Khan Younis torna a soffrire. L’esercito israeliano ha ordinato lunedì l’evacuazione di massa dei palestinesi da gran parte della seconda città più grande della Striscia di Gaza. Lunedì Israele ha denunciato che proprio dall’area di Khan Younis i militanti della Jihad islamica hanno lanciato una ventina di razzi contro le comunità israeliane vicino al confine con Gaza. L’ordine è un segnale che le truppe israeliane potrebbero presto tornare a occupare la città meridionale, che è stata quasi completamente distrutta durante i mesi di gennaio e febbraio. È anche un’indicazione che Hamas si è riorganizzata nella città, proprio mentre l’esercito di Tel Aviv ha comunicato di essere arrivato alle fasi finali delle operazioni nella città di Rafah, all’estremo sud al confine con l’Egitto.

L’ordine di evacuazione dell’Idf riguarda la metà orientale di Khan Younis e un’ampia fascia dell’angolo sud-orientale della Striscia di Gaza. Il direttore della pianificazione dell’Unrwa, Sam Rose, stima che sono circa 250.000 i palestinesi che saranno costretti a evacuare. Si tratta di oltre il 10% della popolazione palestinese dell’enclave, che conta 2,3 milioni di abitanti. Molti di loro sono rifugiati, fuggiti dai combattimenti in altre zone e soprattutto da Rafah. Secondo l’Unrwa, altre 50.000 persone che vivono appena fuori dall’area potrebbero scegliere di andarsene a causa della loro vicinanza ai combattimenti.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha dichiarato che il nuovo ordine di evacuazione “dimostra ancora una volta che nessun luogo è sicuro a Gaza” per i civili palestinesi ed è “un’altra tappa di questo mortale movimento circolare che la popolazione di Gaza è costretta a subire regolarmente”. Guterres ha ribadito la richiesta di un cessate il fuoco.

“Abbiamo ricevuto un messaggio sui nostri telefoni cellulari”, ha detto una donna sfollata, Zeinab Abu Jazar, trattenendo le lacrime all’Associated Press. Nella notte di lunedì le immagini delle agenzie di stampa internazionali di civili hanno mostrato civili arrancare a piedi accanto a un flusso costante di veicoli che iniziavano a uscire dalla zona di evacuazione. Sulle spalle pochi effetti personali fondamentali: materassi, vestiti, secchi di plastica per lavarsi, un ventilatore elettrico. I camion stracolmi di oggetti e mobili.

Ieri sono stati uccisi due soldati israeliani nel centro della Striscia, nel corridoio Netzarim. Invece i funzionari sanitari palestinesi hanno comunicato che almeno nove persone sono morte nella notte tra lunedì e martedì in un attacco israeliano sulla città. Tra le vittime ci sarebbero due donne e tre bambini, secondo i registri dell’ospedale Nasser, dove sono stati portati i morti e i feriti.

Lunedì Israele ha rilasciato il direttore di quello che una volta era il più grande ospedale di Gaza, al Shifa, dopo averlo trattenuto per sette mesi senza accuse né processo. Il rilascio ha scatenato una bufera politica a Tel Aviv, dove il premier Benjamin Netanyahu ha accusato l’intelligence dello Shin Bet di non averlo informato. Israele ha affermato che l’ospedale era stato usato come centro di comando di Hamas, cosa che i funzionari sanitari palestinesi hanno negato. Il medico ha detto che lui e altri detenuti sono stati tenuti in condizioni dure e torturati.

Times of Israel: “Netanyahu disposto ad accettare l’Anp a Gaza” – Mentre l’offensiva prosegue, a Tel Aviv si ragiona ancora sulla gestione della Striscia nel dopoguerra. Il quotidiano Times of Israel ha rivelato martedì che, anche se pubblicamente continua a opporsi, in realtà il premier israeliano Benjamin Netanyahu dietro le quinte ammette che l’Autorità nazionale palestinese (Anp) possa avere un ruolo nel dopoguerra nella gestione della Striscia di Gaza. Senza farne pubblicità, hanno detto tre funzionari israeliani al Times of Israel, “Bibi” ha ritirato le sue obiezioni al fatto che alcuni “individui legati all’Anp” possano essere implicati nella gestione di Gaza dopo la guerra.

Uno sviluppo che arriva dopo che per mesi l’ufficio di Netanyahu ha ordinato all’apparato di sicurezza di non includere l’Autorità Nazionale Palestinese in nessuno dei suoi piani postbellici. Questa ferma opposizione finora ha ostacolato tutti gli sforzi internazionali, in primis quello degli Stati Uniti, per trovare una soluzione al conflitto e arrivare a un cessate il fuoco.

La settimana scorsa Netanyahu diceva ancora a Channel 14 che non avrebbe permesso la creazione di uno stato palestinese nell’enclave palestinese e di “non essere pronto a dare Gaza all’Autorità Nazionale Palestinese”. Il suo obiettivo dichiarato è istituire una “amministrazione civile, se possibile con i palestinesi locali e, si spera, con il sostegno dei paesi della regione”. Ma in privato avrebbe concluso che gli “individui locali” con legami con l’Anp sono l’unica opzione praticabile per Israele, a meno di non rischiare il ritorno di Hamas.

La richiesta israeliana nei confronti dell’Anp sarebbe proprio quella di introdurre restrizioni anche in Cisgiordania tese a “affrontare l’incitamento al terrorismo”, in altre parole a frenare la diffusione di Hamas nei Territori palestinesi occupati.

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