In cinque anni sono stati 1.136 i super ricchi che hanno deciso di spostare la residenza in Italia in Italia per sfruttare l’imposta sostitutiva forfettaria di 100mila euro varata nel 2016 dal governo Renzi. Il regime fiscale preferenziale più dannoso tra quelli adottati nella Ue, secondo il Rapporto sull’evasione fiscale globale dell’Eu Tax Observatory, perché offre grandi benefici a pochi individui estremamente facoltosi. E questa “flat tax per Paperoni“, di cui ha goduto tra gli altri Cristiano Ronaldo quando giocava nella Juventus, potrebbe diventare ancora più attrattiva ora che la Gran Bretagna ha deciso di abolire il suo trattamento di favore (comunque meno generoso di quello italiano) per i “residenti non domiciliati”, sfruttato tra gli altri dalla moglie del primo ministro Rishi Sunak, l’ereditiera Akshata Murty.
Ad aggiornare i dati è stata come ogni anno la Corte dei Conti, che nella relazione sul rendiconto generale dello Stato tenta di alzare il velo su una misura applicata senza alcuna trasparenza riguardo al costo-opportunità per lo Stato: “L’Agenzia non conosce né l’ammontare dei redditi esteri sui quali agisce l’imposta sostitutiva, né le imposte ordinarie che sarebbero state effettivamente prelevate su tali redditi in assenza del regime sostitutivo”, spiegano i magistrati contabili. Impossibile dunque sapere quanto avrebbero dovuto pagare se fossero stati assoggettati all’Irpef come un normale contribuente italiano.
Peggio ancora, non esistono “specifiche rilevazioni per valutare la reale rispondenza della misura alla finalità dichiarata nella relazione illustrativa alla legge di bilancio per il 2017, secondo la quale lo scopo sarebbe stato quello “di favorire gli investimenti in Italia da parte di soggetti non residenti””. Infatti la norma renziana si limita a “favorire soggetti che possono ritrarre fonti di reddito da più paesi e che trasferiscono la propria residenza in Italia per finalità lavorative (come nel caso, probabilmente frequente, degli sportivi professionisti), residenziali o per altre ragioni, senza tuttavia esigere – come pure ci si sarebbe dovuto attendere – un effettivo e tangibile collegamento con la realizzazione di investimenti produttivi nel nostro Paese”. Non è dato, quindi, nemmeno capire se questi Paperoni abbiano in qualche modo contribuito allo sviluppo economico della Penisola o godano del “regalo” senza dare nulla in cambio. Al netto ovviamente dei consumi realizzati in Italia.
Di sicuro, come evidenzia anche l’ultimo Wealth Report 2024 del gruppo di consulenza sul real estate Knight Frank, l’arrivo di centinaia di neo-residenti molto abbienti ha fatto pesantemente sentire i propri effetti sul mercato immobiliare di Milano, dove diventa sempre più difficile – lamentano i consulenti – trovare super attici e altre abitazioni di pregio in centro città. I prezzi sono saliti alle stelle, con un effetto domino che arriva fino alle periferie a danno dei “normali” cittadini soggetti a un prelievo fiscale standard.
Tornando ai numeri, le tabelle della Corte dei Conti mostrano che nel 2022 a esercitare l’opzione per la tassa piatta sui redditi esteri sono stati 818 “contribuenti principali” – che hanno versato 100mila euro l’uno sui redditi esteri – e 318 loro familiari, tenuti a pagare 25mila euro a testa. In totale i beneficiari sono quindi 1.136. Dal 2018, quando erano 263, la crescita è stata costante: nel 2019 sono saliti 429, nel 2020 a 549, nel 2021 a 803. Nel corso del 2023 l’Agenzia delle Entrate ha poi risposto a 576 interpelli riferiti al regime speciale: richieste arrivate, evidentemente, da una parte dei potenziali nuovi richiedenti. Il gettito ricavato dallo Stato nell’ultimo anno per cui sono disponibili i dati, il 2022, ammonta a 89,8 milioni. A cui vanno sommati gli introiti legati alle imposte su eventuali redditi prodotti in Italia, pari a 75 milioni di euro stando all’ultima analisi sui dati Irpef del dipartimento Finanze, secondo cui però i cosiddetti “high net worth individual” che hanno beneficiato della flat tax sono stati nel 2022 957. Nulla è invece dovuto a titolo di imposta patrimoniale sugli immobili e sulle attività finanziarie detenute all’estero.
L’Eu Tax Observatory, lo scorso anno, ha stimato in 54 milioni la perdita subita dall’erario italiano per effetto del regime agevolato. La cifra è relativamente ridotta, ma l’istituto diretto da Gabriel Zucman ha evidenziato che la tassa piatta è estremamente dannosa perché il vantaggio dura per ben 15 anni, è appetibile solo per gli estremamente facoltosi, non prevede alcun requisito relativo al tipo di attività svolta e concede un’esenzione che supera il 60% del carico fiscale applicato ai non beneficiari.
Per restare in tema di fiscalità agevolata, la Corte ha anche aggiornato le informazioni sugli italiani residenti nei paradisi fiscali o comunque in Paesi che accordano regimi più favorevoli. Quelli che per il 2021 hanno dichiarato di avere comunque fonti di reddito in Italia sono 32.778. I controlli effettuati nei loro confronti tra il 2019 e il 2023 sono stati solo 917, il 77% dei quali ha avuto esito positivo cioè ha fatto emergere irregolarità. Peraltro la stragrande maggioranza delle verifiche ha riguardato i residenti in Svizzera, Paese che ospita oltre 450mila italiani ed è uscito solo nel 2024 dalla black list. Solo 50 i controlli su 1.940 italiani trasferiti negli Emirati arabi che hanno continuato però a presentare dichiarazione dei redditi in Italia, dove dunque hanno ancora interessi economici.
Il Fatto è partner di Oxfam nella campagna di raccolta firme per chiedere l’introduzione nell’Unione Europea di un’imposta sui grandi patrimoni. Qui il link al sito La Grande Ricchezza da cui è possibile aderire.
Nota dell’autore: Lo scorso anno, nella sua relazione, la Corte ha riportato la sommatoria del numero di contribuenti che nel periodo 2018-2021 avevano esercitato l’opzione. Il totale arrivava così a 2.142, dato riportato anche dal Fattoquotidiano.it. Lo stesso contribuente potrebbe, però, aver esercitato l’opzione per tutti i periodi di imposta considerati e risultare quindi conteggiato più volte. Quest’anno, per evitare fraintendimenti, nella Relazione al Rendiconto 2023 quel “totale” non è stato riproposto.