Mi è capitato più volte di transitare in questi due anni sull’autostrada Milano-Venezia e di vedere così i devastanti lavori della tratta di Alta velocità ferroviaria Brescia-Verona-Padova. Una vista che alimenta ancor più il mio convincimento che il maggior consumo di suolo perfettamente inutile (ammesso che ve ne sia uno utile) è quello causato dalle opere definite dai politici “di pubblica utilità”, tra le quali l’Alta velocità ferroviaria costituisce una sorta di archetipo.

A quella vista, il mio pensiero non può che correre altresì a quel ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti nello sciagurato governo Lega-Cinquestelle (!), a quel Danilo Toninelli che questo scempio poteva fermarlo e non lo fece perché costava troppo, nonostante che il professor Marco Ponti, a capo della commissione da lui stesso istituita, affermasse, riguardo all’opera: “L’analisi costi-benefici dice un no grande come una casa, costi molto superiori ai benefici, costa 8 miliardi”. E adesso quel cancro sta avanzando e sta minacciando la città di Vicenza, e in particolare un cantiere dovrebbe essere insediato in un bosco in città, il Bosco Lanerossi, un’area verde di 11.000 mq, che si chiama così perché appartenne all’industria tessile Pettinatura Lanerossi tra il 1925 e il 1994, anno nel quale lo stabilimento venne chiuso.

Da allora l’area è transitata attraverso diverse proprietà, senza che venisse effettuata alcuna bonifica, il che ha consentito alla natura di prendere il sopravvento, come spesso accade con le aree industriali abbandonate. Ed è così che, in trent’anni di abbandono, si è creato spontaneamente un ecosistema complesso, un vero e proprio bosco in città.

Mammiferi quali caprioli, tassi, anfibi quali i tritoni, e varie specie di uccelli abitano ora il bosco. Un censimento vegetale ha evidenziato la presenza di almeno 75 specie vegetali, di cui 27 arboree, 16 arbustive e 32 erbacee/rampicanti, appartenenti a 50 famiglie diverse. Ma il vero e proprio simbolo del bosco Lanerossi è costituito da un esemplare secolare di Liquidambar styraciflua della circonferenza di 4,20 metri e un’altezza di circa 20 metri, un albero che ben si potrebbe definire “monumentale” e che fu fatto mettere a dimora dalla famiglia Rossi, proprietaria dell’opificio.

Ma, se tutto andasse secondo i piani di Rfi, questo polmone verde scomparirebbe. Infatti, proprio qui, come dicevo sopra, verrebbe realizzato un nuovo cantiere di costruzione del Tav (uno degli almeno venti che interesserebbero Vicenza!). Per questo verrebbero distrutti 11mila metri quadrati di parco, senza toccare invece l’ex fabbrica da bonificare. Ma non finisce qui, perché con questo bosco un altro polmone verde di 14.000 mq e di alberi vetusti, che sorge a ridosso dell’argine del fiume Retrone, verrebbe eliminato. È il bosco di via Ca’ Alte.

In totale, quindi, si eliminerebbero 25.000 mq di verde cittadino, 25000 mq azzerati per sempre, in una città con altissimi tassi di inquinamento, posto che è seconda nella triste graduatoria delle città più inquinate d’Italia. La cittadinanza vicentina non è certo rimasta inerte e si è mobilitata occupando i due boschi, realizzando percorsi all’interno, casette sugli alberi, orti collettivi e soprattutto eventi ed attività di sensibilizzazione.

Accanto alla cittadinanza le associazioni ambientaliste, fra le quali Italia Nostra, che ha fatto ricorso al Tar Lazio sostenendo l’illegittimità della tratta d AV che interessa Vicenza. L’udienza è fissata per il giorno 17 luglio prossimo. In conclusione, mi piacerebbe sapere se Danilo Toninelli è ancora dell’opinione che espresse allora, che l’alta velocità non si poteva fermare. Oggi il M5S sta perdendo sempre più consensi: si chieda il perché. E voi adesso cosa fate? State lì a leggermi? Ma firmate, no!

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