È una rottura senza precedenti quella consumata al Consiglio superiore della magistratura tra il vicepresidente, l’avvocato leghista Fabio Pinelli, e i membri togati dell’organo, cioè quelli eletti dalla magistratura nelle proprie file, equivalenti a due terzi del totale. La seduta pomeridiana di mercoledì si è aperta con la lettura di un comunicato durissimo da parte di tutti i consiglieri magistrati, che di fatto hanno sfiduciato il numero due del capo dello Stato – presidente di diritto del Csm – accusandolo di voler delegittimare i pubblici ministeri. Il casus belli è stato il voto della nuova circolare sull’organizzazione delle procure, il documento che disciplina le regole interne degli uffici inquirenti di tutta Italia: il testo, approvato al mattino con sei voti contrari e due astenuti, è stato criticato in modo molto aspro dai consiglieri laici (cioè eletti dal Parlamento) in quota centrodestra, soprattutto a causa delle previsioni che valorizzano e tutelano il ruolo dei singoli sostituti, limitando il potere dei procuratori capo. E a questo coro di dissenso “politico” ha scelto di unirsi anche il vicepresidente Pinelli, con un lungo intervento subito prima del voto (senza possibilità di replica) in cui, annunciando la propria astensione sulla circolare, ha attaccato di fatto l’intera categoria dei magistrati inquirenti con argomentazioni dal sapore vetero-berlusconiano.
Secondo l’avvocato padovano, la circolare approvata pecca di “eccessi limitativi dei poteri del procuratore della Repubblica“, verso cui mostra “sfiducia e diffidenza”. E ciò, afferma, nonostante i procuratori possano vantare “maturità e competenze professionali (…) tanto più importanti in un contesto che ha visto, nei fatti, un progressivo e continuo spostamento del centro del procedimento verso la fase delle indagini preliminari, in cui ormai si concentrano tutti i rischi di compromissione della vita personale, reputazionale e professionale del cittadino, rispetto ai quali il dibattimento ormai non offre che una tardiva e spesso insufficiente garanzia. Pensare che ci sia un giudice a Berlino non vale più: si arriva a Berlino stritolati dal processo mediatico e irrecuperabile diventa il danno reputazionale subito”, ha detto. “In un simile contesto”, argomenta quindi, “è vieppiù necessario che gli uffici di Procura si muovano secondo logiche di armonia interpretativa, di uniforme applicazione della legge e di esercizio obbligatorio, imparziale ed uguale dell’azione penale, che necessitano il riconoscimento di adeguati poteri al procuratore“. Anche “le garanzie di autonomia e indipendenza ‘interna’ del pubblico ministero”, dice Pinelli citando l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano, “riguardano l’ufficio nel suo complesso e non il singolo magistrato”, proprio perché l’azione deve essere impersonalmente ricondotta all’ufficio.
Insomma, abdicando ancora una volta al suo ruolo di garanzia, Pinelli ha di fatto pronunciato un comizio politico funzionale al progetto della maggioranza di centrodestra, che punta da sempre a gerarchizzare le procure separandole dagli uffici giudicanti, con l’obiettivo – nemmeno troppo nascosto – di arrivare alla loro sottoposizione al governo. Per questo, con un’iniziativa inedita, i togati di tutte le correnti (in totale venti, più il laico in quota Pd Roberto Romboli) hanno diffuso una netta presa di posizione contro il loro vicepresidente, letta in plenum dal consigliere Antonello Cosentino, esponente dei progressisti di Area e magistrato di Cassazione: “Premesso il diritto di ogni consigliere di esprimere nel dibattito le proprie opinioni, non possiamo tacere il nostro fermo dissenso rispetto al metodo e al contenuto di affermazioni che si sono di fatto risolte in un atto di delegittimazione del ruolo del pubblico ministero e di generalizzata sfiducia nel lavoro degli uffici di Procura e, quindi, della magistratura tutta. Rappresentazione che non solo non trova alcun riscontro nell’assetto istituzionale ma che è ancora più grave perché offerta da chi riveste il ruolo di vicepresidente dell’organo di governo autonomo della magistratura”, attaccano. Messo di fronte a questo atto d’accusa Pinelli ha scelto di non replicare, proseguendo come se niente fosse nell’ordine dei lavori. Ma lo strappo, c’è da scommetterci, non si rimarginerà a breve.