debole.