La Grande Boucle passa per il Sestriere prima di cedere il passo alla Francia. Il Tour d’Italia finisce a duemila e oltre metri nel municipio più alto d’Italia. È questo un luogo mitico per lo sport, il solo che ha ospitato nella sua storia, oltre che il Tour e il Giro, i mondiali di Sci alpino nel 1997 e l’Olimpiade invernale di Torino del 2006. Qui nel 1952 vinse Fausto Coppi, l’anno della fotografia del Campionissimo con Bartali che in posa per l’obiettivo si scambiano la borraccia. Quarantanni dopo vinse Claudio Chiappucci in maglia a pois, mentre la gialla ce l’aveva il solito Miguel Indurain. Non è lo stesso versante del 1992, si sale da dove per esempio si è fatta al Giro d’Italia la cronometro nel 1993. Ma sempre Sestriere è.

Per Chiappucci un ricordo unico, infatti in casa ha un po’ dappertutto la foto di lui che esulta al traguardo. Quella fu una incredibile fuga da lontano. Nemmeno il protagonista pensava che potesse durare. Chilometraggio lungo, più di 7 mila metri di dislivello, 7 ore 45 minuti di corsa. Impossibile dimenticare. Per lui, per chi seguiva a bordostrada e per chi era sintonizzato sulla Rai con la telecronaca di Adriano De Zan. Furono ore di gloria ma pure complicate. Claudio aveva paura di essere ripreso, si sentiva solo e cercava di allontanare lo sconforto. Crollò in un pianto liberatorio, che allora nessuno vide. Gli servì per continuare fino al traguardo. Non gli capitò mai più di piangere in corsa né prima né dopo. “Non avete idea di cosa sia il Tour, un vero e proprio calvario”, sono le parole uscite dalla bocca di un ciclista francese (Pelissier) esattamente cento anni fa, il 1924 è l’anno in cui vinse Ottavio Bottecchia, primo italiano a riuscirci nella storia della corsa a tappe francese.

Oggi con la partenza a Pinerolo il Sestriere arriva presto, a solo 50 chilometri dal via. Si muove il campione del mondo Mathieu van der Poel e sul Gran Premio della montagna Stephen Williams passa per primo, poi Valentin Madouas, Warren Barguil e Tobias Jhannessen. In fuga sono in diciassette e così si arriva in Francia in attesa del Galibier. “Quella vetta non è il traguardo, quella cima però è l’ultima possibilità di lasciare un’impronta, la propria impronta, sul Tour”, scrive Michele Spiezia sul libro appena uscito Di oro, di fango e di piombo, parlando del 1998, di Marco Pantani e del Galibier. Oggi a meno 7 km dal Gran Premio della montagna il gruppo è unito, poco dopo Carapaz si stacca perdendo in pratica qui la maglia gialla. Nella cima del Galibier arriva per primo Pogačar, staccati Vingegaard e un bravo Evenepoel. A Valloire Pogačar vince la tappa e si riprende la maglia gialla. Che fuoriclasse.

Alberto Fiorin e Dino Facchinetti sarebbero probabilmente qui lungo la strada, a incitare i pochi italiani e ad applaudire i campioni, con la loro bicicletta appoggiata da qualche parte, non troppo lontano. Invece il presidente e segretario della storica Società Ciclistica Pedale Veneziano (sì, ne esista una in Laguna da più di cento anni) sono in Cina sulle tracce di Marco Polo a cercare una connessione di fortuna non per guardare la tappa su Raiplay, impossibile anche con la sim cinese, ma almeno per leggere il risultato a fine tappa. I due “pazzi” ciclisti-viaggiatori sono partiti da più di due mesi a cavallo delle loro gravel da Venezia per i 700 anni dalla morte del loro “collega” Marco Polo, ma soprattutto per sete di avventura. Nella loro personale tour, eroico più di quello di Carapaz e di tutti gli altri, sono arrivati oggi alla tappa numero 57 e al chilometro 7150 (circa). Arriveranno a destinazione il primo agosto dopo 100 giorni e 12000 chilometri complessivi, in solitudine senza l’ausilio di un mezzo dietro e senza prenotare in anticipo un posto in cui dormire, infatti a volte si sono accampati con il sacco a pelo dove capitava. Stasera chiederanno aiuto ad un ristoratore cinese per poter dormire almeno sotto una tettoia perché di alberghi non ce sono nel raggio di centinaia di chilometri (lo sapevano già alla vigilia). In queste settimane hanno attraversato le frontiere di Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Arzebajan, Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakistan e ovviamente della Cina. In attesa del 21 luglio e dell’arrivo dell’ultima tappa del Tour a Nizza (una cronometro, niente Parigi quest’anno per via delle imminenti Olimpiadi) e di sapere chi vincerà questa edizione, consegniamo una simbolica maglia gialla di campioni al duo veneziano, che non avrebbe sfigurato nel ciclismo eroico di Binda, Guerra, Girardengo e Bottecchia.

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