Il paragone è ardito e riporta a un altro caso che ha scosso l’Italia negli anni scorsi: “L’omicidio della 18enne Serena Mollicone riporta a quello di Marco Vannini“. A farlo è stato il procuratore generale della corte d’Assise d’Appello di Roma, Francesco Piantoni, che insieme alla sostituta, Deborah Landolfi, ha presentato in forma scritta le richieste di condanna per le persone coinvolte nell’omicidio della studentessa di Arce, in provincia di Frosinone, uccisa nel 2001 e il cui corpo venne ritrovato nel bosco di Fontecupa nel comune di Fontana Liri. Per l’accusa è necessario condannare l’ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, a 24 anni, a 22 la moglie Annamaria e a 22 anni il figlio Marco e assolvere i carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. La requisitoria dei Pg terminerà nell’udienza che si terrà domani (3 luglio) a Roma. Per i due carabinieri, secondo la procura generale non ci sarebbero prove sufficienti per arrivare alla condanna. In primo grado, i giudici della Corte d’Assise di Cassino, avevano assolto tutti gli imputati.

Perché il paragone con l’omicidio di Marco Vannini? Il giovane, si ricorderà, venne ucciso a Ladispoli da un colpo di pistola a casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli, sparato dal padre, Antonio Ciontoli, condannato in via definitiva. Il riferimento della pubblica accusa è relativo al cosiddetto obbligo di “garanzia e di protezione dei titolari dell’abitazione nei confronti di persone da loro ospitate che si trovino in pericolo di vita”. Serena Mollicone, infatti, secondo la ricostruzione dei pg rimase agonizzante prima di morire, senza che nessuno le prestò soccorso. La sentenza è prevista per il prossimo 12 luglio.

Il pg oggi ha spiegato che nell’omicidio Vannini “il giovane era ospite in casa della fidanzata quando viene ferito da un colpo di arma da fuoco sparato dal padre della ragazza e poi lasciato morire senza chiamare adeguati soccorsi. L’obbligo di garanzia sorge per il titolare di un’abitazione quando ospita una persona che viene a trovarsi in una situazione di pericolo – ha chiarito – proprio perché trovandosi nella sua abitazione era in un posto dove nessun altro poteva entrare”. E quindi: “Marco ha messo in pericolo la vita di Serena in un appartamento dove solo i Mottola potevano accedere e avevano l’obbligo di intervenire – hanno scritto i sostituti procuratori generali Deborah Landolfi e Francesco Piantoni – Entrambi i genitori e lo stesso Marco avevano l’obbligo di garanzia di prestare soccorso alla ragazza che era entrata nell’abitazione di cui solo essi avevano la disponibilità e ciò non hanno fatto, anzi hanno voluto nascondere quanto era successo – hanno aggiunto – per evitare conseguenze penali ai danni del figlio. Ma, in questo caso, hanno anche deciso di soffocare la ragazza e quindi di ucciderla deliberatamente, per poi far sparire il corpo ed ogni traccia”.

Spiegando le posizioni degli imputati, la pubblica accusa ha sottolineato che Franco Mottola è “la persona che ha tenuto il comportamento più grave perché era il comandante della stazione dei carabinieri e avrebbe dovuto prendere per primo le iniziative per evitare che questa ragazza morisse”. “Per Marco e Annamaria Mottola chiediamo 22 anni di reclusione – ha concluso – una pena un po’ più alta del minimo edittale vista la gravità della situazione. Inoltre non hanno mai ammesso le loro responsabilità e non hanno mai collaborato“.

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