Non è lo “svuotacarceri” temuto da qualcuno e auspicato da altri, ma solo un micro-intervento che rischia di avere un effetto nullo – o quasi – sui numeri emergenziali del sovraffollamento penitenziario. Il decreto-legge battezzato “Carcere sicuro“, approvato dal Consiglio dei ministri dopo vari annunci a vuoto del Guardasigilli Carlo Nordio, non contiene misure capaci di far uscire subito una parte dei 61.547 detenuti attualmente in cella nel nostro Paese (contro una capienza di 51.241). Non c’è, in particolare, “l’indulto mascherato” proposto dal deputato di Italia viva Roberto Giachetti, che con il suo ddl vuol risolvere il problema aumentando – anche in via retroattiva – i giorni di liberazione anticipata, volgarmente detta “sconto di pena per buona condotta”, da 45 a sessanta o addirittura a 75 ogni sei mesi. Quella soluzione, che aveva convinto una parte della maggioranza – compreso il sottosegretario alla Giustizia di FdI Andrea Delmastro – è stata bloccata dalla premier Giorgia Meloni. Così alla fine nel decreto portato in Cdm da Nordio entra una misura quasi impalpabile: una piccola semplificazione dell’iter per riconoscere i 45 giorni di sconto, compito che comunque resta affidato ai giudici di sorveglianza (e non al direttore del carcere come vorrebbe Giachetti).

In particolare, si prevede che, quando un detenuto fa richiesta per ottenere una misura alternativa al carcere – semilibertà, domiciliari o affidamento in prova – spetti direttamente al giudice destinatario della richiesta valutare anche la “sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione a ogni semestre precedente”, in modo da stabilire se la pena residua è già scesa sotto il limite previsto (ad esempio 18 mesi per i domiciliari). In questo modo, per decidere sulle misure alternative non bisognerà più attendere che un altro giudice evada tutte le pratiche per assegnare lo sconto di pena. Nel decreto si inasprisce anche la disciplina del regime di 41 bis, il carcere duro per mafiosi e terroristi, escludendo la possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa. Previsto inoltre l’incremento del numero di telefonate da quattro a sei al mese, con una ulteriore possibilità di aumento da parte del direttore del carcere.

Infine si autorizza l’assunzione di un contingente di mille nuovi agenti di polizia penitenziaria, cinquecento per il 2025 e altrettanti per il 2026. Su quest’ultima previsione si mostra scettico il segretario del sindacato di categoria Osapp Leo Beneduci, che sottolinea l’inadeguatezza del sistema di formazione delle nuove reclute: “Così i corsi per agente che dovevano durare 12 mesi e che adesso ne durano sei arriveranno finalmente a quattro mesi. Tanto vale mandare i ragazzi direttamente a lavorare in carcere con le chiavi in mano”, attacca.

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