“Era dicembre del 2023 e, più per noia che per altro, decido di aprire una pagina Instagram dedicata ai biscottini della fortuna, ma non quelli che si trovano nei ristoranti cinesi con frasi profetiche e divinatorie. I miei biscottini li faccio con frasi ciniche, caustiche e per questo li chiamo ‘cattivi’. Tutto virtuale, ovviamente. In poco tempo i miei post riscuotono moltissimo successo. Fino a che i follower iniziano a chiedermi dove possono comprare i biscotti…”.
Un gioco, un’idea nata da una situazione di noia derivata da un lavoro poco gratificante e a tratti alienante, ha inaspettatamente e letteralmente cambiato la vita di Diego Aroldi, designer e grafico mantovano di 40 anni, che oggi grazie ai “Biscottini della fortuna cattivi” paga spese e bollette. Insomma, ci vive. “Mai avrei immaginato – confessa Diego – di trovarmi in questa situazione. Mai avrei pensato di creare, per caso, qualcosa in grado di ottenere un tale successo”. Oggi la pagina Instagram dei biscottini ha oltre 75mila follower ed è sbarcata anche su TikTok. Il gioco è diventato un brand che, oltre ai biscottini, prevede capi d’abbigliamento, tazze, shopper… In scatole da 10 pezzi, rigorosamente disegnate da Diego che non ha mai smesso di fare il grafico e il designer, sono contenuti i biscotti con all’interno bigliettini non proprio ben auguranti tipo “Domani diarrea”, “Non estinguerai il mutuo, sarà lui a estinguere te” e ancora “Vai piano in macchina che tanto nessuno ha fretta di vederti”.
Frasi scherzose, realizzate per divertimento che rientrano nel mood giocoso da cui tutto è partito e che, oltre a Diego, coinvolge amici creativi. “Ho studiato grafica e design – racconta a FQMagazine – e dopo aver lavorato nel settore a Mantova, vengo assunto a Milano da una multinazionale. Un lavoro sicuro, con prospettive di carriera”. In poco tempo al designer mantovano vengono affidati ruoli sempre più importanti, ma qualcosa non va: “Non ero soddisfatto – spiega mentre si trova con il suo gazebo a una Fiera gastronomica a Mantova dove ha raccontato la propria storia anche alla Gazzetta di Mantova – e, giorno dopo giorno, mi rendevo conto di dedicare tempo ed energie a progetti in cui non credevo. Passavo intere giornate in call e spesso non ne capivo il senso. Una sensazione alienante”.
Ma continua a lavorare per la multinazionale. Fino a quando il progetto dei biscottini cattivi subisce una prima svolta. “A febbraio di quest’anno – racconta – ci contatta l’agenzia di comunicazione di Angelina Mango. Ci propongono di scrivere frasi per la Noioteca che vengono inserite in sfere di plastica contenute in un dispenser. Angelina ne condivide qualcuna sui social e la nostra pagina prende sempre più quota”. Ma in tutto questo è bene precisare che ancora i biscotti, fisicamente, non esistono. Sono solo delle immagini virtuali corredate da frasi irriverenti postate sui social. A marzo arriva la seconda svolta, forse quella decisiva, che convince Diego a licenziarsi dalla multinazionale per cui lavorava a Milano e trasferirsi a Polpenazze del Garda, che oggi è il cuore nevralgico e centro operativo di tutta l’attività. “Proprio a marzo – sottolinea Diego – qualche follower inizia a chiedermi dove può acquistare i biscottini con le frasi ‘cattive’. Ma io non li avevo. La richiesta, però, diventa sempre più frequente e allora inizio a muovermi per commercializzare i biscotti”.
Diego si mette alla ricerca di un’azienda che produca i biscottini con all’interno il fogliettino e la trova in Germania. Contestualmente cerca anche una ditta che realizzi le scatole, disegnate da lui, e la trova in Italia: “Mi faccio spedire tutto a Polpenazze – dice – e poi assemblo. In tutto questo devo dire che è stato ed è fondamentale l’aiuto di alcuni amici sia per l’assemblaggio che per la parte creativa, quella delle frasi”. Diego apre partita Iva, richiede tutte le autorizzazioni necessarie. Ad aprile inizia a vendere i biscottini ad alcuni eventi e fiere, poi apre anche l’e-commerce. L’idea funziona e dai biscotti le frasi irriverenti passano su felpe, t-shirt, cappellini, shopper e tazze che vanno a formare un concept-brand che identifica e caratterizza tutta l’attività. Al netto della dimensione ludica, dietro a tutto ciò c’è un’ispirazione artistica, anzi anti-artistica: “Mi ha ispirato il dadaismo – ammette – e la sua capacità di andare contro le convenzioni, proponendo qualcosa di provocatorio”. Oggi il progetto sta crescendo e Diego sta ricevendo numerose richieste di collaborazioni: “Non mi chiedo dove potrò arrivare – dice sorridendo – ma vado avanti perché quello che sto facendo mi rende molto felice. E mi diverte tantissimo”.