In Italia sono una cinquantina, non ancora riconosciuti giuridicamente. Si incontreranno tutti dal 24 al 28 luglio prossimi a Monzuno, in provincia di Bologna
Al loro interno si può vivere anche spendendo 200 euro al mese, perché i consumi si riducono e due macchine possono bastare per 20 persone, invece che per una sola famiglia. Ma oltre a spendere meno, si lavora anche di meno, perché la vita in un ecovillaggio libera tempo. Di queste realtà, gli ecovillaggi appunto, sparse in tutta Italia, ma soprattutto a al centro-nord, si parla poco, anche perché i numeri non sono enormi: una trentina quelli legati alla rete ecovillaggi.it (si incontreranno tutti dal 24 al 28 luglio prossimi a Monzuno, in provincia di Bologna), più una ventina non legati alla rete, con una composizione media di circa venti persone. “Al di là degli aspetti pratici, entrare in un ecovillaggio significa sperimentare nuovi stili di vita, essere più coerente con i valori in cui crediamo e cioè la sostenibilità ecologica ma anche quella sociale, un rapporto diverso con il denaro e con il lavoro. Insomma, non solo ‘andare a vivere in campagna’”, spiega Andrea Bouchard, conosciuto come Majid, copresidente della rete, scrittore e insegnante. “Si tratta di una realtà ancora di nicchia anche se si vanno diffondendo formule miste. In tutte si sperimenta già, seppure in forme diverse, l’uscita da un sistema non sostenibile sotto molti punti di vista.”.
Nonostante siano state presentate alcune proposte di legge, “non c’è alcun riconoscimento giuridico delle comunità intenzionali”, spiega Bouchard. Ad oggi, sono per lo più associazioni di promozione sociale, inserite nella rete europea GEN e, a differenza dell’immaginario che vede gli ecovillaggi come luoghi “fricchettoni”, si tratta di realtà spesso molto strutturate. E rispetto al lavoro? Anche qui le formule sono miste. “Alcune persone”, continua Bouchard, “lavorano esternamente, altre internamente, per lo più in modo misto. E anche la gestione dei soldi varia: c’è chi mette tutto in comune, chi una parte, chi si divide le spese”.
Molto importante il tema della libertà dei comportamenti: in genere queste comunità fanno dell’orizzontalità il loro punto di forza, non c’è gerarchia. Ecco perché non si entra nel merito delle singole scelte e si decide non per maggioranza, ma attraverso forme consensuali. “Per fare comunque alcuni esempi: c’è una comunità vicino a Bologna (progetto Meraki) fatta per lo più da giovani che hanno deciso che possono viaggiare per quattro mesi l’anno. Oppure: tutti gli ecovillaggi sono tendenzialmente vegetariani, ma nessuno obbliga a non mangiare carne”.
Impolitici, sostenibili, anti-individualisti
Alcune comunità hanno un’impronta spirituale più marcata e, a volte, un leader fondatore riconosciuto come guida, mentre nella larga maggioranza delle comunità, convivono visioni diverse, che trovano ispirazione spesso nei grandi maestri indiani o nativi americani in una rivisitazione moderna.
La rete degli ecovillaggi, in Italia più povera che in altri Paesi, si finanzia con le offerte e il lavoro volontario dei membri, e in certi casi partecipando a bandi europei. L’aspetto ecologico va ben oltre il tema della naturale riduzione dei consumi. “Autoproduciamo buona parte ciò che ci serve, dal cibo al sapone. C’è persino un ecovillaggio in Veneto (Gaia Terra) che non butta nulla, non ha bisogno di cassonetti perché ricicla tutto. Anche sull’energia i consumi sono ridotti, e utilizziamo pannelli solari. Inoltre, spesso dove possibile costruiamo case in paglia e in terra, costano poco e sono perfette per il nostro clima”. In conclusione, qual è l’ostacolo più grande all’entrata in un ecovillaggio? “L’individualismo. Anche io ho passato tantissimi anni immaginando che la felicità fosse la realizzazione di me stesso”. Ecco perché spesso gli ecovillaggi non reggono la prova della convivenza, su dieci progetti che partono uno solo si stabilizza e dura oltre i cinque anni.
Una guida per creare un ecovillaggio
E proprio da qui è nata, a livello europeo, l’idea di creare una scuola per dare lineamenti a chi si accinge a fondare ecovillaggio. Si chiama progetto CLIPS offre dei corsi e ha prodotto una “guida CLIPS per progetti di gruppo ed iniziative sostenibili” che è scaricabile gratuitamente.